Livia | Ieri sera ho incontrato quel mio amico che fa il volontario alla Croce Rossa, mi ha raccontato che hanno soccorso una ragazza collassata per aver assunto in modo incontrollato cocaina e alcol. Mentre mi parlava mi sembrava di avere davanti agli occhi la scena: una ragazza sofferente dal volto di bambina mentre viene portata all'ospedale di corsa a sirene spiegate per riuscire a strapparla alla morte, e lui mentre le teneva la mano e la incitava a farsi forza. Pazzesco!
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Alice | In effetti nonostante ci siano molte campagne informative sui terribili effetti fisici e psicologici causati dall'uso di droghe, molte persone, soprattutto giovani, ne fanno uso.
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Livia | Io mi chiedo quanta sofferenza, quanto dolore, quanta disperazione può provare una persona che sente come un dolore più tollerabile entrare nella spirale della droga con i suoi terrificanti effetti collaterali, piuttosto che affrontare l'origine del proprio malessere.
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Alice | Secondo me questa è la domanda da porsi, se si cerca un colpevole in questi casi si parte con il piede sbagliato.
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Livia | Quanto piccolo, buio e angusto si deve percepire il proprio spazio entro cui vivere e esprimersi e quanto lontane e sconosciute si devono sentire le persone che ti sono accanto, se l'unica strada che ti sembra percorribile, per non morire, è andare incontro alla morte per sentirti vivo?
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Alice | Tutti a 16 anni abbiamo sentito che lo spazio a nostra disposizione era stretto. C'è chi ha avuto la forza e gli strumenti per distruggere e poi costruire. Chi non li ha avuti, e allora ha distrutto e basta.
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Livia | Perché alcuni ce la fanno e altri no? Perché alcuni seguono una strada "pericolosa" e altri no? Perché alcuni sopravvivono a tanto dolore e altri soccombono? Perché alcuni distruggono e altri costruiscono? Basta una mamma sufficiente buona, un padre che ti insegna il senso del limite e un ambiente capace di accoglierti per come sei, perché tu riesca a diventare una persona felice e per bene?
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Alice | No, non è necessario avere la famiglia più disgraziata del mondo, anche con una madre sufficientemente buona e un padre che sa porre dei limiti si può arrivare a volersi distruggere con le droghe, col cibo....dipende da come tu percepisci le situazioni. E' così altamente soggettiva la percezione della realtà. Conosco fin troppo bene una mia amica, Carla, che fortunatamente non è mai stata in ospedale per overdose...ma purtroppo ci è andata troppo vicina!
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Livia | Sembra che Carla abbia sentito di non aver più spazio per muoversi né aria per respirare, di non potersi fidare di nessuno e di non avere i mezzi per affrontare le difficoltà della vita; forse per questo ha perso il rispetto di se stessa e degli altri. Probabilmente stava tremendamente male, stava per soffocare.. doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi, e l'unico modo che aveva per sentirsi viva era imbattersi in una sfida, di qualunque natura essa fosse: andare contro le regole, le leggi, lo stato, i limiti personali e della società, rubare come drogarsi, uccidere come fumare, rapinare come smettere di mangiare, costruire come distruggere, cambia la modalità d'azione, ma forse la spinta è la stessa: agire per sentirsi vivi.
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Alice | Sì, voleva distruggere tutto ciò che i suoi genitori avevano creato, ovvero lei stessa. Continuava a sentirsi inadeguata a tutto e a tutti.
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Livia | A me sembra che stesse sfidando se stessa e i suoi genitori e mentre sfidava fuggiva dalle paure, dalla sofferenza, dalle difficoltà ..ma anche da se stessa.
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Alice | Una sfida? Forse, ma una sfida che non sapeva assolutamente di lanciare. Una sfida inconscia per cercare di scappare dalla sofferenza più grande, così la percepiva lei: quella di sentirsi morti in un corpo ancora vivo.
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Livia | Probabilmente per non sentirsi morta aveva bisogno di provare emozioni che da tempo non riusciva a sentire, doveva cercare lo "sballo", lo "scossone", doveva sentirsi un eroe duellando con la morte, doveva provare e provarsi che era viva ..anche a costo di morire per incominciare a vivere nella mente di chi fino a quel giorno non l'aveva legittimata a farlo.
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Alice | Creare ai suoi genitori un problema per fargli capire che anche lei ne aveva. Che esisteva, che aveva bisogno di esistere!
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Livia | E così ha scelto di drogarsi?!
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Alice | Sì, ha scelto di fumare, di calare, di pippare ma non era consapevole di quello che stava scegliendo. La sua è stata una non-scelta data dall'impossibilità di vedere che ne esistevano altre più plausibili.
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Livia | E ha utilizzato la droga come modalità d'espressione della sofferenza con implicita una domanda di aiuto e riconoscimento.
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Alice | Aveva paura di chiedere aiuto perché avrebbe significato ammettere di essere deboli e di avere dei limiti o essere ancora bambina e invece le voleva essere già adulta, aveva bisogno di sentirsi onnipotente. Quando si drogava si sentiva troppo figa e onnipotente!
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Livia | Uhmm.. sfida o fuga? Secondo me si intrecciano continuamente: fuggi e mentre fuggi sfidi, cerchi qualcuno che si accorga di te e se lo trovi lo sfidi tentando di fargli credere che tu non hai bisogno di nessuno, sfidi e non ti fidi perché troppo spesso sei stato "tradito".
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Alice | Sfidare, fuggire, fidarsi, sentirsi traditi
Sì!
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Livia | E' proprio vero: sfidava e fuggiva, fuggiva e sfidava e si raccontava un sacco di storie per continuare a dare senso al suo comportamento; come tante altre persone che si raccontano che come hanno iniziato a drogarsi così, se lo desiderassero veramente, potrebbero smettere; o che rubano perché non hanno i soldi per sfamare la propria famiglia, ma se lo Stato garantisse loro un lavoro, smetterebbero di farlo; piuttosto che raccontarsi di poter continuare a non mangiare fino al momento in cui capiranno che il loro corpo ha bisogno di un pezzetto di pane per continuare a funzionare e che solo in quel momento mangeranno..
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Alice | Una pasticca, un trip, un pippotto per cercare di non soffrire...e sembrava proprio funzionare ..che grande scoperta le sembrava essere la droga: le impediva di stare male, se senza nemmeno far troppa fatica, si sentiva onnipotente!
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Livia | Si è imbrogliata per continuare a sostenere un progetto assolutamente distruttivo per se stessa e fallimentare perché non prevedeva un lavoro per raggiungere una meta e ottenere un risultato ..poi però un giorno, inaspettatamente, è successo che l'illusione di onnipotenza catastroficamente è crollata e così dal sentirsi onnipotente e col mondo tra le mani che si illudeva di poter controllare, si è ritrovata svenuta su un pavimento. Altri più sfortunati invece si ritrovano sofferenti in un ospedale, come quella ragazza di cui mi raccontava ieri il mio amico, o in un carcere o sperduti in qualche angolo della terra. In ogni caso tutti con un mucchio di macerie necessariamente da rimuovere con molta, molta fatica e lavoro prima di rincominciare a costruire, sempre che ne abbiano ancora la possibilità e non siano morti prima sul marciapiede o in ambulanza.
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Alice | Fortunatamente Carla ha avuto dei genitori meravigliosi che si sono accorti in tempo che la figlia stava prendendo una brutta strada. L'hanno capita, l'hanno aiutata. Tutti e 3 insieme hanno risolto i loro problemi e ora si vogliono ancora più bene di prima e sono più uniti.
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Livia | Sono contenta per lei che ha capito in tempo che attorno ci sono delle persone disposte ad aiutarti a riprendere il tuo cammino e renderti conto che solo per il fatto di avere addosso tutti i segni del mondo non sei niente e hai il sacrosanto diritto di sfidare, questa volta costruttivamente, le avversità e i tuoi limiti, utilizzando le tue risorse e quelle di chi hai vicino per lavorare e impossessarti di strumenti più raffinati che ti permettano di esprimere te stesso al meglio. Mi viene in mente una frase del cartone animato della Walt Disney "il Re Leone": "l'avventura più grande è trovare il tuo posto nel cerchio della vita". |
Una sfida per nascondersi e un'altra per trovarsi | Qual è il tuo posto |