Verbali sull'ancora

Silvia Casanova

Verbale 21-12-2008

Ancora

Non ti ho mai dato corda
Mi hai mandato sempre alla deriva
Dondolavi nel blu del mio mare

La burrasca ci porta via di nuovo
Stanco, ti do corda
Aggrappati, salvami…

 

 

Questa poesia è stata presentata da Antonio per la prima volta al Gruppo di San Vittore del 15/12/2008.

Chiara prende la parola per prima. Dice che Antonio sta parlando con se stesso e che quel “salvami” le fa pensare che Antonio non creda ancora del tutto nelle sue capacità.

Ivano dice invece che la poesia parla del gruppo, del valore e della funzione che oggi lo scrivente desidera dare al gruppo stesso.

Chiara replica dicendo che secondo lei il gruppo è stato lo strumento che ha favorito che Antonio scoprisse di avere un’ancora per sé; aggiunge che la strada per saperla utilizzare però è ancora lunga.

Livia, osservando l’uso dei tempi verbali presenti nel testo, rileva che lo scritto si può dividere in due pezzi. La prima parte parla al passato, nella seconda lo scrivente utilizza il presente.

Jacine dice che la frase “non ti ho mai dato corda” si riferisce all’atteggiamento che lo scrivente aveva in passato nei confronti delle sue potenzialità e della sua coscienza; “stanco” significa che adesso chi scrive sta cercando aiuto; “aggrappati” è la consapevolezza che chi scrive ha del fatto che utilizzare le proprie risorse come in passato non ha portato molto lontano.

Roberto afferma che la poesia parla di una coppia, una dualità che si può intendere in diversi modi; può rappresentare il rapporto con una persona, con una donna o con qualcosa che lo scrivente nutre dentro di sé.

Secondo dice che l’ancora è sempre stata in possesso di Antonio, che però si comportava come se non l’avesse.

Paolo legge nella poesia il problema della mancanza di punti di riferimento, dice che Antonio con questo scritto ha riassunto i suoi scritti precedenti, in cui spesso si dice che è mancata la capacità di ricorrere efficacemente alle persone di riferimento. “Salvami” è perciò un’invocazione che Antonio inserisce per ricordare a se stesso di fare affidamento sugli altri e l’importanza della sua stessa volontà.

Ian trova la poesia molto evocativa, si dice d’accordo con il commento di Paolo ma è perplesso sull’uso della parola “dondolavi”. Cita inoltre un poeta messicano che gli è stato ricordato dal testo, Ottavio Paz.

Aparo: Che cos’è l’ancora? Cosa rappresenta?

Silvia dice che l’ancora rappresenta i desideri più profondi della persona che scrive.

Mario individua nell’ancora la responsabilità.

Ivano pensa all’ancora come alla coscienza.

Aparo dice che l’ancora può rappresentare le mani della persona che scrive, quindi anche l’investimento sulle cose. E’ come se lo scrivente dicesse: care mani, non vi ho mai accordato fiducia e sono andato alla deriva; vi dondolavate con me nella dimensione della fantasticheria più che in quella della realtà. La burrasca minaccia di portarci via; adesso vi chiedo di afferrare qualcosa e di utilizzarla. Poi chiede in che senso l’ancora ha “mandato” lo scrivente alla deriva.

Antonio prende la parola per spiegare come vive la sua poesia: “l’ancora sono i valori e la parte razionale di me, per il genere di vita che ho trascorso… la situazione con gli amici prima e con il gruppo adesso”.

 

 

La poesia viene proposta il mercoledì seguente (17/12/2008) al gruppo del femminile.

Paola: la poesia parla di una persona che non ha mai dato fiducia e che adesso ha voglia di darla.

Barbara: “non ti ho mai dato corda” significa non ti ho mai dato attenzione. La poesia si rivolge a una persona: “eri sempre dentro di me ma mi hai lasciato solo a sbagliare”. Lui adesso è stanco della situazione, chiede di potersi aggrappare a qualcosa.

Fedua afferma che lo scrivente è una testa dura! Dice che non ha mai dato retta a chi lo consigliava e andava dove tirava il vento del suo istinto. Il mare è la sua tristezza, in cui si dondolava con i suoi pensieri. Ma adesso è stanco dei suoi sbagli ed è pronto ad ascoltare.

Rita, la nuova arrivata del gruppo, dice che la vita ha dato allo scrivente delle cose, ma lui è sempre andato contro corrente, adesso vuole dare retta all’ancora, ma chiede in cambio la speranza di riuscire. L’ancora è la vita.

Fedua ribatte e dice che la poesia le sembra anche un messaggio per qualcuno.

Paola: lo scrivente è un uomo che è stato convinto delle sue idee ma che adesso, attraverso l’aiuto di una persona, le mette in discussione senza però intaccarle in profondità. La persona lo seguiva fin da prima, si faceva trascinare da lui, ma era in fondo diversa da lui; adesso è passato del tempo, lui sarà invecchiato e si sta facendo un esame di coscienza. Rinuncia a un po’ di orgoglio e si rende disponibile all’ascolto. A lei dice: “aggrappati”, ma lo dice anche a se stesso.

Fedua dice che lo scrivente è stato diviso da spinte di segno opposto: una che lo trascinava alla deriva e un’altra che gli suggeriva di ascoltare se stesso. Lui consegna la sua poesia al gruppo, per comunicare con noi, ma anche per fare i conti con se stesso.

Aparo: Fedua dice che chi parla e chi ascolta sono la stessa persona. Chiedo allora quali parti stanno comunicando tra loro? Chi si deve aggrappare?

Fedua: chiede aiuto al Gruppo della Trasgressione.

Elena: non sono riuscita a dargli un significato preciso, penso al desiderio di trovare una direzione e di riuscire a mantenerla.

Silvia: credo che l’ancora corrisponda ai desideri cui Antonio non è riuscito a dare ascolto. I desideri che non vengono ascoltati e nutriti è come se lavorassero nel profondo di noi senza che ce ne accorgiamo, producendo una atmosfera interna confusa, una sensazione di soffocamento; in questo modo si cerca di soddisfare esigenze che spesso non corrispondono ai sogni originari. L’ancora è per me l’antico sacco pieno di sogni che Antonio ha conservato, ma non ha utilizzato e che adesso desidera scoprire in modo che possa far “presa” sul fondale della realtà. La corda dunque rappresenta la volontà, l’intenzione, il lavoro che Antonio vuole compiere per far recuperare all’ancora (i suoi sogni) la capacità di fare il suo antico mestiere.

Paola si dice d’accordo con Silvia e aggiunge che lo scrivente sembra che si voglia far guidare dai suoi desideri più semplici.

Aparo: “Cari miei desideri, avreste potuto diventare un’ancora ma, in passato, io non ve l’ho permesso. In passato i desideri sono rimasti a ciondolare dalla barca, senza ancorarsi a nulla. Perciò si è andati alla deriva.

 

 

Vista la capacità della poesia di far discutere le persone si ritiene opportuno portare lo scritto anche il giorno seguente, nel gruppo che si tiene a Bollate.

Giovanni Conte è il primo a prendere la parola: se crediamo in qualcosa, dopo aver sofferto molto, è bene fidarsi di questo qualcosa; è bene anche ricordarsi che esistono comunque le difficoltà.

Angelo pensa all’ancora come alla ragazza dello scrivente e immagina che “salvami” corrisponda alla disponibilità ad ascoltare questa donna.

Carlo pensa al rapporto tra madre e figlio.

Aparo chiede: cos’è l’ancora? Cosa rappresenta?

Bledi dice che l’ancora secondo lui è il cuore dello scrivente, i suoi sentimenti, a cui non ha dato ascolto se non in momenti estremi.

Pasquale collega lo scritto al discorso che si è fatto in tutti e tre i gruppi riguardo al momento della decisione vs il momento della riflessione; l’ancora rappresenta il tempo della riflessione. Pasquale dice che la poesia parla di una vita spesa senza riuscire a fermarsi per pensare a cosa si stava facendo; l’ancora rappresenta la possibilità di riflettere.

Carlo aggiunge: l’ancora forse sono i principi morali, la coscienza. Si chiede aiuto alla propria coscienza che in passato si lasciava pendere dalla propria barca, che stava a penzoloni nel sollazzo di una vita spesa negli errori.

Virginia pensa all’adolescenza; la poesia le rimanda l’immagine di un adolescente che cresce e scopre l’indipendenza, un adolescente che non dà più corda ai legami familiari stretti perché è affascinato dal mondo che va scoprendo.

Giulia dice che lo scrivente parla della dinamica per cui spesso, quando non si crede nelle proprie potenzialità, ci si lascia guidare mollemente dalle sensazioni del momento. Il recupero della fiducia in sé e nella propria capacità di produrre qualcosa di buono però è alle porte.

Chiara: l’ancora è la parte intima di me stessa, la parte più vera di me, quella che mi può far sbocciare; penso che si voglia dire nella poesia “aggrappati a questa parte, abbi fiducia in te”.

Patrizia dice che lo scrivente è una persona che si sta rendendo conto di non aver usato l’ancora; l’ancora è uno strumento che, per poter svolgere la sua funzione, deve essere lanciato nel mare.

Livia afferma che la poesia parla di punti di riferimento a cui accordare o meno la propria fiducia.  Livia aggiunge un collegamento tra la poesia e il lavoro che si è fatto sul dipinto di Rembrandt (il rapporto tra genitori e figli, tema molto presente in questo periodo nel gruppo di Bollate).

Alessandra: Chiara nel suo intervento mi dà l’impressione di concepirsi sola; io affermo che non posso scoprire le mie potenzialità se non nella relazione con gli altri. Patrizia invece nel suo intervento tiene conto dell’altro, parla fin da subito di fiducia e la fiducia si sa che si può accordare o meno agli altri. L’unica nota che mi stona nella poesia è quello “stanco” che mi fa pensare a una scelta poco convinta da parte dello scrivente di accordare fiducia all’ancora.

Aparo: forse chi scrive dice a se stesso di essere stanco della propria arroganza e della deriva in cui ha vissuto proprio a causa dell’arroganza.

Poi, facendo implicito riferimento agli studenti di Busto Arsizio della Prof.ssa Patrizia Canavesi e della sua collega presente, Aparo chiede: “Possiamo utilizzare questa poesia con gli adolescenti che incontreremo? Questa poesia, applicata all’esperienza di ciascuno, quali elementi, quali esperienze chiama in causa?”

Roberto: l’ancora è ciò che intimamente volevo fare e non ho fatto.

Bledi: l’ancora è la ragione e la barca l’istinto.

Virginia: l’utilità della metafora è che fa capire che si ha bisogno dell’altro; l’ancora è lo strumento che mi permette di legarmi all’altro e la corda è la mia volontà di dare allo strumento la capacità di fare presa (in questo senso l’ancora è l’ascolto).

Christian: chi scrive ha voluto stare nella confusione, forte della consapevolezza di avere un’ancora; l’ancora è la famiglia e la corda la comunicazione e la consapevolezza di avere qualcosa a cui far riferimento; ci si deve aggrappare a quello che ti porta a stare nella società.

 

 

La poesia è stata portata anche al gruppo del giorno successivo nel carcere di Opera; lì avevamo poco tempo ma qualcosa è emerso:

Bruno: l’ancora è qualcosa che naviga dentro di lui; lo scrivente sta parlando con sé.

Gualtiero: sì, lo scrivente parla con sé; dice che prima quasi quasi accettava di buon grado di fare degli errori, tanto si era nel “blu” del mare. Adesso si sta accorgendo che potrebbe perdersi di nuovo ma questa volta chiede aiuto per fermarsi.

Renato: l’ancora è un punto fermo che Antonio vorrebbe avere ma non ha ancora; mi fa effetto quel “salvami”, dice che lo scrivente non lascia semplicemente intendere di aver bisogno di aiuto, lo sta proprio comunicando a piena voce.

Aparo chiude il gruppo chiedendo ai partecipanti di riflettere sulle domande già proposte nel corso dei gruppi precedenti e di fare riferimento, quando si tenta la risposta, al proprio vissuto personale: Che cos’è l’ancora? Cosa rappresenta la corda? A cosa si deve aggrappare l’ancora?