Achille, Ettore, il ballerino e Granit |
Granit Gjermeni |
10-05-2012 |
Uomini cosi diversi, nomi, storie, destini cosi diversi. Cosa li accomuna?
L’essere uomini, spinti dalla necessità di cercare, dal bisogno di un’identità da allegare al proprio nome. Hermann Hesse dice: “la vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso… finisca poeta, pazzo, profeta o delinquente non è affar suo, in fin dei conti è indifferente… affar suo è trovare il proprio destino…”
Faccio un passo indietro, il bello dell’ignoranza è la semplicità con la quale vedi le cose. Le scelte, il mondo, tutto appare bianco e nero. Poi uno si guarda intorno e vede delle persone, conosce le loro storie, le confronta con la sua e comincia a pensare, a riflettere, e nascono i primi dubbi.
Poi arrivano Sisifo, Achille, Ettore, Ulisse… allora, per capire bene, un libro, un altro e un altro ancora, e lì scopri un nuovo mondo tra romanzi, racconti e poesie. E mentre cerchi di comprendere la filosofia di vita degli Indù o dei monaci buddisti arriva Dostoevskij, che ti prende e ti porta nei ricordi del suo sottosuolo, dove ti aspetta Oscar Wilde con De Profundis e le sue memorie dal carcere, con le sue sofferenze, paure, angosce. Ma lì, per fortuna, spunta Leopardi, con le sue pecore, la sua siepe e l’infinito, ti prende per mano, e all’improvviso ti rendi conto che il mondo è fatto dei colori dell’arcobaleno.
Tu vuoi delle risposte? Fra i libri risposte non ci sono, esistono solo indizi che stimolano il pensiero e la riflessione. E ora è quello che sto cercando di fare, mettere in ordine i pensieri che in questi giorni mi hanno fatto viaggiare fra i ricordi del passato, quando, spinto dal desiderio di avere una storia degna del mio nome, ho intrapreso il viaggio dell’avventura oltre i confini della mia conoscenza.
Destinazione? Non lo so. Sarà, come scrive Hermann Hesse, arrivare a me stesso, cercare e creare il mio destino, per poter magari un giorno vedere il mio nome scritto accanto a quello di Achille, Ettore o altri. Ecco perché ho messo il mio nome nel titolo, non perché me lo merito, non mi ritengo uno di loro, non sono megalomane, ma giusto per giocare un po’ e vedere che effetto fa stare fra i grandi!
Achille, Ettore sono uomini che hanno creato leggende, storia. Crediamo di conoscere questi uomini perché conosciamo le loro storie, quelle con cui presentano al mondo la loro identità, identità rappresentate dal loro nome.
Ma il nostro ballerino? Abbiamo parlato della sua storia, stiamo parlando di lui paragonandolo a Ettore e Achille, eppure non lo abbiamo degnato nemmeno di uno sguardo, per tutti noi rimarrà sempre “ballerino”, un’identità sospesa, mai delineata, mai portata a termine.
Ed io? Un nome ce l’ho e mi piace, me lo ha dato mio padre ed è la storia che non ho finito di scrivere.
La triste verità è che mentre cercavo di scriverla mi sono dimenticato dei colori del mondo e perfino del mio nome, ci voleva il silenzio di questa tarda notte per farmelo capire. Mentre mi diverto a scrivere, nella stretta cucina della mia cella, immerso nei miei pensieri, in questo silenzio, fra una lastra di marmo e il lavandino, mi sembra di volare nel tempo, viaggiare tra i ricordi alla ricerca del mio colore preferito e alla riscoperta del suono del mio nome.