Domenico Celi | 23-12-2004 |
Un caldo saluto al gruppo della trasgressione.
Sono uno studente dell'Università statale. Ho partecipato all'incontro del 16 dicembre a San Vittore; sono il ragazzo che ha avuto quel piccolo battibecco col Professor Marinucci. Volevo proporvi qualche osservazione.
L'incontro è stato sicuramente positivo e mi ha investito di emozioni. Detto questo, devo riconoscere che però non c'è stato un vero confronto tra noi e voi. Penso che ciò non fosse neanche possibile... ci vuole del tempo per aprirsi e comunicare nel vero senso della parola.
Noi, a mio avviso, eravamo come paralizzati di fronte ai vostri interventi. Abbiamo fatto poche domande non per disinteresse ma per la difficoltà di fare domande.
Io, in verità, vi ho posto delle questioni sulle quali non ho avuto risposta; vi ho chiesto quali difficoltà avete avuto.. nell'integrazione con gli studenti; e cosa pensavate sulla mia osservazione di intendere il reato come un urlo che proviene da una realtà in cui l'individuo si sente sia ombra, sia prigioniero di se stesso. Spero di avere una vostra risposta sull'argomento.
Nei pochi interventi, alcuni di noi hanno espresso la loro contentezza per l'incontro, definendo il vostro lavoro "meraviglioso". Personalmente, di primo acchito, ho ritenuto tali interventi inutili; poi però li ho rivalutati.. è piacevole sentirsi dire ogni tanto "bravo" per ciò che si fa.
Però bisogna fare di più.. Io penso che il reato sia un urlo... il carcere con la sua azione.. mira a strozzarlo. Voi avete deciso di coordinare le vostre urla e di convertirle in una comunicazione con la società nella quale invocate un posto, una possibilità. Occorre che noi "società" troviamo il modo di ascoltare questo urlo...
In quest'ottica, con alcuni studenti che hanno partecipato all'incontro, cercheremo di incontrarci per capire meglio ciò che abbiamo provato e rielaborare ciò che abbiamo sentito. Così facendo ci potremo preparare ad un un nuovo incontro in cui vi sia un autentico confronto.. che vuol dire anche scontro...
Credo tanto in questa possibilità.. in questo modo daremo un senso a quel termine confuso ed equivoco che è la “rieducazione”. Io credo che il lavoro portato avanti nel vostro gruppo possa rappresentare un modello da un punto di vista rieducativo. Con esso infatti si mira a ricostruire un’identità.. una struttura emotiva stabile.. equilibrata ma nel contempo aperta... ci troviamo di fronte ad un processo di crescita spontaneo.
Ma questo potrà avere pieno compimento solo con una società aperta e disposta ad ascoltare. Ecco perché spero che voi continuiate ad "urlare" al mondo esterno la vostra presenza.. la vostra voglia di essere...
Ringraziandovi per l'attenzione, vi auguro un felice natale ed un nuovo anno pieno di "urla assordanti".