Trasgressione e sorte

La cultura greca conosceva un termine latamente valutativo che poteva essere applicato in tutte le sue stratificazioni ontologico-morali: la hybris, nel senso di trasgressione o violazione dei limiti connessi alla propria condizione. La condizione umana, nel mondo omerico, è governata dalla moira, una sorte impersonale e cosmica che assegna ad ogni ente naturale una parte, una porzione determinata una volta per tutte e immutabile. Oltrepassare i propri limiti non è una colpa morale in senso stretto: la trasgressione avviene ciecamente, per mancanza di comprensione, e in maniera altrettanto cieca viene retribuita, con la meccanicità di una legge complessiva della natura. Nel mondo umano, hybris si applica al mortale che trasgredisce i limiti dati dagli dei agli uomini, ma anche al caso di un individuo inferiore che pretende di far valere i propri diritti e ad ogni tentativo di modificare lo status quo. La stratificazione e la gerarchia della soggettività morale sono assicurate da una garanzia naturalistica evidente, la quale autorizza immediatamente ad usare, all'interno del mondo umano, più pesi e più misure.