Pullman |
Marcello Iannacci | 05-07-2011 |
Si giocava nel solito stradone, c’era il pullman snodato, quello della Colombo, parcheggiato.
Siamo nel 1977, avevo 6 anni. L’autista del pullman abitava nel nostro condominio, ci conosceva e sapeva cosa noi bambini facevamo col pullman; non ci diceva niente, l’importante era non rovinarlo. Noi sul pullman giocavamo a “ce l’hai!”. Io, uno dei più mingherlini, entravo infilandomi dallo snodo, schiacciavo il pulsante e aprivo le porte. Era festa. Un semplice pullman conquistava una ventina di bambini, bastava poco … e ora?
Salgo sul pullman, mi siedo in fondo, ho la visuale di tutto. Vedo salire lui, cacchio ma allora esiste! E’ tutto vero, ha pure la borsetta. Pasticcio è a fianco a me, la fermata successiva è vicina. Mi alzo, Pasticcio come d’accordo rimane al suo posto. Tra me e l’uomo ci sono due metri, il pullman si sta per fermare, mi avvicino a lui confondendomi con gli studenti appena usciti da scuola, per i quali io non esisto. Sono vicino a lui, gli metto una mano sulla spalla, si gira, io con un gesto all’apparenza normale tiro su la maglietta e gli mostro la pistola con la quale avevo festeggiato l’ultimo dell’anno 1987-’88. Nei suoi occhi leggo il terrore, prendo la borsetta. Nel chinarmi gli sussurro “stai al tuo posto che non succede nulla”. Le doppie porte si aprono, Pasticcio è nel mezzo per impedire che si chiudano e così facilitarmi l’uscita. Tutto va liscio.
Scendiamo dal pullman, siamo una quindicina, tutti transitanti il carcere; dove ci troviamo è immenso, sembra quasi un paese, è il 10 ottobre 1992. Ho 21 anni e ho già fatto due anni di carcere circa, sto tornando dal processo dove ho preso 17 anni e mezzo, siamo alle Vallette di Torino. Il carcere è strapieno, ci dicono che dobbiamo dormire per terra. Lo schifo, io, solito bullo, con il mio fare da gradasso, dico a un brigadiere: “Ci dormi tu per terra come un cane!”. Quante botte ho preso, mi hanno fatto nero e ho dormito per terra. Ho smesso di fare il bullo e ho incominciato a essere uomo; si cresce, è la natura che ce lo impone.
Se non vi dispiace ritorno sul pullman, a giocare a “ce l’hai”. Con la fantasia si può essere liberi di fare ciò che si vuole, la fantasia non me la rinchiuderanno mai. Anche se con la fantasia non si compra e si è soli con se stessi. Quando si ritorna con i piedi per terra ci si tira su le maniche; e giù, a costruire quello in cui si crede.
P.S. Questa storia degli scritti mi appassiona. Dimenticavo di dirvi, la volta scorsa, che sì, sono un timido per natura e parlare davanti a un po’ di gente mi imbarazza. Ma ho anche dimenticato di dirvi però che quando prendo confidenza tocca spararmi per spegnermi. E’ un piacere stare con voi, grazie a tutti per l’attenzione.
Gioele ha scavalcato il cancello dell’asilo! Cacchio! Ma quante gliene ho fatte passare io ai miei?