Adesso

 

Ivano Longo

Quando sono entrato qui pesavo quaranta chili, ero in preda ad allucinazioni da coca e non toccavo cibo da quattro giorni. Negli ultimi periodi poi, ero diventato egoista, menefreghista, prepotente, cattivo e insensibile. Avevo avuto tutto quello che volevo, e mi ero perso tutto quello che potevo, anche la vita degli altri. Non c'era più nulla che mi stupiva o che mi dava la sensazione d'essere ancora vivo, se non i flash della coca, che dovevo assumere in dosi sempre più grandi e frequenti fino ad arrivare al punto di consumarne cinquanta grammi al giorno. E questo andava avanti per giorni e per settimane intere. Ancora oggi mi meraviglio del fatto che non mi sia scoppiato il cuore, ma in quel momento non m'interessava, ormai era diventata una sfida, (una delle tante di quel periodo). Non mangiavo più, acquistavo solo il cibo per la mia cagnolina, mentre tutto il resto dei soldi che rubavo (parecchi milioni al giorno) erano solo per la coca e per qualche vestito.

A volte mi guardavo nello specchio e mi vedevo ancora bello, ma quella bellezza la vedevano solo i miei occhi. Avevo anche una donna, ma era probabilmente più pazza di me perché mi seguiva ovunque e non ha mai cercato di trattenermi. Dal mio "pusher" godevo di un credito illimitato perché sapeva che il giorno dopo sarei andato a saldare il mio conto. Ogni tanto poi, visto che avevo acquistato un'auto nuova, partivo con la cagnolina e la donna per qualche giorno al mare, in montagna o al lago, ma mai senza droga. L'albergo lo pagavo anticipatamente settimana per settimana, visitavamo un po' i luoghi, pranzavamo e cenavamo nei ristoranti, e per me era sempre domenica. Ma poi ritornava la follia, la paranoia, i chilometri a camminare da solo nella notte, e di tanto in tanto mi fermavo, preparavo la dose e poi rimanevo per ore in silenzio ad ascoltare rumori che non c'erano e a vedere cose altrettanto invisibili ed inesistenti. Alle prime luci del giorno tornavo a casa e stanco e distrutto, dormivo per qualche ora. Stavo impazzendo.

Poi veniva il tempo di lavorare, lavoravo per centottanta secondi al mese e poi tutto ricominciava da capo. Ero consapevole che quella che conducevo non era vita, o meglio, non era la vita che volevo veramente. Ma cosa volevo veramente? Io volevo soltanto essere felice e poter fare tutto quello che mi passava per la testa. Ma tralasciavo una cosa, la più importante di tutte: "quello che ero dentro".

Oggi dopo due anni e mezzo, e un gruppo di psicoterapia con altri ragazzi e la dott.ssa Bertelli, (che personalmente stimo moltissimo) ho riscoperto la serenità e la mia sensibilità che è la cosa più bella che ho. Per la prima volta sono felice e sereno anche se sono in carcere. So di essere una persona molto forte dentro, ma per raggiungere questa consapevolezza ho dovuto accettarmi per quello che sono e per quello che sento. Ho dovuto affrontare le mie paure a mente lucida, ascoltarle fino in fondo e reagire. C'è stato un giorno che un ragazzo del gruppo ha detto: "l'importante è conoscere se stessi" ed è vero. Ma per raggiungere questa conoscenza bisogna scegliere d'ascoltare quello che sentiamo e poi condividerlo con gli altri. Io ho quasi finito la mia carcerazione e tra quattro anni sarò a casa, sarà bellissimo perché la sfida è cambiata, restare quello che sono ora!

Quando uscirò non so se ritornerò a fare la vita di prima (che sento ancora incatenata a me), perché anche se ho gli strumenti per lottare, ho paura delle mie scelte. So però che questa volta potrò usare la mia sensibilità proprio per scegliere e per vincere, perché oggi posso e voglio vincere io.