Sei nato oggi

Pietro Brambilla

10-10-2009  

Erano le diciotto e trenta e, come ogni sera dopo aver cenato, facevo la solita vasca in sezione quando incontrai Nuccio e fra le cose che ci siamo detti mi chiese: hai scritto qualcosa? Non so cosa scrivere, cosa raccontare; potrei scrivere dei vari lavori che ho fatto a Milano. Perché no! Mi rispose. E così mi ha ispirato a raccontare un episodio che mi successe in cantiere; credo che non lo dimenticherò mai.

Era il 27 novembre 2000, una giornata nebbiosa di quelle che la nebbia svanisce per qualche ora, prima di mezzogiorno per riapparire verso le 14. Abitavo in via Lagrange e lavoravo a 300 metri da casa in via Ascanio Sforza, in un’affascinante casa del 1600 che si affaccia sul Naviglio Pavese.

Lavorare in quella casa mi appagava tanto, anche se il lavoro era pericoloso. Dovevamo demolire un muro portante per allargare gli appartamenti. Per i numerosi archi che aveva era bello da vedere, per i camini incassati e quella rete di canne fumarie spettacolare, quando lo guardavo sembrava che mi raccontasse i 3 secoli di storia che aveva vissuto ed io lo ascoltavo viaggiando nel tempo.

Al posto del muro dovevamo creare dei pilastri sui quali poggiavano le putrelle che reggevano i nuovi solai; ricordo che il capo cantiere mi disse: “Io vado con gli altri a prendere la putrella sul castelletto, intanto tu finisci di rompere”. Nel rompere guardavo in su, guardando vidi una piccolissima crepa nella base di un arco, gettai il martelletto pneumatico e saltai dal ponteggio senza guardare, né pensare dove: su un mucchio di travi di legno e tavole con spuntoni triangolari forgiati sicuramente in quell’epoca, erano lunghi non meno di 15 centimetri.

Intanto crollava tutto, muri, solai. Difficile descrivere la sensazione che provavo in quel momento, quando quei travoni, grossi quanto alberi mi sfioravano i capelli, le spalle, per poi finire a terra e sfondare il solaio dove mi trovavo io. Quella montagna di mattoni pieni che crollava faceva un rumore spaventoso e cadeva tutto intorno a me, ho pensato di andare verso il balcone, pensando di buttarmi giù, la polvere e i calcinacci che erano nell’aria mi impedivano di fare qualsiasi cosa.

Pensai che, anche se non ero rimasto sotto, sarei morto sicuramente soffocato, il naso era chiuso completamente e la bocca era impastata di sabbia e polvere. Quel sapore antico ogni tanto mi capita di sentirlo quando lavoro in case di quell’epoca.

Continuavo a muovermi, non sapevo se ero vivo o morto, però camminavo come potevo quando udii delle voci: erano quelle degli altri operai. Sentivo urla chiamare il mio nome, chi diceva ormai è morto. Quando videro quel mucchio di calcinacci che si muoveva ero io! Sentii abbracci e baci e uno mi chiese quando sei nato? Non lo so. E lui mi disse sei nato oggi, 27/11/2000