Nella mia ora di libertà

Ivano Longo

07-02-2004

La possibilità che il rapporto con l’Agente di custodia possa evolversi, mentre si trascorrono anni nella stessa sezione, dipende da quanto una persona sia disposta a rischiare di suo. Per cambiare il modo di vedere le cose, non affermo che dobbiamo diventare amici (è forse una cosa impossibile da realizzarsi per via dei ruoli), ma se noi non ci fermassimo davanti alla divisa e ci guardassimo invece intorno, scopriremmo che l’Agente pensa le stesse cose che pensiamo noi, anche quando io cerco di fregarlo o quando lui mi spia.

Ma in questo tempo, a volte qualcosa scappa al controllo ed esce allo scoperto. Esce la persona che è in noi. E’ inutile negarlo, quello che sentiamo ci accomuna, al di là dell’essere guardie o ladri. C’e qualcosa che non possiamo nascondere, che sfugge al nostro controllo: l’umanità. Questo tratto comune è talmente forte e antico che riaffiora di tanto in tanto dalle nostre divise e m’impedisce di odiare l’altro in maniera definitiva, anche quando lui è il mio carceriere.

Lo so, non è semplice quello che voglio dire, ma si può fare uno sforzo per capire che non è umano odiare per abitudine o per rispettare i canoni della situazione in cui siamo finiti. C’è di più, c’è di mezzo l’essere uomini, c’è il fatto che dietro ognuno di noi c’è un uomo che ha voglia di cambiare le cose, ma che si sente condizionato e trattenuto dal ruolo o dal vestito che indossa.

Eppure bisogna superare l’abitudine, se non altro, per sentirci più liberi, liberi di esprimere quello che pensiamo veramente, giusto o sbagliato che sia, senza rimanere ingabbiati dal diverso colore dell’abito dell’altro; diversamente, subiamo un’ulteriore condanna, un ulteriore muro, un muro innalzato questa volta da noi e non dagli altri.

Perché rinunciare a quella boccata d’aria fresca che può procurarci l’umiltà?
Occorre combattere l’abitudine per sentirci uomini a tutti gli effetti.
Non che adesso non mi ci senta uomo, solo che in questo modo sento di essere incompleto, mi manca qualcosa che non riesco a definire; forse, è proprio la paura di cambiare che me lo impedisce.

 

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