| Il piacere della responsabilità |
Silvia Casanova | Verbale 13-10-2007 |
Riunione del Gruppo della Trasgressione del giorno 13-10-2007
L’incontro inizia con una lettera aperta di Pasquale, nella quale egli comunica il disagio che sente ultimamente durante le riunioni e con la quale chiede al gruppo di riflettere su alcuni punti specifici.
Aparo cerca di rispondere alle questioni sollevate.
1) Per quanto riguarda l’apertura del gruppo nelle carceri di Opera e Bollate, non vi è nulla di compiutamente definito, tuttavia sembra che si possa ben sperare. Alla nostra richiesta, abbiamo avuto delle risposte incoraggianti da parte del provveditore dott. Luigi Pagano e della direttrice del carcere di Bollate, dott.ssa Castellano. Col dott. Siciliano abbiamo un appuntamento a breve. Rimane aperto il problema di reperire i finanziamenti e organizzare gli aspetti burocratici.
2) Perché a volte, nel gruppo, si parla in maniera confusa? Il gruppo è una tavola rotonda molto impegnativa, i nuovi ingressi sono tanti ed è difficile decodificare ciò che ci si aspetta gli uni dagli altri, soprattutto in un periodo come questo, in cui più della metà delle persone che partecipano alle riunioni è entrata da poco. Si chiede ordine, si chiede un metodo per amministrare gli interventi, si avverte che tante volte non c’è equità nello spazio che le diverse persone ottengono per parlare.
E’ difficile istituire regole capaci garantire inequivocabile equità. Direi però che quando le persone hanno un lavoro sul quale concentrarsi e dal quale ricavare soddisfazione, le regole, le ingiustizie o le apparenti ingiustizie si tollerano meglio. Via via che si raggiungono risultati, interessa meno decifrare quanto ha parlato l’uno e quanto l’altro. Prossimamente, proveremo a verificare se è vero.
3) Pasquale denuncia che al gruppo si parla di troppe cose nello stesso periodo e questo rischia di creare disordine. C’è una ragione per tenere aperte diverse tematiche? I diversi temi di riflessione dovrebbero permettere alle persone di reagire allo stimolo che ciascuno sente più confacente per sé. D’altra parte, troppi temi portati avanti in parallelo possono confondere, soprattutto se non sono chiari gli obiettivi!
Ripetiamo per tutti, allora, nuovi e vecchi del gruppo, che il prossimo obiettivo è l’incontro con le SCUOLE . Il lavoro con le scuole è, oltretutto, uno dei campi dove il gruppo ha ottenuto i suoi migliori risultati.
4) Le aree di riflessione degli incontri con gli adolescenti sono il bullismo, il piacere della responsabilità . Qualche tempo fa era stato proposto, in relazione a questo obiettivo, un tema specifico: “Potere e persecuzione”. Il concetto va lavorato avvalendosi di alcuni punti di riferimento. Fra questi, uno molto importante è lo SPAZIO nel quale sentiamo di potere esprimere noi stessi. Lo spazio che noi intendiamo è lo spazio emotivo, lo spazio fisico e lo spazio relazionale.
All’interno dello spazio soggettivo le persone possono muoversi con agio oppure sentire un senso di soffocamento. Il senso di soffocamento conduce al desiderio di esprimersi a discapito di altre persone e della propria crescita: più ci si sente soffocati, più si è inclini a sopraffare gli altri.
Con i termini SOFFOCAMENTO e PERSECUZIONE non si fa necessariamente riferimento a degli agenti esterni o a un tiranno in carne e ossa; se ne parla, piuttosto, in relazione alla sensazione di soffocamento che si vive quando non si trovano le condizioni per esprimersi, al malessere che si vive di fronte alla difficoltà (tipica del periodo adolescenziale) di trovare un’identità, alla frustrazione di non sentirsi riconosciuti.
Se un individuo sente di avere lo spazio e di disporre degli strumenti per esprimere le inquietudini, le aspirazioni, la rabbia che gli bolle dentro, questi potrà avere con una certa facilità un rapporto gratificante e creativo con l’ambiente; viceversa, si avrà bisogno di identificare dei tiranni cui attribuire la responsabilità del proprio senso di soffocamento e si cercherà di sfuggire alla sensazione di claustrofobia ricorrendo anche a comportamenti auto ed etero distruttivi.
Il gruppo ha tra i suoi obiettivi la prevenzione dei comportamenti violenti verso gli altri e verso se stessi (Art. La Repubblica). Perché il bullo cerca la propria identità nella violenza?
Proviamo a pensare che gli atteggiamenti del bullo possano derivare dall’incapacità di reperire nello spazio di cui egli dispone gli strumenti per esprimersi in maniera appagante e le risorse necessarie per vivere la relazione con gli altri in modo costruttivo.
Irene prende la parola per comunicare al gruppo che il progetto con la sua scuola verrà posticipato attorno al mese di dicembre, che si avranno incontri con le classi del triennio e che il tema che le piacerebbe venisse trattato è “il piacere della responsabilità”.
Aparo: Il concetto, per poter essere masticato senza correre il rischio di sermoni dal pulpito, deve fare i conti con lo spazio nel quale la responsabilità può essere esercitata. Quali caratteristiche deve avere lo spazio in cui ti puoi sentire responsabile? Quali relazioni, strumenti, limiti, risorse lo caratterizzano?
Davide chiede cosa voglia dire “il piacere della responsabilità”, frase che a lui, (e non solo) sembra contenere due termini apparentemente inconciliabili.
Aparo suggerisce di immaginare una piazza, "Piazza del piacere della responsabilità" e di provare ad immaginare quali elementi essa possa contenere.
Luigi comincia a distinguere il termine obbligo dal termine responsabilità e si chiede quali siano le sue responsabilità, per esempio, nel gruppo.
George: Ma cosa significa responsabilità?
Orazio parla del piacere di essere responsabile nel venire con puntualità alle riunioni del gruppo. Parla di responsabilità indicandola come “prendere sul serio le cose che fai, crederci”.
Davide: Se penso alla piazza, trovo mio nonno seduto su una panchina; lui mi fa pensare ad un uomo che ha esperienza”. Poi cerca di spiegare il nesso fra la sua attuale carcerazione e l’essere stato irresponsabile e indica la responsabilità nella consapevolezza di vivere in un intreccio di vincoli.
Antonio: Quando penso alla responsabilità a me vengono in mente i doveri, non il piacere; al limite posso pensare che la soddisfazione arrivi dopo un periodo in cui hai esclusivamente faticato.
Pasquale: La responsabilità è la consapevolezza di un valore. Dal momento in cui qualcosa è per me un valore, io cerco di mantenerla, relazionandomi con lei in modo da conservarla il più possibile.
Vito: Responsabilità è compiere azioni con un fine costruttivo; se il fine non è costruttivo le azioni non possono essere responsabili.
Aparo: Noto che finora non è stato detto nulla sul piacere che si ricava dalla responsabilità.
Alessandra: L’unica situazione in cui riesco ad accostare piacere e responsabilità è quando ho lo spazio per esprimermi, quando mi sento protagonista e faccio o dico qualcosa in accordo con quello che sento.
Alex: Fino ad ora il termine responsabilità è stato legato a quello di dovere; ma se pensiamo invece di accostarlo alle aspettative (degli altri, di me stesso)? Il riconoscimento di qualcuno che punta su di te rende i due termini piacere e responsabilità meno distanti.
Silvia racconta della sua personale esperienza al convegno sul male, della responsabilità e del piacere di riassumere ai presenti in sala il lavoro fatto dal gruppo sul “Cerchio del male”.
Vincenzo: responsabilità significa saper prendere atto delle conseguenze delle proprie azioni; è un piacere aver avuto la responsabilità di far crescere un figlio.
Antonio: Allora il piacere sta nel riconoscimento che ti danno gli altri!.
Mario: Sì, ma gli altri ti hanno riconosciuto qualcosa perché tu hai dimostrato giorno per giorno di essere in grado di meritare quel riconoscimento.
Irene: La responsabilità è una cosa che si impara piano piano, fin da piccoli; il piacere sta nel momento in cui si agisce in sintonia con i propri valori.
Aparo: Responsabilità significa “essere abili a rispondere”.
Le apparenti incompatibilità tra piacere e responsabilità derivano dal fatto che la parola, più che "dovere", vuol dire "abilità a rispondere" a qualcuno su qualcosa.
L’abilità a rispondere prevede:
Vito: Per adempiere a quello che sentivo essere un dovere nei confronti delle mie figlie (dare loro delle scarpe firmate ecc…) ho fatto delle rapine scambiando la mia brama con i loro desideri. Se avessi chiesto alle mie figlie cosa avrebbero preferito, credo proprio che mi avrebbero risposto di volere loro padre vicino.
Alessandra: La cosa che più mi ferisce è che quando tuo padre finisce in galera tu senti che per un attimo ti ha dimenticato, ha preso una decisione come fosse un eremita. La responsabilità è anche avere memoria delle relazioni.
Antonio: Questi discorsi sono forti per me. Io non sono stato responsabile e adesso, che sento di avere delle responsabilità, queste mi pesano. Mi pesa riconoscere di non essere stato all’altezza delle responsabilità che avevo, mentre, adesso che le sento, non ho le condizioni per poterle esercitare.
Poi Antonio parla in modo coinvolto della sua vicenda personale e conclude con la sofferta consapevolezza di non potere essere vicino al figlio.
Aparo: Una persona si costruisce giorno dopo giorno. Lei oggi può fare in modo che suo figlio tra qualche anno abbia il padre che lei avrà costruito per lui nel frattempo.
Quello che descrive dice che il reato è avvenuto in una situazione in cui lei non aveva le redini di se stesso, redini che, per una ragione o per l’altra, aveva gradualmente perso molto prima di arrivare al reato.
Non si torna indietro; non si può certo dire che non si sia prodotto un grave danno; ma lei oggi può cominciare a costruire per suo figlio un padre più consapevole di quanto lei fosse all’epoca del reato; ogni giorno portiamo avanti la gravidanza di ciò che noi stessi saremo domani.