Il caso di Giuda Iscariota

l'avvocato del diavolo



Silvia Casanova


Tutti sappiamo che Giuda è stato il mandante dell'omicidio del suo più caro amico.
Vorrei eludere il problema della fede, che, per il mio scopo è tutt'altro che di aiuto.
E' la storia che mi serve…per capire.

Come può una persona che ama fraternamente un altro individuo commissionarne il delitto?

E' banale da dire, forse, ma non si cambia radicalmente "dal giorno alla notte", non avviene tutto per caso.
Finalità prima di questa tesina è la ricerca dei "PERCHE' ", sicuramente più o meno plausibili, per poter "RIFLETTERE" e ricavare qualcosa di buono da un atto tanto crudele.
"COSTRUIRE" a partire da cumuli, enormi, di macerie.
Per parafrasare una frase del grande De Andrè "…dal letame nascono i fior…", che non significa che da presupposti positivi non nasca nulla, ovviamente, ma per rivalutare, conoscere, padroneggiare "quel letame" che è in ognuno di noi, ed evitare che esso nuoccia, ma anzi, per aiutare quella parte "bestiale" della nostra complessa psiche a trasformarsi in creatività.

Giuda è COLPEVOLE.
Ma questo non basta.
Non può bastare una condanna a chiudere la riflessione.
Giuda si è, a sua volta, tolto la vita.
Ed ora come la mettiamo?
Se anch'esso non si fosse sentito colpevole, tremendamente sporco e colpevole, non sarebbe andato assolutamente e ferocemente contro al suo naturale istinto di sopravvivenza.
Ma lo ha fatto.

Mi baserò sui testi del celebre musical Jesus Christ SuperStar, prendendo in considerazione il percorso di Giuda nella suddetta rappresentazione cinematografica.

Ed ora partiamo da capo…
Nel primo brano dello spettacolo è proprio Giuda che la fa da padrone.
Lui, seduto su una roccia, con lo sguardo violento, rabbioso, combattivo.
E' un primo grido d'ascolto, il suo.
Solo, urla verso Gesù, come se non avesse abbastanza coraggio per parlargli in modo pacato, o avesse paura di sentirsi rifiutato nell'ascolto dal suo migliore amico (a quanti di noi non capita di avere questi timori?)…si sfoga in un urlo delirante e, per ciò, disperato.


"La mia mente è chiara, adesso…" dice Giuda. L'illusione di onnipotenza si staglia contro l'amico, che è assolutamente onnipotente, carismatico, affetto lontano, che non è più solo per lui.
Giuda sta cercando di emanciparsi, con i suoi mezzi ruvidi e infantili, da quel legame per lui diventato insoddisfacente perché non più elitariamente biunivoco, attraverso ciò che possiamo chiamare la "maschera dell'adulto".
Rovesciando il suo bisogno d'amore e di protezione attraverso la rabbia e la finzione di un nuovo "io" grande, profetico, indipendente, crede di elevarsi dal primordiale bisogno d'affetto che lo rende vulnerabile.
Gesù all'epoca cominciava a parlare alle folle. Non più solo ai "suoi".
Giuda, come un bambino incapace di evolversi e di definire il confine tra sé e la figura materna, non capisce, non accetta, si sente paradossalmente tradito.

"Quando il bambino comincia a testimoniare col primo coordinamento della mano sul seno che egli sta attivamente procedendo alla cucitura fra allucinazione e percezione, fra illusione di controllo onnipotente e azione sugli oggetti offerti dalla madre "devota", egli è già maturo per entrare nella fase in cui la madre comincerà a disilluderlo" Winnicott

Giuda non riesce ad emanciparsi da questo amore, per evitare l'annientamento psichico della aggressività positiva intrinseca e propria dell'amore, un baluardo di potenza distruttrice per sé e per gli altri.
"Credimi, la mia ammirazione per te non si è spenta…"dice Giuda, in un tentativo disperato d'amore, d'ascolto, di protezione, rovesciando i ruoli, verso suo "fratello"ormai così lontano.
L'atto ultimo del primo brano rileva con ferocia e disperazione il sentimento di abbandono ("No, non vuole ascoltarmi…")

"Egli non si rende conto che ciò che distrugge quando è eccitato è identico a ciò che apprezza durante gli intervalli di tranquillità tra due eccitamenti…"
"Lo si può osservare in una certa misura come dissociazione tra gli aspetti tranquilli e gli aspetti eccitati della personalità, per cui dei bambini che di solito sono gentili ed amabili "non saranno più loro stessi"e compiranno atti aggressivi contro le persone che amano di più, non sentendosi pienamente responsabili delle loro azioni
…" Winnicott

Nel secondo brano la RABBIA è il sentimento dominante.
Giuda critica Gesù di essere troppo indulgente nei riguardi di Maddalena, una prostituta.
Egli forse si sente minacciato anche da un probabile "nuovo affetto" che gli potrebbe portare via l'amico?
Riversa infatti su Maddalena, bersaglio facile, le sue pulsioni distruttive che controlla a fatica.
Teniamo presente che la rabbia è il derivato principe della frustrazione. Ma la frustrazione è inevitabile nel corso della vita.


Come sostiene Winnicott la frustrazione genera una dicotomia: pulsioni aggressive innocenti verso le entità frustranti e pulsioni aggressive verso gli oggetti buoni.

"non che io obbietti alla sua professione…ma lei non va d'accordo con ciò che dici e insegni…non ci giova il fatto che tu ti contraddica."

A questo punto è bene precisare il perché dell'uso del "plurale maiestatis" usato da Giuda.
Da un lato egli usa il "noi" per proteggere il suo sé e non renderlo così vulnerabile e dichiaratamente bisognoso d'affetto.
Questo "noi" inoltre è riferito al popolo israeliano, prostrato dalla dominazione Romana, contro la quale Giuda vorrebbe combattere.
E proprio qui si innesca un altro tipo di disillusione, o "tradimento": Gesù non dà segno di voler combattere con le armi, parla di liberazione spirituale.
Gesù è un uomo pieno di fascino e carisma, un uomo che combatte ma non con le armi, che ama e non ama…non sembra più che il ritratto di Gesù, quello di Giuda?
Forse possiamo ipotizzare che una così forte identificazione (Giuda "tradirà" Gesù…) e una così forte presa di posizione contro le minoranze (Maddalena) che Giuda stesso voleva difendere (il popolo israeliano) siano il primo sintomo di un'inconfessabile pulsione omosessuale verso l'amico fraterno?
Giuda sembra provocare le reazioni di Gesù, come il bambino fa per essere poi sempre rassicurato e "mettere delle radici solide"…il biberon lanciato dal seggiolone qui diventa accusa verbale verso quella figura fascinosamente materna/paterna e quindi proibita, che è Gesù.

A questo punto si giunge al momento cardine dell'evoluzione del percorso di Giuda.
Decide di consegnarlo ai farisei.
Decide…gran bel termine se potesse essere esaustivo.
Decide perché si sente costretto inconsapevolmente da tutte le precedenti microscelte che lo hanno incatenato psicologicamente all'atto estremo, intimamente connesso con la rabbia del non ascolto, con il bisogno che sente infantile e perciò negato di quell'amore ambivalentemente crudele.

"La distruzione diventa una responsabilità dell'io solo quando l'integrazione e l'organizzazione dell'io sono sufficienti perché la rabbia, e quindi la paura della legge del taglione, possano esistere"
"La pulsione primitiva d'amore (Es) possiede una qualità distruttiva anche se lo scopo del bambino non è quello di distruggere…
" Winnicott

"Se vi aiuto, dovete capire…che queste sordide azioni MI SONO DIFFICILI…"
La scissione di Giuda in questo momento è così forte da segnargli il volto. Egli vive tra l'amore fraterno e viscerale che sente verso Gesù e il bisogno di vendicarsi del senso di abbandono, una vendetta che ha il significato di "rimettere le cose a posto", più per cancellare il vuoto d'amore che per punire l'amico.

"Il bambino comincia a preoccuparsi dei risultati della sua esperienza istintuale fisica e psichica. E qui comincia a sentirsi colpevole.
La colpa riguarda il danno che il bambino sente di aver fatto alla persona amata nel periodo di eccitamento
" Winnicott

La confusione tra il "pericoloso Gesù" contro il benessere degli israeliani e quello contro il benessere psicologico narcisistico di Giuda, in Giuda stesso raggiunge l'apice ed è magistralmente delineato questo passaggio nel testo del musical e nelle espressioni del nostro personaggio.

"Nell'infanzia osserviamo che l'essere umano diventa solo gradualmente capace di distinguere tra soggettivo e oggettivo.
E' facile che compaia uno stato simile al delirio della follia quando il bambino proietta il vissuto del suo mondo interno…Vi è anche un'ampia porzione di adulti che non raggiungono mai stabilmente la capacità di essere oggettivi e spesso coloro che ne fanno esteriormente prova più grande hanno perso il contatto con la ricchezza del loro mondo interno.
" Winnicott

"Dovevo venire io visto che Gesù non controllava più la situazione come prima…" dice Giuda, facendo un ritratto di se stesso trasferito dentro al corpo di Gesù.
"A Gesù non dispiacerebbe di sapermi qui…"

"In certi momenti la relazione cattiva internalizzata prenderà il sopravvento e il bambino si comporterà come fosse "posseduto" dai genitori che stanno litigando.
Cioè apparirà aggressivo in modo coatto, dispettoso, irragionevole, allucinato."
"Nell'affrontare il suo mondo interno e nel tentativo di proteggere ciò che sente come buono il bambino ha dei momenti in cui prova il sentimento che tutto andrebbe bene se si potesse eliminare una parte dell'influenza maligna
(idea del CAPRO ESPIATORIO)." Winnicott

"Non voglio il vostro denaro, il prezzo del sangue…" Giuda esprime che il deviante non ruba per arricchirsi, ma per riprendersi qualcosa che, a sua volta, gli è stato rubato.

"Acquisizione e possesso formano un'unità psicologica, essendo una incompleta senza l'altro." Winnicott

Ripete più volte che non gli interessa il denaro…poi si fa convincere che è solo una ricompensa.
Dentro di lui, impossessandosi dei 30 denari, il costo di Gesù, si rimpossessa del suo affetto.
E' un pensiero allucinatorio, delirante e perverso. Illogico.
Ma è solo analizzando queste dinamiche illogiche come invece inserite in un io delineato da atti logici se ne può venire a capo.
Sono logiche le richieste d'amore, non quelle dell'adulto, morbose e latenti,sfuggenti.
Sono logiche le richieste d'amore del bambino che non ha ricevuto ascolto nel suo grido di disperato bisogno d'amore, di riconoscimento, di fiducia, per manipolare poi positivamente il mondo interiore e il mondo oggettivo, esterno a sé.

Il quarto momento si svolge in un grande prato, dove Gesù offre ai suoi 12 la famosa Ultima Cena.
Giuda è tra loro, con addosso un senso di colpa che nemmeno gli permette di guardare l'oggetto amato e tradito.
Si sente braccato, scoperto, colpevole…all'estrema parte del torto.
Ma morbosamente e incoerentemente resta vicino al "suo" Gesù, fosse anche solo fisicamente.
Alla frase "Qualcuno di voi, questa notte, mi tradirà" si sveglia la "bestia" latente in Giuda e comincia una animata discussione fra i due, nella quale Giuda scivola dalla posizione di vittima a quella di carnefice, dando forma e compimento ai suoi ancestrali sensi di colpa vestendosi definitivamente e irreparabilmente dei panni dell'omicida. (Vedi senso di colpa in Freud)

"L'individuo esiste per il solo fatto di non essere trovato. Il vero sé è nascosto e ciò con cui abbiamo a che fare è da punto di vista clinico il complesso del falso sé, la cui funzione è di nascondere il vero.
Il falso sé può essere ben adattato alla società ma l'assenza del vero sé crea una instabilità che diventa tanto più grande quanto più la società riconosce come vero il falso sé.
" Winnicott



"E' una coerenza (incoerenza, a mio avviso, in questo caso) con cui le persone devianti sanno tenere lontano tutto ciò che potrebbe rimpicciolire il loro io…" Freud 1914

Io mi permetto di aggiungere: con violenza, anche di gestualità fisica, Giuda arretra urlando contro Gesù, rifiutando l'avvicinamento per evitare lo sgretolarsi del suo falso io ormai confermato e calcificato.


Nel quinto momento Giuda si sente alla fine.
Egli si pente per aver innescato una macchina di morte che non riesce più a fermare.
E' commovente la scena in cui "piange come un bambino" buttando il denaro a terra come per manifestare di essersi reso conto di aver perso definitivamente Gesù;
lanciando le 30 monete d'argento, simbolicamente Gesù stesso, da sfogo in un momento di delirio a tutte le sue più recondite aspettative che lo hanno reso schiavo di se stesso:
"Io non so come amarlo…non so perché mi turba…è solo un uomo…Quando sarà morto mi lascerà in pace?
Mi ama anche lui?
Mi vuole bene?"
Forse l'unico modo per poterlo avere e tenerlo con sé per sempre era proprio quello di ucciderlo, per poi poterlo idealizzare…

Ma torna ad attribuire poi la causa ad eventi esterni, continuando a confondere il mondo oggettuale da quello soggettivo, dicendo:
"La mia mente si oscura, Dio, Dio, sto male,sono stato solo uno strumento…"
Sì, uno strumento di morte, per se stesso e per la persona che ha amato di più al mondo…ma non nel senso di "strumento" che intende Giuda.
Egli è il riflesso distorto di se stesso, un burattino sfigurato che la sua parte considerata "cattiva" da sempre, e quindi mai fatta crescere e incanalata in energia creativa, ha avuto terreno fertile per manipolare e distruggere.

Il confine tra l'amore e la morte è così sottile…e Giuda ha lasciato scegliere la parte sbagliata.
Appendendosi, lo stesso Giuda assassino, ad un albero di sicomoro si conclude questa tremenda vicenda, che non è altro che l'espressione del fallimento della comunicazione, della disperazione, dell'abbandono…
I bambini quando fingono di essere adulti vanno aiutati, sorretti…e soprattutto fatti tornare, nella maniera giusta, bambini…