Oltre la cultura della pena

Immagini e parole dal film "Campo Corto"


Raccolte da Livia Nascimben


"Non era questo il primo sogno. Non era questo amico il primo sogno. Non era questa donna il primo sogno. Per tutti un altro amore era il primo sogno. Manciate di sogni buttati a mare."

"Tanti esseri nascono e muoiono senza lasciar segno del loro viaggio. Però sono nati. Questa lotta deve avere una spiegazione." E intanto uomini incappucciati, persone senza volto camminano per il corridoio.

"Inseguiamo l'eco della prima parola, ci avviciniamo alla scoperta della prima emozione. Fame, solitudine, paura raffigurano il mondo."

"Una partita di calcio. La coppa del mondo nello spazio più ampio del carcere: 20 metri per 10, con le porte disegnate sul cemento e il campo fatto di cemento."

"Un altro giocatore è entrato. Sofferenza, disperazione. Il linguaggio non serve, c'è urgenza di esprimersi ma non possiamo comunicare."

"I bambini giocano fino a tre anni senza capire il perché di questa coppa".

"Una mosca si è posata sul mio viso, cerco di non respirare, desidero che resti. L'istinto è quello di voler comunicare con lei, ma è troppo tardi, è volata via. La ringrazio della carezza."

"Dopo ogni esperienza negativa la vita appare più bella."

"Anche il pallone cerca di evadere, ma poi ritorna."

"Penso alla morte. Mi immagino in una bara. Attorno a me poche persone. Non molti si ricorderanno di me perché non ho dato molto.
La morte è l'unico comune denominatore che unisce tutti gli esseri viventi."

"Si giocano ancora 5 minuti, mesi, anni di questa interminabile partita."

"Ore 15,45 si interrompe la partita. Continua tutto domani. Arrivederci alla stessa ora."

"Ti senti vittima. Provi confusione. Non capisci e taci. Dal silenzio, l'inquietudine. Non ci si riconosce più a se stessi e si sente la voglia di piangere, per niente."

"Solo i bambini vivono nell'illusione dell'eternità. L'infanzia, un tempo senza misura e il tempo per le prime ferite."

"Buona notte, la vita comincia domani."

"Non sappiamo come e quando finirà questa partita, però avrà un nome: Domenico T. - detenuto morto su questo campo di calcio."

Emilia Patruno, interviste sul tema della comunicazione. San Vittore, dicembre 2002.
Ivano, Enzo, Salvatore, Diego, Eros, Rocco, Valdimar, Dino con noi a Parma, "almeno con le parole".

Emilia: l'uomo se non comunica non vive. Noi lavoriamo con i detenuti e non per i detenuti.

Salvatore: ci si sente liberi quando si incontra la gente che viene dall'esterno perché si creano rapporti di comunicazione. In carcere si perde il modo di comunicare, il contatto con la gente. E' importante portare l'esterno dentro, prima ancora dell'interno fuori.

Diego: se non comunichi non sei nessuno. Se non comunichi, se hai dei problemi, non li puoi risolvere.

Eros: chi si chiude in se stesso e non comunica è rinchiuso non solo in galera ma anche nella propria cella. In carcere la vita di tutti i giorni è sempre uguale e cosa racconto ai miei parenti nei colloqui se non cerco di intrufolarmi in varie attività dove è possibile comunicare?

Dino: comunicare ti indica la misura di te stesso, il confronto serve per arrivare vicino al peso del tuo modo di pensare. Se parli sempre e solo di reati e di processi, non dici nulla, parli ma non dici niente. A che serve?


Il cappellano del carcere di Parma

La città di Parma si sta piano piano riappropriando del suo carcere.
Come trovare la sinergia fra le persone che hanno preso coscienza che il carcere oggi deve ridiventare parte della città?

E' importante seminare abbondantemente senza aspettare di trovare il terreno giusto per farlo, bisogna tirare fuori i semi dalla tasca e buttarli a piene mani lasciando che l'inventiva anche dei terreni più pietrosi possa produrre qualcosa.

Mi colpisce il sogno di evasione tipico dei detenuti e il sogno di invasione tipico della società.

Sono stati approvati due progetti in carcere ma abbiamo trovato solo tre volontari in tutta la città di Parma.


Claudio e Aparo

Le prime volte andare in carcere fa paura, è normale; si prova un senso di disagio.
A volte non si fa qualcosa per paura, non per disinteresse. A volte si desidera qualcosa, ma delle resistenze ci impediscono di agire e bisogna tenere conto di ciò.


Un insegnante del carcere di Parma

Delle interviste dei detenuti di San Vittore mi colpisce il desiderio di portare avanti una comunicazione non strumentale: comunicare non per ottenere qualcosa nell'immediato ma comunicare per coltivare un sogno. Ci piacerebbe fare qualcosa di simile anche nel nostro carcere.


Aparo

All'uomo sta a cuore essere preso in considerazione: alcuni non hanno abbastanza strumenti per esprimersi e compiono reati, altri elaborano la teoria della relatività. Comunicare con l'esterno mette i detenuti nella condizione di impegnarsi affinché i propri desideri e i propri progetti possano essere riconosciuti dalla società esterna e confrontati con le esigenze e le opinioni dei comuni cittadini. Questa è in fondo la cosa più coerente che può fare una pena che sia autenticamente rivolta alla emancipazione del condannato: www.ildue.it e www.trasgressione.net non chiedono di meglio che poter contribuire allo sviluppo della reciproca attenzione fra cittadini dentro e fuori le mura. Per questo proponiamo agli operatori del carcere di Parma di aprire una comunicazione via e-mail sui temi che noi trattiamo fra i detenuti parmensi e il Gruppo di detenuti e studenti che lavorano a San Vittore.


Un rappresentante dell'A.li.

La consegna è di dare il proprio contributo al progetto "oltre la cultura della pena" e quindi riflettere sul concetto di reclusione, recupero e pena.

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La video cassetta di "Campo corto" è reperibile presso la Cooperativa "Gran Serraglio".