Raggi

Nicola di Vaira

  06-04-2005
 

Raggi di un sole che non riscalda,
raggi che un sole non toccherebbe mai.

Raggi che pulsano, che vivono forte,
raggi che scottano e che fanno male.

Raggi fatti per soffrire,
raggi voluti per pagare.

Raggi giusti per capire se forse era meglio non cadere.

Raggi in cui trovare un po’ di emozione
e voci e visi che mai, fuori, nessuno ascolterà.

Raggi pieni di sguardi persi in occhi colmi di rabbia e frustrazione.

Raggi che riempiono gli occhi rabbiosi di chi ha sete di giustizia e voglia di punire; di chi ha diritto di caricare, puntare e poi sparare;
ma non ha il dovere ascoltare e cercare di capire.

Raggi per chi è diverso, per chi è cattivo.

Raggi per chi vive la peggiore delle pene:
essere morto, pur se ancora vivo.

Raggi di chi ha sbagliato; di chi ha capito; di chi non vuole;
di chi ancora tornerà a sbagliare.

Perché non sa proprio farne a meno o perché ha paura di cambiare.

Raggi da cui, se entri, è difficile uscire.

Raggi in cui puoi solo farti male.

Raggi che, in fondo, sono me,
come io sono un po’ di loro.

Raggi che gridano forte; un grido che non vorrei vivere,
ma che cerco di ascoltare.