La pietra viva |
Carmelo Carrubba | 05-01-2006 |
Mi è stato chiesto di unirmi a questo gioco… che solo gioco in fondo non è. Sono stato presentato come un persona che ha un rapporto costruttivo con le cose: le pietre inanimate che puoi incontrare sulla strada e che, facendo parte di un contesto cui si è abituati, difficilmente vengono riconosciute come parte significativa della propria vita, mobili e vecchie sedie o altre cose ormai senza padrone, abbandonate a se stesse perché vari e mutevoli motivi umorali e modaioli hanno spinto i possessori a chiudere anticipatamente il rapporto con esse. Desidero in questa serata raccontare un episodio della mia vita, avvenuto circa una quindicina d’anni fa. Una piacevole mattina di primavera correvo con un mio caro amico, col quale da tanti anni condivido la stessa passione per la corsa. Correvamo in una zona di Ragusa che sicuramente molti di voi conoscono, la così detta “Zona Industriale Terza Fase”. Lungo la corsa, ad un tratto il mio sguardo fu attratto da un ammasso di pietre, le caratteristiche pietre bianche e venate dai colori tenui e contrastanti nel loro diverso biancore. Fui colpito dall’aspetto particolare di una di esse, per me “pietra viva”, a tutti gli effetti. Per tutta la corsa, più volte il mio pensiero ritornò a quella pietra che stava lì immobile e tuttavia carica, almeno per me, di una forte suggestione. Tornato a casa, il desiderio di avere tra le mie mani quella pietra, quella cosa senza anima cresceva sempre più. Dovevo, volevo tornare a prendere quella cosa, volevo dovevo trasformare quella cosa in quello che neanche io avevo ancora chiaro. Tornai dove l’avevo vista, scesi dall’auto, la presi, tornai a casa, andai nel garage dove tenevo martello e scalpelli per la pietra. Eccitato, presi a martellare, scavare, livellare osservare. Un’ora, forse di più, adesso non ricordo esattamente come quella cosa, apparentemente senza vita, senza anima, si era trasformata tra le mie mani nel volto di un antico guerriero greco che ancora oggi, dal salotto di casa mia dove ormai ha trovato dimora, volge il volto e lo sguardo nobile e fiero verso immaginari compagni d’armi.
Non so se il guerriero sia più figlio mio o della pietra. Forse nella pietra c’era già dentro e io mi sono limitato a trovarcelo. Di sicuro la pietra mi ha invitato a trovare dentro di me l’energia che è dentro ciascuno di noi e che aspetta solo il momento di essere esternata positivamente.
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