IL FARO - Riunione del 04-06-2004

Sul Nemico

 

Livia Nascimben

Oggi il gruppo si avventura in riflessioni difficili:

Le riflessioni partono da un articolo sull’abuso portato da Silvia, in cui si parla del famoso esperimento della “Prigione di Standford” ideato da P.H.Zimbardo: qual è la reazione delle persone, in particolare di studenti di buona famiglia e con una buona stabilità mentale, se vengono messe a simulare la vita della prigione interpretando i ruoli di detenuti e agenti? Ha il sopravvento il bene e la stabilità individuale di partenza o il male insito in ognuno?

The esperiment, di Oliver Hirschbiegel

Per studiare le reazioni umane alle imposizioni e alla prigionia un gruppo di scienziati organizza un esperimento in un finto penitenziario. Sceglie venti uomini, di cui 8 saranno le guardie e 12 i detenuti e promette 4000 marchi di premio a ciascuno.

Ma l'esperimento non arriverà alla fine dei 15 giorni previsti: l'eccessiva dose di potere farà compiere al gruppo di secondini azioni crudeli e vendicative suscitando la ribellione dei detenuti. In poco meno di cinque giorni la situazione degenererà irrimediabilmente concludendosi in vera tragedia.

 

E proseguono con la lettura di uno scritto di Eric, in cui riflette sul bisogno di identificare un nemico da combattere e su quanto a volte si sia nemici di se stessi.

“Dove è nato il mio nemico e perché mi si presenta? […] Spesso la lotta contro gli altri è in realtà una lotta verso se stessi, verso quelle parti che neghiamo di avere. […] Credo che il mio nemico più insidioso sia stato proprio io. Spesso, in situazioni particolari, il mio nemico e la mia rabbia mi hanno fatto sopravvivere, hanno impegnato la mia mente per tenerla lontana dalla sofferenza e dalla solitudine. […] Mi piace rintracciare parti incompiute, mie e degli altri, che possono crescere. Condividere questo obiettivo in mezzo a mille difficoltà consce ed inconsce mi affascina.”

I concetti principali emersi sui quali il gruppo ritiene utile soffermarsi e stimolare uno scambio con la società esterna sono i seguenti:

Per Fairbairn la ricerca del piacere regressivo costituisce il sintomo di un fallimento, l'esito di un progetto abortito di raggiungere l'altro. Tale errore viene ricondotto da Fairbairn ad una carenza di quelle prime risposte che dovrebbero sostenere e confermare il buon indirizzamento del soggetto verso la sua meta. […]

Laddove si verifichino queste diversioni, il soggetto procede con una doppia operazione che consiste: a) nella scissione dell'oggetto in una parte buona e una cattiva, b) in una introiezione della parte cattiva, che ha lo scopo di neutralizzarne il potere distruttivo e di conservare una buona relazione con l'oggetto esterno, mondato della sua parte cattiva. […]

Con l'interiorizzazione dell'oggetto scisso si creano le condizioni interne perché l'investimento libidico venga dirottato dalla sua meta elettiva verso gli oggetti interni, i quali sono destinati ad aumentare di numero per effetto della attrazione che gli oggetti interiorizzati più arcaici esercitano sugli oggetti libidici esterni. […]

Tale introversione condizionerà l'atteggiamento del soggetto verso la realtà determinandone un isolamento più o meno accentuato. Gli oggetti interiorizzati, una volta attirata su di sé la libido, la "imprigionano" opponendosi a che il soggetto possa nuovamente indirizzarla verso gli oggetti esterni.

Da "Modelli genetico-evolutivi in psicoanalisi", Il Mulino, Aparo, Casonato, Vigorelli, pp ...

Si comincia ad odiare gli altri quando si attribuisce loro la responsabilità dei propri limiti. Si può identificare l’altro come nemico se si oppone al proprio bisogno di mettere in atto comportamenti regressivi; quando si sente di non avere lo spazio né gli strumenti per agire sulla realtà e l’altro promuove la direzione della vita e dell’espressione a cui si aspira ma che sembra di non potere raggiungere.

Ai tempi della scuola, nel gruppo classe, non riuscendo a sentirmi alla pari dei miei compagni e dovendomi sentire in qualche modo, ho preferito sentirmi superiore agli altri, per non rischiare di avvertire il peso di stare sotto. Al gruppo, soprattutto nei primi tempi, si è presentata una situazione simile ma la soluzione è stata differente: offrivo i miei scritti ma mi sentivo indietro rispetto alla partecipazione orale agli incontri e per questo ne soffrivo, ho odiato mezzo mondo, chi si esprimeva liberamente facendomi sentire inadeguata. La questione era problematica, non potevo percorrere la scorciatoia del sentirmi superiore agli altri, non potevo sentire i miei compagni infantili o superficiali perché di fatto contribuivo alla crescita del lavoro comune, anche se solo attraverso il canale della scrittura. Ho dovuto mettere in atto una soluzione differente rispetto al passato, quella che ora mi porta al gioco comune e a cercare di esprimermi, pur se di strada ce ne è ancora da fare: tollerare di potere sbagliare ma esserci! (Livia)