IL FARO - Riunione 07-03-2003

Zone d'ombra

 

da Erika

Coordinatore dott. Aparo; dott. Scopelliti
Detenuti Mujo, Maurizio, Leonardo, Ivano, Maurizio Tremolada, Luca Sensales, Francesco, Raffaello
Studenti Erika, Rossella

La riunione inizia in ritardo per l'assenza di diversi detenuti; siccome non è la prima volta che accade, Aparo e Scopelliti focalizzano l'attenzione di tutti su questo fatto: se ritardare all'appuntamento con "il Faro" diventa qualcosa di sistematico è bene soffermarsi a riflettere. Cosa significa tale ritardo? Comunica disagio? Senso di non appartenenza al gruppo? Perché qualcuno trova sempre motivi per ritardare?
Di fatto la puntualità è una forma di rispetto e di manifestazione del proprio interesse verso qualcosa: il ritardo può dunque essere letto in chiave comunicativa, forse come spia di qualcosa che non va a livello relazionale.

Si passa poi alla lettura dei testi.
Mujo propone uno scritto sui miti e le mode; secondo lui, specie tra i giovani, è forte la connessione tra atto trasgressivo e moda. Spesso un ragazzo è portato a trasgredire per ottenere qualcosa che non ha e che ai suoi occhi è fondamentale, che sia il cellulare o l'abito firmato. La moda impone un'immagine che il ragazzo crede di dover seguire se vuole essere accettato da un gruppo, se vuole vivere bene; in realtà questi miti fittizi servono solo a coprirci gli occhi, a mascherare la realtà. E spesso lo si capisce troppo tardi, quando ormai l'errore è stato fatto.
Non tutti sono d'accordo con l'idea espressa da Mujo, ad esempio Ivano non crede che la connessione tra moda e atto deviante sia così forte, per lo meno negli uomini adulti.

A seguire viene letto lo scritto di Luca Sensales "La mia ombra", in risposta ad un elaborato di Antonella sul pensiero di Jung. Nello scritto di Antonella si sottolineava l'importanza di fare emergere le zone d'ombra per cercare di integrarle al resto della personalità e "domarle", renderle innocue.
Secondo Luca invece far trasparire le proprie zone d'ombra è molto pericoloso, qualcosa che si può fare solo in analisi; nella vita di tutti i giorni si rischierebbe di venire isolati. Luca essenzialmente associa la zona d'ombra a qualcosa di malvagio, che quindi va tenuto nascosto perché potrebbe arrecare danno a se stessi e agli altri. In ogni caso l'ombra non può mai essere controllata del tutto e quindi rimarrà sempre pericolosa, con il rischio che possa prendere il sopravvento da un momento all'altro.

La lettura dello scritto di Luca apre un vero dibattito, dove essenzialmente si riconoscono due linee di pensiero:

  1. da un lato chi sostiene la complessità dell'uomo e quindi la necessità di prendere in considerazione le zone d'ombra come parti fondamentali della persona (magari a discapito della responsabilità individuale).
    Per esempio Raffaello sostiene che l'ombra va condivisa con la persona che si ha di fronte: solo così si può costruire un rapporto autentico. Non mostrare questi lati nascosti sarebbe come avere sempre una maschera addosso. Tale maschera può servire nella fase iniziale di una relazione, ma sul lungo periodo è sicuramente fallimentare, proprio perché impedisce una vera conoscenza reciproca.
    Maurizio pensa che l'atteggiamento stesso di Luca, portato quasi sopprimere le proprie zone d'ombra, potrebbe essere una sorta di maschera, per evitare l'emergere di quelle parti di sé ritenute più deboli;

  2. dall'altro chi ritiene che in un'interazione sociale l'uomo appare come essere unico e quindi le sue sfaccettature -ombra compresa- vanno domate, incanalate in un'unica direzione, o tenute nascoste, perché creerebbero confusione o addirittura paura in chi ci sta di fronte.
    Francesco, ad esempio, ritiene che interagire senza maschere sia quasi impossibile, per lo meno quando si è in pubblico; la maschera non è necessariamente negativa, può essere considerata anche come uno strumento, che io scelgo consapevolmente di mettere in atto, per ottenere un beneficio in determinate circostanze.
    Anche Ivano ritiene che indossare delle maschere, almeno per difendersi, sia indispensabile.

Sorgono numerosi interrogativi: è davvero utile mostrarsi sempre per quello che si è? Non c'è il rischio di venire emarginati se quello che mostriamo non è "socialmente corretto"?
Come la zona d'ombra può essere ascoltata e manifestata? Come sapere cosa gli altri accetterebbero e cosa no?
E' indubbio che le zone d'ombra vadano mediate, ad esempio attraverso la morale e l'etica.

Ritorna quindi implicitamente anche il tema della responsabilità sociale: a seconda che io abbia una maschera o settantacinque, come devo rispondere delle mie azioni, specie se delittuose?
L'ombra, come qualcosa di negativo che viene nascosto, si presta a innumerevoli paragoni: ombra potrebbe essere il detenuto, rigettato e allontanato dalla società; ombra è una parte dell'individuo, murata dalle altre; ma le zone d'ombra sono presenti anche su più vasta scala, a livello dei conflitti sociali e in quelli mondiali. (es. ricchi vs poveri; Palestinesi che si fanno esplodere, come esplodono le nostre zone d'ombra se represse troppo a lungo).
Fondamentale rimane sempre la dialettica, che attraverso il confronto con l'altro, porta ad una crescita reciproca.