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Premessa
La sfida, sia quando è rivolta alle regole, sia quando si sviluppa entro le regole, è caratterizzata di solito dalla ricerca di forti emozioni, dal bisogno di confrontarsi con i propri limiti, dalla ricerca di se stessi.
La sfida si origina sempre da un motivo portante e primordiale: la ricerca di uno spazio di libertà, una conquista personale e ideale, un percorso per ritrovare la serenità, la gioia, le emozioni conosciute ancor quando non si distinguevano le immagini e i colori ma se ne viveva l'armonia.
La ricerca dello spazio ideale, diviene infruttuosa se non è preceduta da uno spazio utile dove dare espressione alle proprie capacità, passioni e sentimenti. La famiglia, la scuola rappresentano la fonte primaria per la realizzazione dello spazio d'espressione a cominciare dalla tenera età. Quando non viene offerta la possibilità di uno spazio accogliente, nel quale esprimere se stessi ed acquisire fiducia in sé e negli altri, la ricerca dello spazio ideale diventa confusa. E' come quando il bambino continua a disegnare solo ciò che non ha.
Con la storia che propongo, vorrei contribuire a sfatare un luogo comune (almeno nelle carceri), quello che le vere sfide vengono lanciate solo da coloro che vivono nella sfiducia totale, cioè da chi proviene da esperienze problematiche, da famiglie difficili; indubbiamente questi sono fattori che spingono alla sfida, ma questo vale soprattutto quando si tratta di sfida alle regole.
I primi anni
Francesco, figlio secondogenito di cinque figli, una famiglia modestissima: il papà Grazio, contadino che lavorava con le sue braccia la piccola proprietà di terreno per assicurare il sostentamento alla famiglia; mamma Peppa, donna di casa solerte e affettuosa, sapeva ordinare e distribuire ogni cosa con saggezza, in maniera che in casa c'era di tutto un pò.
Francesco nacque il 25 maggio 1887, crebbe sempre buono e quieto, respirando l'aria pura della vita familiare, semplice e impregnata di religiosità. Cominciò presto a manifestare una sensibilità religiosa non comune. Non ancora quindicenne, Francesco iniziò a trascorrere le sue giornate fra casa, scuola e chiesa con ordine e perseveranza. Preciso e deciso.
6 gennaio 1903
L'ingresso nel noviziato dei Cappuccini di Morcone, fu preceduto da un conflitto interno: la vocazione religiosa da una parte l'attrattiva di questo mondo dall'altra. Inoltre, si chiedeva se sarebbe stato in grado di sostenere la vita del noviziato in convento: una cella povera e nuda, il letto duro su cui dormire vestito, il cibo scarso e rustico, osservare il silenzio, andare sempre con gli occhi bassi in convento e fuori. Tutte queste pratiche di austerità dovevano servire a lasciarsi forgiare dal maestro spirituale nel rinnegamento più totale del "vecchio uomo".
Nel convento
Francesco non aveva ancora compiuto sedici anni quando, il 22 gennaio 1903, cominciò una nuova vita con un nome nuovo: fra Pio da Petrelcina. Padre Pio un giorno dirà: "se si sapesse che straccio di abito indossai nel 1903
.Eppure nessun altro abito mi pareva più bello di quello".
Nel noviziato dei Cappuccini l'estremo rigore, il carattere forte e austero si imponeva in modo eccezionale. Il novizio fra Pio, fu irreprensibile! Il 22 gennaio del 1904, fra Pio si consacrò a Dio come vittima con la professione dei tre voti di obbedienza, povertà e castità. I sei anni a seguire furono di studio per la preparazione al sacerdozio. Il 10 agosto 1910, fra Pio venne consacrato sacerdote, consacrazione avvenuta in anticipo a causa delle gravi condizioni di salute in cui versava. I malanni dolorosi e strani di padre Pio, continuavano: inappetenza, vomiti, sudorazioni, febbri altissime che sconcertavano tutti i medici impotenti a curarlo.
Il settembre del 1917, padre Pio sale a San Giovanni Rotondo per un riposo spirituale. Padre Pio vi resterà per cinquantadue anni di seguito, fino alla morte. Il sospirato riposo e svago si trasformarono in un formidabile lavoro e sacrificio.
Le stimmate
Le stimmate di padre Pio erano ferite profonde. Le mani e i piedi risultavano trapassati da parte a parte e ne usciva sangue vivo di sotto e di sopra.
Le autorità ecclesiastiche erano giustamente preoccupate di far luce su questo fatto straordinario perchè non vi rimanessero dubbi sulla sua natura. Furono ordinate visite mediche: il professore Bignani, concluse che le piaghe potevano spiegarsi come fatto morboso patologico. La cura da lui prescritta, nonostante fu eseguita sotto il controllo di quattro persone, non fu efficace.
Le conclusioni di altri dottori, furono che le piaghe "Hanno una origine che le nostre cognizioni sono ben lungi da spiegare".
La chiesa
La prova massima di amore alla chiesa egli la diede nelle prove durissime a cui fu sottoposto. Obbedienza eroica in silenzio e umilità: questo fu il suo comportamento nei lunghi decenni di tormenta.
Quando era straziato, egli aveva la forza di dire: dolce è la mano della chiesa anche quando percuote, perchè è la mano della madre.
Il gesto più nobile e grande che padre Pio abbia fatto verso la chiesa è stato quello di lasciare tutta la sua opera alla chiesa stessa, con donazione testamentaria alla santa sede.
Crocifisso dagli uomini
Per tutto l'arco della sua vita in convento, padre Pio fu oggetto di terribili calunnie sulla sua dottrina, sulla sua moralità, sulle sue capacità mentali e operative.
Si tentò, più volte di trasferirlo da San Giovanni Rotondo in altro luogo. Ma fu sempre impossibile, perchè sarebbe avvenuto un tumulto popolare.
Gli venne tolto il direttore spirituale, gli fu proibito di scrivere lettere; gli fu imposto di celebrare la messa al mattino prima dell'alba. Per togliere a padre Pio il fiume di offerte che sostenevano la grandiosa opera della Casa Sollievo della Sofferenza da lui fondata, i persecutori imbastirono una documentazione di accuse ignobili e assurde e arrivarono perfino a mettere dei microfoni nel suo confessionale, pur di coglierlo in fallo.
Dal 1931 al 1933 venne addirittura recluso nel convento, sospeso dalle confessioni e da ogni rapporto con i fedeli; così fino al luglio del 1933, quando gli venne concesso di celebrare di nuovo in chiesa e di riprendere il ministero delle confessioni. Muore a San Giovanni Rotondo alle ore due del 23 settembre 1968
Considerazioni
Padre Pio visse la sua infanzia in un ambiente povero di mezzi economici, ma ricco di attenzioni, fattori che gli permettono di esprimere le sue capacità e, soprattutto, di riconoscere quanto proviene dal suo mondo interiore. In queste condizioni ambientali e di rapporto con gli adulti egli rafforza la fiducia in sé e negli altri, una fiducia che gli permette di sostenere qualsiasi prova con determinazione e di avere ben chiara la sua meta.
Forgiato dallo spazio di espressione, Francesco è riuscito a sostenere le avversità con costanza, determinazione, sacrificio, onestà obbedienza.
Si perdoni allo scrivente l'accostamento di esso medesimo alla figura di padre Pio, occorre però che io dia qualche accenno della mia esperienza per approfondire il concetto di spazio di espressione e spazio ideale.
Di famiglia emigrata dal sud al nord Italia, frequento le scuole elementari in una classe di soli settentrionali, unico terun, ultimo di banco e con una preparazione scolastica non equiparabile a quella in cui venivo a trovarmi. Condizioni familiari difficili, un ambiente familiare teso, dovuto alle difficolta di rapporto fra genitori.
Condizioni che sicuramente non hanno favorito lo spazio di espressione, ma hanno contribuito alla sfiducia totale verso gli altri e forse verso me stesso. Sfiducia dovuta alla frustrazione di dover reprimere le proprie capacità, alla impossibilità di esplorarsi, alla mancanza di un preciso riferimento dal quale recepire protezione e acquisire sicurezza.
La definizione dello spazio ideale è divenuta illusorio o meglio, individuata in quelle cose che man mano apparivano le esigenze del momento, ma non costituivano la meta.
Ritorniamo ora a padre Pio e alle modalità con cui ha condotto la sua sfida per il raggiungimento dello spazio ideale.
Il suo comportamento è sempre stato nell'umilità e nella sottomissione alla legge di Dio e nel rispetto delle regole degli uomini; in questi vincoli si è caratterizzata tutta la sfida di padre Pio, fortificato nelle sue capacità, che gli era stato possibile esplorare e maturare nello spazio di espressione, ha condotto una sfida nelle regole, dichiarata, individuale, coraggiosa, intelligente, onesta.
Lo spazio d'espressione ha costituito una solida struttura della nave su cui viaggiava, questo lo ha reso ancora più stabile e deciso. Avere avuto il quadro chiaro dell'obbiettivo da raggiungere, gli ha permesso di tracciare una rotta ben definita, all'interno della quale navigare con sicurezza.
Mi scuso ancora una volta, per il paragone della mia esperienza con quella del Santo padre.
La mancata esperienza dello spazio d'espressione e il conseguente fraintendimento delle mie mete ideali hanno generato rabbia, ribellione e confusione. Condizioni che hanno favorito scelte impulsive, dettate dal desiderio di impossessarmi di quanto non mi era stato dato o non avevo saputo vedere: amore serenità, svago.
Il procedere con l'individuazione di obbiettivi effimeri, ha creato uno stato permanente di vuoti da riempire. E anche quando sono arrivato alle condizioni economiche e generali accettabili, la presenza dei buchi neri non è venuta meno, spingendo chi scrive, nonostante l'età matura, a commettere rapine in banca.
Credo si possa concludere che la grande sfida è presente nell'uomo, perché è parte della sua essenza; l'ambiente in cui si vive, le condizioni generali, le caratteristiche soggettive, possono dettare modalità e obbiettivi diversi della sfida, ma non possono escludere un uomo dall'intraprendere la sfida con se stesso.
L'evoluzione dell'uomo è rappresentata dalla sfida e avviene attraverso di essa, la ricerca costante del proprio potenziale creativo, intellettivo e agonistico, ci aiutano a formulare con chiarezza le aspirazioni della vita, a ritagliarci il nostro obbiettivo, costituito dalla conquista dello spazio ideale.
La ricerca del proprio potenziale, ha origine nello spazio d'espressione, cioè nelle condizioni che ci permettono di prendere conoscenza dei nostri desideri e delle nostre capacità. Quanto prima è presente nella crescita di una persona e quanto più ampia è l'offerta di tale spazio, tanto maggiore sarà la fiducia in sé e negli altri e maggiore sarà la fiducia per raggiungere la propria meta.
Francesco ha ben saputo sfruttare il suo spazio di espressione per conquistare lo spazio ideale. Chi scrive non ha avuto la stessa opportunità, ciò non esclude la possibilità, anche se in ritardo, di aver individuato il proprio spazio ideale, essendosi ritagliato lo spazio di espressione nell'ambito della propia negativa esperienza di vita.