Luci e Ombre
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Quanto spazio dietro la porta?
"Cosa l'ha spinta a venire qua ?" chiesi al padre di Livia. "Livia !" rispose lui con ironia. La cosa mi fece sorridere molto, anche perché era la stessa risposta che avrei dato a qualcuno che me l'avesse chiesto prima del convegno. E infatti facevo fatica a capire tutto l'entusiasmo che lei aveva il giorno prima quando parlavamo dell'iniziativa. Speravo soltanto, dentro di me, che l'incontro non risultasse troppo noioso.
Il giorno seguente, quando le guardie ci stavano "scortando" all'interno di San Vittore, provavo più che altro un senso di curiosità. Continuavo a guardarmi attorno con l'intento di capire dove fossero i detenuti e le loro celle. E quando arrivammo nel corridoio dove si sarebbe tenuto l'incontro, ero quasi deluso perché non vedevo le celle attorno a me. C'erano solo delle stanze chiuse da porte metalliche. Una di queste aveva la porta accostata e si intravedevano all'interno una scatola di pasta e un cestello di plastica, come quelli che si usano al supermercato. "Sarà un magazzino" pensai, anche perché si sa che le porte delle celle sono a sbarre, o per lo meno così sono nei film. E invece ecco poco dopo un individuo sbucare da quella porta per poi riaccostarla, e un altro ancora fare capolino per tirare una tenda che coprisse l'interno di quella stanza alla nostra vista. "Ma allora è una cella" finalmente realizzai.
Prima che l'incontro avesse luogo, uno dei detenuti mostrava una riproduzione in miniatura di una cella "ideale" e la faceva passare in mezzo ai presenti. Ho così potuto soddisfare la mia curiosità di vedere dove vive un carcerato, anche se soltanto mediante un modellino. Uno spazio angusto, forse tre metri per quattro, nel quale sono sistemati due letti a castello, qualche mensola e poco altro. E poi la zona bagno con la turca, un lavandino e un paio di poster a rendere meno scarno il tutto. Pochi metri quadrati all'interno dei quali si svolgono le giornate di quattro individui, o forse più, il cui compito qual è ? Forse quello di pagare per i propri errori, oppure quello di riflettere per riuscire a rientrare in carreggiata. O forse ancora quello di meritarsi il perdono della società. Io non so quale sia il compito di un detenuto. Qualunque esso sia non riesco a trovare una risposta sul perché debba necessariamente essere svolto in simili condizioni ambientali.
L'incontro è finito. E' durato quasi tutto il pomeriggio, ma nonostante questo il tempo è volato. Ci sono stati parecchi spunti di riflessione e non era difficile coglierli perché gli studenti e il professore sono stati bravi a non lasciarsi prendere la mano da termini eccessivamente tecnici e si sono espressi in maniera facilmente comprensibile. Alcuni momenti sono stati molto toccanti, anche per chi, come me, sperava che il pomeriggio non risultasse troppo noioso. Per lo più erano gli interventi dei detenuti a essere commoventi e forse sarebbe stato bello se avessero avuto a disposizione un po' più di tempo.
Il convegno è ormai passato e se qualcuno ora mi chiedesse: "Cosa ti ha spinto ad andare in carcere ?" forse risponderei: "La curiosità di capire quale possa essere il motivo per cui quattro individui debbano essere ammassati in una cella di tre metri per quattro". Anche se, sono convinto, che posso solo immaginare cosa sia veramente il carcere.