Luci e Ombre
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In macchina, di ritorno da una scampagnata con amici, sollecitato dal racconto di un evento accaduto ad un loro conoscente che per una leggerezza preterintenzionale aveva soggiornato pochi giorni in carcere, avevo, per gioco, paradossalmente dichiarato che non mi sarebbe dispiaciuto vivere una esperienza simile. Ne era nata una discussione che ci avrebbe poi accompagnato sino al termine della gita.
Quella stessa sera, ed è questa la prima coincidenza o premonizione intrigante, ricevevo l'invito, accolto per curiosità ed anche, ma non soprattutto, per solidarietà con Livia a partecipare al mini convegno a San Vittore.
Nella mattinata del 13-4-2002 mi trovavo nella casa, purtroppo ora disabitata, di mio padre nella cui anticamera c'era una pila di libri da me allusivamente preparata tre anni fa quando Livia s'iscrisse a Psicologia. Il primo libro di quella pila era del Professor Funari ed era il testo utilizzato per preparare, nel lontano 1976, un esame di Psicologia, ultimo superato di una carriera universitaria fatalmente incompiuta.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, ed è questa la seconda coincidenza o premonizione intrigante, a San Vittore, tra i partecipanti al convegno prende la parola proprio il Professor Funari: immediato e conturbante ritorna il ricordo di quella pila e di quel libro maneggiato proprio nella mattinata.
Prima sorpresa
La qualità delle cosiddette "tesine": veramente alta. Tutti gli interventi degli studenti davvero capaci di catturare attenzione ed interesse. Per un non addetto ai lavori più comprensibili gli ultimi tre. I primi tre difficili da elaborare da parte di chi non ha sufficienti strumenti ed era presente assolutamente impreparato al tema. Tutti in ogni caso straordinariamente bravi: complimenti.
Seconda sorpresa
La notevole qualità del dibattito, soprattutto da parte dei detenuti, che ha fatto intravedere un grande impegno e il lavoro precedente. Senza tale lavoro le domande non sarebbero state così pertinenti e totalmente dentro il dibattito. Complimenti anche a loro ed a chi li ha fatti crescere ed abituare alla riflessione ed all'analisi.
Mi è piaciuto molto l'intervento di quel detenuto che in qualche modo ha dichiarato di non rinnegare del tutto l'azione che lo ha condotto in carcere. Mi ha ricordato un principio educativo che ho cercato di trasmettere ai figli: fate tutto quello che volete ma se volete "trasgredire" fatelo solo se siete disposti a pagarne le conseguenze.
Necessariamente e giustamente le sottolineature delle tesi e del dibattito mi sembra che fossero tese all'analisi della vita carceraria e della cause che possono portare una persona alla detenzione. Più in ombra è rimasto il dopo, ma il dopo è un aspetto importantissimo del problema che in altra sede e con altre competenze deve essere affrontato. Non so se ci sia una coazione psicologica a ripetere atti che portano alla carcerazione, mentre sono invece abbastanza sicuro che possa portare alla recidiva un dopo privo di speranze e possibilità; e ciò che sta avanzando fuori dal carcere promette lacrime e sangue a tutte le fasce deboli della popolazione.
Una chicca
Il racconto riportato del Professor Funari del figlio del collega che non trovando lo yogurt preferito in frigorifero dichiara "in questa casa non c'è mai niente da mangiare". Era la fotografia perfetta del mio minore, Marco, che, pure lui presente al convegno, comprensibilmente, non si è riconosciuto. Sua madre invece la pensa come me.
Il carcere
Difficile se non impossibile da definire quali emozioni suscita in chi ci entra per la prima volta e non da detenuto. L'atmosfera durante il convegno era per me abbastanza normale e la diversità tra reclusi ed ospiti era solo un lontano retro pensiero di un pomeriggio che è volato in un attimo. L'ambiente poi per un vecchio sessantottino non è stato per nulla imbarazzante. E' chiaro tuttavia che il desiderio di una breve esperienza carceraria è e rimane solo un paradosso.
Dichiarazione finale
Per me non è stato un pomeriggio sprecato. Da quel convegno è uscita una persona umanamente più ricca, che ha avuto più di quanto non abbia dato. Mi auguro che questa considerazione valga per tutti e che l'esperienza possa essere allargata. Un ringraziamento speciale ai detenuti e alle guardie per la loro ospitalità.
P.S.
Ho raccontato l'episodio del Professor Funari così come vissuto nel corso del pomeriggio. Devo tuttavia dire che il giorno successivo mia figlia si è appositamente recata nella casa del nonno per prendere il libro: non era del Professor Funari ma di Bianca e Franco Fornari e si intitola "Psicoanalisi e Ricerca Letteraria". Nell'impossibilità di fornire una spiegazione psicologica dell'equivoco, l'evento è da considerare come l'occasione per una buona rilettura.