Meno male che c'è il male |
Franco Scoccimarro | Arte su Web | 05-05-2007 |
Si ripete sempre rinnovato nelle rappresentazioni, antecedente l’epoca storica, impastato in tradizioni orali e graffiti, divinità innominabili e statuette votive. Già, se non ci fosse il Male, quale valore avrebbe il bene? In assenza, mancherebbe la coscienza come capacità di collocare se stessi nell’universo psico-fisico.
Alla radice: In realtà male e bene somigliano ad un codice binario, come la matematica in grado di descrivere la realtà, o forse ai costituenti fondamentali della materia, esito di precari equilibri di carica + oppure -. Questo modo di concepire le due categorie non esclude affatto le posizioni “dialettiche”, ne dà invece una descrizione quantificata ed estremamente articolabile; addirittura il “Quanto” può essere pensato come la variazione minima rispetto ad un sistema in quiete, in grado di farlo cambiare. Ci si può chiedere se Male o Bene siano causa o effetto della variazione di cui sopra (però mi sembra una questione teosofica) ammesso ma per nulla concesso che la condizione di partenza possa essere definita “neutra”. Meno fondamentale: La rappresentazione della difficoltà nel sentirsi al contempo individui e parte di comunità o insiemi. In questo caso, Male potrebbe equivalere a difetto di comunicazione o di trasmissione, anzi ogni trasgressione si può descrivere in questo modo. In quale modo porsi rispetto alla questione: Male e Bene sono più luoghi del sentire o della logica? Il giudizio può entrare in conflitto al prevalere di uno dei due? Anche volendo fingere che Male o Bene possano esistere indipendentemente uno dall’altro, il primo sembra concettualmente coincidente con il nulla e quindi negazione del reale, l’altro senza il primo una bomba autofertilizzante non meno autodistruttiva.
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