| La finestra di fronte |
Antonella Cuppari | 28-12-2003 |
Anche io, spesso, guardo fuori dalla mia finestra, proprio come Giovanna, la protagonista di questo film.
Fuggo, mi perdo in fantasticherie e le metto là fuori, lontane dalla mia realtà, dalla mia vita. Uno sconosciuto può diventare il mio ragazzo ideale e una donna qualsiasi, quello che vorrei essere ma che non sono. Guardo la finestra di fronte e mi sento paralizzata in un mondo che credo immodificabile; i miei sogni là, fuori, lontani. La mia vita qua, imperfetta, sporca.
Tra me e i miei sogni due muri: quelli della mia casa e quelli del palazzo della finestra di fronte la mia. Sognare così, da un lato mi consola, dall’altro lato mi blocca, mi rende infelice. Quei sogni sono troppo lontani da me. Mai potrò vedermi al di là di quella finestra, perché il mio spazio vitale è qua.
Giovanna, casualmente, si trova a dover ospitare a casa sua per qualche giorno un vecchietto, Davide, che “si è perso” nel vero senso della parola; non ricorda più chi è, non ricorda più la sua storia. Solo ogni tanto qualche “goccia di memoria” che, però, col passare del tempo, gli consente di riappropriarsi di quello che era e di tornare così nella sua dimora, dove vive solo con una badante. E il suo passato.
Ogni “goccia di memoria” bagna anche la testa di Giovanna che si trova a fare i conti con la propria vita di moglie e madre di due figli. Contemporaneamente la protagonista conosce Lorenzo, il ragazzo della finestra di fronte, quella finestra che la sera lei guardava prima di andare a dormire e al di là della quale proiettava tutti i suoi sogni. Quel ragazzo diventa Lorenzo, una persona reale, conosciuta nel pub dove lei era solita portare i dolci che preparava per arrotondare lo stipendio. Lorenzo, dal canto suo, da tempo osservava Giovanna e la seguiva.
Le circostanze portano la protagonista, ad un certo punto, a ritrovarsi proprio al di là della finestra che per mesi aveva guardato, nell’appartamento di Lorenzo. Giovanna guarda così da quella posizione la finestra del suo appartamento e rivede se stessa, sognante. Giovanna torna a casa, non tradisce il marito e lascia lì Lorenzo, quel ragazzo sconosciuto, ricettacolo dei suoi sogni.
L’anziano signore, intanto, è tornato nella sua casa, ma Giovanna va spesso a trovarlo. Lui, ex pasticcere, la accoglie volentieri e le insegna ciò che lei ha sempre amato fare: i dolci. Un giorno Davide la esorta: “Per me ormai è tardi, ma tu Giovanna, puoi fare ancora qualcosa per te.”
Un'altra goccia. Giovanna torna a casa, parla col marito, Filippo, col quale ormai da tempo il rapporto è logoro. Lo informa che vuole cambiare lavoro, vuole trovare impiego in una pasticceria. Riscopre il suo rapporto con i due figli, si sente di nuovo mamma, e prepara dolci anche per loro.
Lorenzo intanto si trasferisce ad Ischia per lavoro e l’appartamento della finestra di fronte viene occupato da nuovi inquilini. A Giovanna capita ancora di guardare quella finestra, ma ciò che vede è solo una nuova famiglia che è venuta ad abitare vicino a lei.
Quando i miei sogni non sono più al di là del muro, quando entrano nel mio spazio vitale, a volte mi sento delusa. Quando i sogni devono patteggiare con la realtà, non sono più così puri, aulici, perfetti. Ma quando riesco a superare la delusione di non aver realizzato perfettamente il mio sogno ideale, mi accorgo, a volte, che l’impasto che si è venuto a creare non è sterile, lontano. Si tratta di un impasto fecondo, che mi appartiene, che porta una crescita, un cambiamento, non solo a me ma anche alla realtà che mi circonda.
Superata la delusione, la cosa più sorprendente è per me scoprire come i miei sogni perfetti, al di là della finestra di fronte, non siano mai stati in grado di rappresentare quello che, da questo impasto con la realtà che mi circonda, è nato.
Davide è ormai morto e Giovanna si trova a passeggiare in un parco.
Riporto il monologo conclusivo:
“Mio caro Davide, ieri al lavoro per la prima volta mi hanno chiesto di fare un dolce da sola. Indovina un po’ quale ho scelto? Il pasticcere non ha fatto commenti, però lo ha aggiunto alla lista di quelli da preparare per la domenica. Buon segno.
Filippo è riuscito a farsi cambiare di turno; sembrava avesse vinto alla lotteria. Del resto non posso chiedergli di più.
Sai, quando penso a Lorenzo ho paura di averlo già dimenticato, di non ricordare più la sua voce. Cosa starà facendo in questo momento, a chi starà sorridendo?
Ho ancora bisogno di una tua parola, Davide, di un tuo sguardo, di un tuo gesto. Sento i tuoi gesti nei miei, ti riconosco nelle mie parole. Tutti quelli che se ne vanno ti lasciano sempre addosso un po’ di sé. E’ questo il segreto della memoria. Se è così, allora, mi sento più sicura, perché so che non sarò mai sola.”