Morire senza voce |
Enzo Martino | 03-03-2006 |
Sin da bambino ho vissuto l’autorità come una imperfezione. La mia crescita non mi ha aiutato a riconoscere una figura autorevole, ma ho incontrato quasi sempre delle persone autoritarie. Oggi mi rendo conto che tutto questo non mi ha giovato da adulto. Divenuto adulto, non ho fatto nulla per divenire autorevole, anzi più mi comportavo da autoritario, maggiori erano i benefici che ne ricavavo. Mi dissetavo senza mai saziarmi; la mia voglia di potere era come un pozzo senza fondo.
Poi sono finito in carcere. Qui, grazie al confronto con altre persone e a tante letture, ho iniziato a guardare dentro quel pozzo. E’ difficile ammettere di essere stati autoritari e conseguentemente comportarsi in maniera corretta. Riuscire a capire il confine tra autorevolezza e autorità per me non è stato facile. Credo che sia come ammettere che la tua vita sia stata un fiasco completo.
Ripenso ai miei atteggiamenti e comportamenti verso altri che ritenevo essere normali, e mi accorgo che erano tutt’altro che normali. Da un po’ di tempo ho cominciato a riflettere, cercando dei compromessi con me stesso e, difficilmente riuscendoci, perché più cerco di trovare una via di fuga e più mi ritrovo al punto di partenza.
Nelle mie letture, ho incontrato diversi scrittori che scrivevano della sofferenza degli ebrei, dell’olocausto. Uno scrittore è stato P. Levi (se questo è un uomo). La sua vicenda, e tante altre, mi hanno lasciato un senso di disgusto. Ho ripensato all’autorità dei nazisti, che in quel momento si davano da fare per sottomettere le persone in maniera ignobile, annullando la personalità e trattandole come dei numeri.
Secondo un mio parere, i nazisti sono rimasti ingabbiati nelle loro scellerate idee. Nei vari processi, hanno cercato di difendersi mentendo, per non pagare un prezzo alto per le loro responsabilità. Ma così facendo non si sono salvati moralmente, forse solo processualmente.