Il ruolo nell'organizzazione sociale

Giampietro Borasio

10-03-2004  

Se guardiamo il dizionario “Garzanti” la definizione di “ruolo” è: “Funzione assunta da un individuo all’interno di un gruppo sociale”. Apparentemente onnicomprensiva: in realtà insoddisfacente! Infatti:

  1. Non mette in evidenza il rapporto tra funzione e finalità della medesima;

  2. non tiene conto, anche se è forse difficile in una definizione, delle componenti in cui il ruolo si articola.

  3. lascia soltanto capire, senza evidenziare, le interrelazioni che sussistono tra chi ricopre un ruolo e gli altri.

Chiarisco i diversi punti:
  1. Un ruolo esiste in quanto il titolare ha obiettivi specifici da raggiungere, sempre coerenti con quelli del gruppo sociale di appartenenza. La società va avanti e progredisce nella misura in cui ognuno di noi dà un contributo positivo al proprio ruolo, cercando di perseguirne al meglio le finalità (es.: Il capostazione, il soldato, il genitore); noi rispondiamo alle attese della società in quanto ci sforziamo di fare al meglio il nostro mestiere.

    Mestiere deriva da “ministerium”, ossia servizio; non esiste il “ruolo” più volte citato nelle nostre riunioni del “perdente”: si tratta di un’etichetta! Questi è semplicemente colui che commette più errori, o si impegna di meno, o fa delle cose al di là delle proprie capacità (principio di Peters). Così come il “vincente” è colui che commette meno errori, o si impegna di più, oè più bravo degli altri; magari non per intelligenza, ma perché sa organizzarsi meglio; sa programmare meglio il proprio futuro, sa fare le scelte giuste al momento giusto. Allo stesso modo non esiste il “ruolo” di tiranno; esiste il gestore della cosa pubblica e poi le varie devianze dal ruolo fino alla perversione della tirannide.

  2. Qualsiasi “ruolo” in un’organizzazione complessa (Ospedale, azienda, sindacati, clero, carcere) è differente da altri ruoli che interagiscono con esso nello stesso gruppo sociale. Se ciascun ruolo è diverso, quali sono le componenti che possono differenziarlo? Identificherei le principali nelle seguenti: A) La competenza indica la quantità delle “conoscenze” specifiche che il ruolo richiede per una soddisfacente prestazione. Alle volte può essere esperienza acquisita, un capomastro che diventa imprenditore edile; B) la capacità di affrontare i peculiari problemi del ruolo esercitato; C) il differente impatto dei risultati che l’organismo sociale persegue. Esempio: in una stazione ferroviaria: l’ingegnere elettrotecnico, il capomovimento, il capostazione; in un ospedale universitario: il capo della ricerca, il capo del pronto soccorso, il direttore della clinica; in una squadra di calcio: il direttore organizzativo, il medico sportivo, l’allenatore. Chi ha più competenza, più problemi da risolvere, chi ha più impatto sui risultati?

  3. Ciascun “ruolo” all’interno dell’organizzazione sociale di appartenenza non è una monade isolata, ma interagisce con altri ruoli, con modalità che sono formalizzate. Il rapporto tra i ruoli può essere di tipo gerarchico quando esiste una dipendenza diretta tra chi sta sopra e chi sta sotto a un determinato livello organizzativo; si parla invece di rapporto funzionale quando la dipendenza non è diretta, ma si estrinseca soprattutto in un servizio o è di tipo informativo (ad es., comandante del carcere e medici dipendenti della ASL operanti in carcere).

All’interno di una organizzazione i “ruoli” tendenzialmente restano fissi (salvo casi di ristrutturazione organizzativa), ma i titolari dei ruoli si muovono, tanto più speditamente quanto più l’organizzazione è dinamica. I movimenti possono essere laterali o verticali, più spesso verso l’alto, ma talora verso il basso. Quando sono laterali lo scopo è quello di fare acquisire al soggetto un allargamento di conoscenze, quando sono verso l’alto sono intesi ad aumentare l’ambito di responsabilità del soggetto. Questi movimenti verticali che sono rivolti al riconoscimento del merito del singolo, tendenzialmente si fermano in applicazione del principio di Peters, quando cioè una persona incontra i propri limiti personali di capacità operativa.

In sostanza, il ruolo in un’organizzazione non è soltanto un fatto tecnico, ma una funzione che persegue in maniera codificata le finalità proprie e quelle dell’organismo in cui è inserito. Più in generale può dirsi che il “ruolo” è ciò che la società si attende da chi questa funzione ricopre. In altri termini, il contenuto del “ruolo” è la sua missione, il che comporta anche per il suo titolare responsabilità, motivazioni e spunti ideali.

Svilire queste missioni ad un mero adempimento di un ufficio, significa degradarlo a fatto puramente burocratico. Esaltarne il contenuto finalistico è il compito che tocca a chiunque ricopra un ruolo nell’organizzazione sociale a qualsiasi livello, svolgendolo con impegno e dedizione, senza per altro passarne i limiti, senza tagliare angoli, senza violare regole. Non che questo non possa avvenire, gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, ma la società ha molti modi per ricambiare chi non sa o non vuole fare il proprio mestiere.