| GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE |
Cosimo, Livia, Gabriele | Verbale 26-05-2005 |
| Il sudore del mercato non c'è libertà nel tenere per sé che ha bisogno di spazio, di note diverse, di accordi rugosi |
La giornata di ieri è stata strana e bella. Mi aspettavo la “pizzata classica” tra persone che si conoscevano e avevano voglia di trascorrere una serata insieme. Invece ho trovato qualcosa di più: rapporti sinceri, duraturi, senza ostacoli. Persone di varie età che fanno cose diverse nella vita, che hanno avuto passati così diversi, esperienze da raccontare: persone che si “fanno da guida” a vicenda, semplicemente divertendosi, aiutandosi e cantando, il tutto con impegno e soprattutto amicizia.
Ho conosciuto il mio cantautore preferito in una veste nuova e questo mi ha reso felice, anche se Geordie era un po’ lentuccia…
Poi Romeo. Una persona affascinante, da tutti i punti di vista. Mi erano bastate un paio di telefonate per capire chi avrei incontrato; alla seconda telefonata ero già “carissimo Gabriele”.
Nella mia mente e nel mio taccuino erano pronte un po’ di domande sul “teatro in carcere”, ovvero il tema della mia tesi. Cancellate tutte!
Romeo parla a ruota libera e non puoi fermarlo. Date, nomi e carriera di Romeo piano piano perdevano spazio e a riempire la conversazione c’era la sua vita di adesso, da persona libera, e soprattutto i suoi pensieri, che mi ha espresso quasi sempre con frasi corte e precise che ripeteva più volte (forse per essere sicuro che le trascrivessi).
Una ragazza del gruppo mi aveva confidato il timore di Romeo di arrivare al nostro incontro a mani vuote; ecco allora che come prima cosa mi mostra il materiale web del suo spettacolo teatrale “Il progetto di Bach e Mozart”, della sua professione (insieme ai trattamenti shatsu).
Ci tiene a dirmi subito che è un attore. Nei prossimi mesi sarà in tournè. In Inghilterra. Romeo ne è entusiasta: “questo spettacolo rispecchia la mia vita”.
Tornando ai pensieri di Romeo uno in particolare mi ha colpito nel profondo: “il teatro in carcere è l’unica evasione legale”. Soltanto questo basterebbe per capire quanto il teatro ha dato e sta dando a quest’uomo, che paradossalmente e con mio grande stupore “ringrazia” il carcere per averlo messo in contatto con questa realtà. "Il teatro deve entrare in carcere, deve smascherare e mettere a nudo la vera personalità del detenuto". Romeo era molto restio a fare questo passo; in carcere bisogna essere “duri”, o meglio, mascherarsi come tali: “ci sono tre regole in carcere: non parlare, non ridere, non recitare… recitare vuol dire liberarsi e fare i conti con la propria vita… non è facile ed è rischioso”. Mettersi in gioco significa lottare contro questo. E l’essenza del teatro è mettersi in gioco.
Mentre Romeo mi parlava mi immaginavo spesso la sua vita in carcere. Un uomo che non vedeva l’ora di partecipare alle due lezioni di teatro a settimana e che dedicava tutti i momenti possibili al teatro: preparazione, esercizi, memoria. Senza dimenticare la scrittura “mi interrogavo sulle contraddizioni che ognuno di noi e la società tutta produce in nome della giustizia”.
Anche io, nel mio piccolo, ho fatto teatro da piccolo e l’ho ripreso da due anni frequentando una scuola di recitazione. Solo in parte posso capire cosa significa evadere con il teatro: io scappo dagli impegni e dai problemi quotidiani, Romeo lo ha fatto con il suo passato. Quest’uomo è e deve essere la testimonianza che esistono molti mezzi grazie ai quali costruire la propria libertà: “recitare e raccontare senza essere interrotto… vivere attraverso l’attenzione e la vibrazione del pubblico... il pubblico è la prova che l’attore esiste”.
Come mi ha detto Romeo, “se le istituzioni non aiutano e promuovono attività di questo genere creano soltanto altri criminali”; “…ho voglia di correre più di tutti e arrivare per primo perché sento l’esigenza forte di riprendere la vita alla pari con gli altri…”
Note: L'immagine a fianco del testo è di Adriano Avanzini.