Noi e i ragazzi di Bisuschio

Elena Mondini

Verbale 28-01-2009

Quest’oggi al gruppo del femminile è stato un pomeriggio denso.

La prima parte è stata dedicata allo scritto di Fedoua.

ELENA:  L’attesa di cui parla Fedoua fa riferimento a sentimenti sia positivi (“ho fatto un salto in avanti”), che negativi (le ferite, il soffrire in silenzio, il sentirsi come un oggetto) che l’hanno accompagnata in questa esperienza in carcere.  Sembra modificato il suo modo di guardare le cose e di guardare a se stessa.  Mi è piaciuta la frase “In questo spazio piccolo ho fermato i miei pensieri e le mie emozioni più profonde” perché riflette la sua volontà di comprensione di sé e di quello che ha fatto, seppur costretta in un luogo che limita la libertà.

PAOLA:  E’ uno scritto sincero, si sente.  Anche a me ha colpito la frase “In questo spazio piccolo etc.” Una delle cose positive del carcere, e che pochi riconoscono e apprezzano, è proprio il fatto di avere, anche se forzatamente, il tempo e lo spazio di pensare a ciò che si è fatto e di riflettere.

FEDOUA:  L’attesa di cui parlo mi ha messo in crisi in questo momento delicato, perché sto aspettando di sapere quando uscirò e alla sola notizia mia madre è completamente cambiata nei miei confronti, dall’indifferenza è passata alla gioia, si è aperta a me e io ho voglia di cogliere questa opportunità adesso che ce l’ho.

Ho avuto un’infanzia difficile.  Sono stata viziata da piccola nella mia famiglia, ma solo economicamente; mi trattavano come un soprammobile, messo lì per essere ammirato ma non toccato. Non c’è stato né affetto né ascolto. Ho sempre dato retta solo a me stessa perché non avevo nessuno che mi ascoltasse e mi consigliasse se quello che stavo facendo era giusto. Una delle cose più importanti che ho trovato anche qui nel gruppo è stato proprio il fatto di essere ascoltata quando ho cominciato a parlare, da silenziosa che ero.

Sto imparando ad essere più prudente, a guardare con maggiore attenzione a cosa vado incontro e perché. Il mio timore più grande è che mio figlio possa un giorno ritrovarsi nella mia stessa situazione:  io ho scritto che ho fatto un salto in avanti, ma se una volta fuori da qui non potrò essere serena per lui, rimarrò indietro di nuovo.

Oggi però so che qui ho imparato dai miei errori e che non rischierò di nuovo di commetterli, perché ho compreso dove ho sbagliato. Ho anche imparato a dialogare con me stessa, come davanti ad uno specchio, dove ora non vedo solo la parte esteriore dell’aspetto, superficiale e di facciata, ma cerco di capire quello che c’è al di là, dentro di me.

 

Ragazza, Saro Garofalo

 

 

La seconda parte è stata introdotta dal Dott. Aparo con questa domanda:

Se doveste raccontare brevemente a degli studenti delle scuole superiori il vostro rapporto col mondo e come l’avete vissuto fin adesso, cosa direste?

RITA:  La maturità di una persona non è data dalla sua età anagrafica ma dalla sua esperienza. Io ho 36 anni e sono pugliese, sono sempre vissuta fin da piccola in un ambiente fatto di abbandono, mancanza d’affetto, punizioni, abusi e violenze da parte del mio patrigno, silenzi e indifferenza da parte di coloro che sapevano… Sono rimasta incinta a 16 anni e sono finita nel giro dell’eroina molto giovane.  Tutte queste cose mi hanno segnato.

SILVANA:  Ho 20 anni e ho lasciato mia madre e i miei 2 figli di 4 anni in Uruguay, sono venuta in Italia da sola.

FEDOUA:  Non ho parole per la storia di Rita, al confronto la mia infanzia non è stata nulla…Di fronte a queste cose non si può rimanere che sconvolti.

LETIZIA:  Io sono cresciuta in un ambiente matriarcale, governato da signore anziane per le quali contavano molto l’ “etichetta” e le buone maniere.. Ho avuto un’infanzia tutto sommato normale e successivamente ho lavorato nelle istituzioni. Adesso però mi ritrovo qui a mettere in discussione tutti i valori in cui ho creduto finora e a non avere più la mia autonomia.

ELENA:  In questi 25 anni il mondo mi ha insegnato che esistono diverse forze, e che ogni cosa che ci accade, bella o brutta che sia, sta a noi decidere che cosa farne, se farla diventare occasione di crescita o meno.  Direi inoltre agli studenti di non farsi incattivire dalle ingiustizie che incontrano, e di ascoltarsi, al di là di quello che avviene intorno a loro, di guardarsi dentro e di lottare per quello in cui credono.

PAOLA: A questi ragazzi direi che la loro è l’età più bella, 20 anni si hanno solo una volta, è importante che facciano delle scelte, buone o cattive, considerando però che poi si ritroveranno a 40 anni a tirare le somme di quello che saranno e che avranno fatto.  L’altra cosa fondamentale è che non seguano il branco, ma che decidano sulla base di ciò che pensano con la loro testa, caso mai che seguano un gruppo, ma non il branco come pecoroni!