Sento la necessità di lottare per rimanere me stesso,
come se avessi paura di essere cambiato da qualcosa o da qualcuno
Chi non ricorda la storia del dottor Jekyll e di mister Hyde?
Chi di noi, almeno una volta nella vita, non si è identificato in uno dei due aspetti dell'uomo. Mi sono accorto che durante la vita è quasi impossibile soffermarsi ad ascoltare ciò che abbiamo dentro, riusciamo a farlo solo quando siamo con noi stessi, e questo avviene raramente: quando proviamo dei sentimenti talmente forti che c'inducono alla solitudine, oppure, quando siamo in una situazione d'isolamento (forzata o voluta) dal resto del mondo, quando siamo ricoverati in ospedale oppure, come me adesso, rinchiusi in qualche posto dove non è possibile scappare da noi stessi, comunque spesso in un momento di sofferenza.
Con la realtà che ci circonda, sempre in corsa, sempre a nasconderci dietro a delle maschere per non farci penetrare dalla nostra coscienza, sempre in fuga, è quasi impossibile. Eppure qualche momento con noi stessi l'abbiamo avuto. Perché questi momenti non li ho cercati più di tanto? Sarebbe una bella sfida cimentarsi nella scoperta di noi stessi, ma sicuramente per far questo, e far sì che abbia l'effetto desiderato, dobbiamo scegliere di essere onesti con noi stessi fino in fondo.
Quante volte ho sentito che qualcuno aveva bisogno di me, e ho fatto finta di non aver "sentito", quante volte ho ferito qualcuno di proposito, oppure l'ho manipolato così bene che gli ho fatto fare quello che volevo io, e quante volte ho fatto cose anche belle, che invece dentro di me non avevo voglia di fare, magari per dimostrare a qualcuno o a me stesso, che ero una bella persona. Ma è vero, dentro sono anche una bella persona, come lo siamo tutti, perché sono pienamente convinto, che anche il peggiore degli uomini ha dentro le stesse cose che ho io, e prova le stesse emozioni che provo io, solo che ha fatto scelte diverse da quelle che ho fatto io, o che farei io.
Ho imparato a cercare di capire il comportamento di chi ho di fronte, a volte facendomi delle idee mie, altre invece, confrontandomi con la stessa. E alla fine mi sono accorto che siamo molto simili, non uguali, ma simili, simili nell'aspetto, simili nel modo di parlare, simili nel comportamento e via dicendo. Mi sono anche accorto però, che allo stesso tempo siamo diversi, diversi per quello che scatena il nostro comportamento, diversi per il comportamento stesso. Quante volte ho provato le stesse emozioni, ma il comportamento che ne è derivato è stato diverso.
Abbiamo le stesse cose dentro, eppure a volte sento il bisogno d'essere diverso dagli altri, sento il forte bisogno di trasgredire da questo essere "uguali", da questo senso d'appartenenza, d'oppressione; sento la necessità di contrariare l'etica, di lottare per rimanere me stesso, come se avessi paura di essere cambiato da qualcosa o qualcuno, ho bisogno di affermare me stesso, sia con me stesso che con gli altri, e questo sempre, per paura di essere schiacciato da quello che può essere l'essere uguali.
Questo a volte funziona, perché mi rendo conto d'essere unico se pur simile agli altri, però è un casino, perché ho bisogno di più tempo.
Mi sono sempre chiesto come mai, nonostante avessi tutto, dal bell'aspetto all'intelligenza, dalle cose materiali agli affetti che mi completavano pienamente, ho sempre cercato qualcosa in più. Mi sono sempre sentito, e ho sempre fatto il ribelle, fin da piccolo, e non credo solo per contrariare i miei genitori, c'è stato sempre qualcosa dentro di me che mi spingeva ad impormi agli altri, ho sempre sentito che dovevo difendermi, e che dovevo lottare, che dovevo stare con quattro occhi, e quattro orecchi.
Le mie sfide sono iniziate già dalla tenera età, quando mio padre, tornato dal lavoro mi picchiava, eravamo tre fratellini, mia sorella di sette anni, mio fratellino di un anno ed io di sei, e non capivo cosa avevo fatto di così tremendo da dover essere picchiato, da prima con il famoso battipanni, e poi con un nervo di bue che mio padre si era fatto fare appositamente dal suo amico macellaio.
Così, con il passare degli anni, ho sempre visto l'autorità come qualcosa da sfidare, da superare, non accettavo nulla che mi fosse detto da qualcuno della mia stessa "statura", e anche se sapevo che le cose che mi dicevano di fare erano giuste, dovevo fare il contrario anche solo perché me lo diceva qualcuno che era più grande di me. Non ero un "bastian contrario" intendiamoci, ma dovevo dimostrare che potevo fare le cose anche da solo.
Con l'andare avanti nel tempo però sono entrato in un meccanismo strano, le sfide che provavo, che vincevo, e anche quelle che perdevo, non mi bastavano più, dovevo cercare qualcosa in più. Qualcosa che mi faceva "sentire", così all'età di quattordici anni, ho cercato e trovato, qualcosa che era vista dagli altri come il massimo della trasgressione. Le droghe, ho iniziato fumando, poi sono arrivati i "trip", gli acidi, l'LSD, l'oppio, l'anfetamina, la cocaina e molte altre varietà di droghe, queste mi dilatavano la mente facendomi scoprire mondi nuovi, sensazioni altrettanto nuove e bellissime per quei tempi.
Ma la cosa che mi soddisfava di più era vedere le espressioni dei miei genitori, dei professori, dei dottori, espressioni di dolore, d'impotenza, di disprezzo, questi volti e queste espressioni mi dicevano che quello che stavo facendo era sbagliato, ma giusto allo stesso tempo. Ero felice perché facevo provare agli altri quello che altri avevano fatto provare a me, e mi sentivo alla loro altezza, sentivo che ero diventato intoccabile, che ero uno di loro, anche se io avevo raggiunto quell'essere in un altro modo.
Però ormai era troppo tardi, per tornare indietro, ero entrato in un mondo più grande di me, in un labirinto senza sbocchi, avevo raggiunto la cima di una montagna e ora non sapevo come fare a scendere. Così sono rimasto lì, fino a quando non sono precipitato giù, e più giù di così non potevo scendere; ma anche quel fondo è stato un limite da dover superare, dovevo scendere ancora più giù. Ho raggiunto limiti di libertà allucinanti.
Tutto questo però ha creato in me il senso d'onnipotenza, convincendomi che potevo tutto, ancora oggi ogni tanto sento quel senso d'onnipotenza, e mi accorgo che non è bene, non lo è almeno fino a quando uso la maniera sbagliata per ottenere le cose che voglio, non mi metto più alla prova come prima, anche perché so, che quel modo di fare, e d'essere mi ha portato solo qui dentro.