LAUDATE DOMINUM
L'INFANZIA DI MARIA
... e Gioacchino disse:
-Ecco che ha compiuto i
tre anni! Portiamola perciò
al Tempio del Signore
perché dobbiamo adempiere
alla promessa...
Forse fu all'ora terza,
forse alla nona,
cucito qualche giglio
sul vestitino alla buona,
forse fu per bisogno
o peggio, per buon esempio,
presero i tuoi tre anni
e li portarono al tempio.
Presero i tuoi tre anni
e li portarono al tempio.
Non fu più il seno di Anna,
fra le mura discrete,
a consolare il pianto,
a calmarti la sete;
dicono fosse un angelo
a raccontarti le ore,
a misurarti il tempo
fra cibo e Signore.
A misurarti il tempo
fra cibo e Signore.
.. così Maria bambina visse
nel Tempio del Signore e la
mano di un angelo le offriva
il cibo...
Scioglie la neve al sole,
ritorna l'acqua al mare,
il vento e la stagione
ritornano a giocare.
Ma non per te, bambina.
che nel tempio resti china.
Ma non per te, bambina,
che nel tempio resti china.
... e quando raggiunse l'età
dei dodici anni i sacerdoti si
riunirono in consiglio e
dissero: -Cosa faremo ora
di lei perché non contamini
il Tempio del signore?...
E quando i sacerdoti
ti rifiutarono alloggio,
avevi dodici anni
e nessuna colpa addosso :
ma per i sacerdoti
fu colpa il tuo maggio,
la tua verginità
che si tingeva di rosso.
La tua verginità
che si tingeva di rosso.
E si vuol dar marito
a chi non lo voleva,
si batte la campagna,
si fruga la via,
-Popolo senza moglie,
uomini d'ogni leva,
del corpo di una vergine
si fa lotteria.-
Del corpo di una vergine
si fa lotteria.
... allora gli araldi andarono
per tutta la Giudea
e risuonò la tromba
e il popolo accorse...
- Sciogli i capelli e guarda
già vengono!
-Guardala, guardala, scioglie i capelli,
sono più lunghi dei nostri mantelli,
guarda la pelle tenera, lieve,
risplende al sole come la neve.
Guarda le mani guardale , il viso
sembra venuta dal Paradiso,
guarda le forme, la proporzione,
sembra venuta per Tentazione.
Guardala, guardala, scioglie i capelli,
sono più lunghi dei nostri mantelli,
guarda le mani, guardale il viso,
sembra venuta dal paradiso.
Guardale gli occhi, guarda i capelli,
guarda le mani, guardale il collo,
guarda la carne, guarda il suo viso,
guarda i capelli del paradiso.
Guarda la carne, guardale il collo,
sembra venuta dal suo sorriso,
guardale gli occhi , guarda la neve
guarda la carne del paradiso.
... e Zaccaria, il gran
sacerdote, disse a Giuseppe:
-La sorte ti ha affidato la
vergine del Signore, abbine
cura e custodiscila...
E fosti tu, Giuseppe,
un reduce del passato,
falegname per forza
padre per professione,
a vederti assegnata,
da un destino sgarbato,
una figlia di più
senza alcuna ragione,
una bimba su cui
non avevi intenzione.
E mentre te ne vai,
stanco d'essere stanco,
la bambina per mano,
la tristezza di fianco,
pensi - quei sacerdoti
la diedero in sposa
a dita troppo secche
per chiudersi su una rosa,
a un cuore troppo vecchio
che ormai si riposa-.
Secondo l'ordine ricevuto , Giuseppe
portò la bambina nella propria casa
e subito se ne partì per dei lavori
che lo attendevano fuori della Giudea.
Rimase lontano quattro anni.
IL RITORNO DI GIUSEPPE
Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
Ai tuoi occhi, il deserto.
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d'una prigione senza confini.
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata nel legno.
- La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano cosi pochi. -
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d'un sorriso,
un affetto quasi implorato.
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che, vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
dalla forma precisa
d'una vita recente ,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
E a te , che cercavi il motivo
d'un inganno inespresso dal volto,
lei propose l'inquieto ricordo
tra i resti d'un sogno raccolto.
IL SOGNO DI MARIA
- Nel grembo umido, scuro del tempio
l'ombra era fredda, gonfia d'incenso ;
l'angelo scese, come ogni sera,
ad insegnarmi una nuova preghiera:
poi, d'improvviso, mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali ,
quando mi chiese - conosci l'estate -
io, per un giorno, per un momento ,
corsi a vedere il colore del vento.
Volammo davvero sopra le case ,
oltre i cancelli, gli orti le strade:
poi scivolammo tra valli fiorite
dove all'ulivo si abbraccia la vite.
Scendemmo là, dove il giorno si perde
a cercarsi, da solo nascosto tra il verde,
e lui parlò come quando si prega,
ed alla fine d'ogni preghiera
contava una vertebra della mia schiena.
... e l'angelo disse - Non
temere, Maria, infatti hai
trovato grazia presso il
Signore e per opera Sua
concepirai un figlio...
Le ombre lunghe dei sacerdoti
costrinsero il sogno in un cerchio di voci.
Con le ali di prima pensai di scappare
ma il braccio era nudo e non seppe volare:
poi vidi l'angelo mutarsi in cometa
e i volti severi divennero pietra,
le loro braccia profili di rami,
nei gesti immobili d'un'altra vita
foglie le mani, spine le dita.
Voci di strada, rumori di gente,
mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.
Sbiadì l'immagine, stinse il colore ,
ma l'eco lontana di brevi parole
ripeteva d'un angelo la strana preghiera
dove forse era sogno ma sonno non era
- lo chiameranno figlio di Dio:
parole confuse nella mia mente,
svanite in un sogno , ma impresse nel ventre.
E la parola ormai sfinita
si sciolse in pianto,
ma la paura dalle labbra
si raccolse negli occhi
semichiusi nel gesto
d'una quiete apparente
che si consuma nell'attesa
d'uno sguardo indulgente.
E tu, piano, posasti le dita
all'orlo della sua fronte:
i vecchi quando accarezzano
hanno il timore di far troppo forte.
AVE MARIA
E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.
MARIA NELLA BOTTEGA D'UN FALEGNAME
Maria
-Falegname col martello
perché fai den den?
con la pialla su quel legno
perché fai fren fren?
costruisci le stampelle
per chi in guerra andò?
dalla Nubia sulle mani
a casa ritornò?
Il Falegname
- Mio martello non colpisce,
pialla mia non taglia
per foggiare gambe nuove
a chi le offrì in battaglia,
ma tre croci, due per chi
disertò per rubare,
la più grande per chi guerra
insegnò a disertare.
La gente
-Alle tempie addormentate
di questa città
pulsa il cuore d'un martello,
quando smetterà?
Falegname, su quel legno,
quanti colpi ormai,
quanto ancora con la pialla
lo assottiglierai ?
Maria
-Alle piaghe, alle ferite
che sul legno fai,
falegname, su quei tagli
manca il sangue, ormai,
perché spieghino da soli,
con le loro voci,
quali volti sbiancheranno
sopra le tue croci.
Il falegname
-Questi ceppi che han portato
perché il mio sudore
li trasformi nell'immagine
di tre dolori
vedran lacrime di Dimaco
e di Tito al ciglio
il più grande che tu guardi
abbraccerà tuo figlio.-
La gente
-Dalla strada alla montagna
sale il tuo den den
ogni valle di Giordania
impara il tuo fren fren;
qualche gruppo di dolore
muove il passo inquieto,
altri aspettan di far bere
a quelle seti aceto.-
VIA DELLA CROCE
-Poterti smembrare coi denti e le mani,
sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,
di morire in croce puoi essere grato
a un brav'uomo, di nome Pilato.-
Ben più della morte che oggi ti vuole,
t'uccide il veleno di queste parole:
le voci dei padri di quei neonati,
da Erode, per te, trucidati.
Nel lugubre scherno degli abiti nuovi
misurano a gocce il dolore che provi:
trent'anni hanno atteso, col fegato in mano,
i rantoli d'un ciarlatano.
Si muovono curve, le vedove in testa,
per loro non è un pomeriggio di festa;
si serran le vesti sugli occhi e sul cuore
ma filtra dai veli il dolore:
fedeli umiliate da un credo inumano
che le volle schiave già prima di Abramo,
con riconoscenza ora soffron la pena
di chi perdonò a Maddalena,
di chi con un gesto soltanto fraterno
una nuova indulgenza insegnò al padreterno,
e guardano in alto, trafitti dal sole,
gli spasimi d'un redentore.
Confusi alla folla ti seguono muti,
sgomenti, al pensiero che tu li saluti:
- A redimere il mondo - gli serve pensare,
il tuo sangue può certo bastare.
La semineranno per mare e per terra
tra boschi e città la tua buona novella,
ma questo domani, con fede migliore,
stasera è più forte il terrore.
Nessuno di loro ti grida un addio
per essere scoperto cugino di Dio:
gli apostoli han chiuso le gole alla voce,
fratello che sanguini in croce.
Han volti distesi, già inclini al perdono,
ormai che han veduto il tuo sangue di uomo
fregiarti le membra di rivoli viola,
incapace di nuocere ancora.
Il potere, vestito d'umana sembianza,
ormai ti considera morto abbastanza
e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni
degli umili, degli straccioni.
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,
non sono venuti a esibire un dolore
che alla via della croce ha proibito l'ingresso
a chi ti ama come se stesso.
Son pallidi al volto, scavati al torace,
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore
eppure hanno un posto d'onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena,
non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini,
eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo,
se sanno morire sulla croce anche loro,
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo, son solo due ladri.
TRE MADRI
Madre di Tito
- Tito, non sei figlio di Dio
ma c'è chi muore nel dirti addio.
Madre di Dimaco
- Dimaco, ignori chi fu tuo padre
ma più di te muore tua madre.
Le due madri
- Con troppe lacrime piangi, Maria
solo l'immagine di un'agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia a noi piangere, un po' più forte,
chi non risorgerà più dalla morte.
Madre di Gesù
- Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.
Figlio nel sangue, figlio nel cuore
e chi ti chiama - nostro Signore -
nella fatica del tuo sorriso
cerca un ritaglio di paradiso.
Per me, sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.
Non fossi stato figlio di Dio
t'avrei ancora per figlio mio.
IL TESTAMENTO DI TITO
Tito
-Non avrai altro Dio all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Non nominare il nome di Dio
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero lo nominai invano.
Onora il padre. onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Il quinto dice non devi rubare
e forse io l'ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:
ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di dio.
Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami
così sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame
lo, forse, ho confuso il piacere e l'amore.
ma non ho creato dolore.
Il settímo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di dio,
tre volte inchiodata nel legno:
guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno
Guardate la fine di quel nazareno.
e un ladro non muore di meno.
Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo
Lo sanno a memoria il diritto divino
e scordano sempre il perdono:
ho spergiurato su dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Non desiderare la roba degli altri ,
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri già caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.
Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti :
io , nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.
LAUDATE HOMINEM
Laudate dominum
Gli umili , gli straccioni
- Il potere che cercava
il nostro umore
mentre uccideva
nel nome d'un dio,
nel nome d'un dio
uccideva un uomo:
nel nome di quel dio
si assolse.
Poi chiamo dio
poi chiamò dio quell'uomo
e nel suo nome
nuovo nome
altri uomini
altri
altri uomini
uccise.
Non voglio pensarti figlio di Dio
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
Ancora una volta
abbracciammo
la fede
che insegna ad avere
ad avere il diritto
al perdono
sul male commesso
nel nome d'un dio
che il male non volle
il male non volle
finché
restò uomo
uomo.
Non posso pensarti figlio di Dio
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
Qualcuno
qualcuno
tentò di imitarlo
se non ci riuscì
fu scusato,
anche lui
perdonato
perché non si imita
imita un dio
un dio va temuto e lodato
lodato
Laudate hominem
Non posso pensarti figlio di Dio
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.