L'adolescente ha bisogno di sfide, per crescere, per affermarsi, per rafforzare l'idea del sé, per sentirsi uguale o vicino ai suoi coetanei; per verificare la propria indipendenza emotiva il giovane cerca nelle sfide esperienze concrete, tangibili che riescano a farlo sentire sicuro, determinato, forte e onnipotente; intraprendere atti destabilizzanti e con motivazioni oscure per i propri genitori è un modo affascinante e temerario per mettere in discussione il potere e la "maturità" di chi ti ha cresciuto.
Spesso è seguendo quella vocina istintuale che odora di malvagio, che un individuo ancora inesperto pensa di raggiungere la forza, la potenza, l'indipendenza dalla famiglia. L'adolescente realizza imprese estreme o comunque estranee alle regole per mettersi in gioco e per finire la partita da vincitore assoluto.
Il consumo di droghe dà l'idea di sfidare le regole degli adulti; gli sport estremi danno l'idea dell'individuo che vince sulla natura. L'adolescente lancia la sua sfida ad un'entità di illimitata potenza, una figura invincibile, per distruggerla, smontarla e per appropriarsi delle sue caratteristiche eroiche.
Il sentimento di onnipotenza per Winnicott è uno strumento fondamentale nel processo evolutivo del bambino; attraverso il supporto materno il bambino capisce che il mondo è addomesticabile, che il suo rapporto con la realtà esterna è creativo; attraverso esperienze soddisfacenti con l'esterno il bambino, pian piano, dà fiducia al mondo e a sé stesso; inizia a crearsi quindi il Sé e a prodursi la divisione della cellula duale. La madre deve essere sufficientemente "devota" e, man mano che il figlio cresce, deve essere abile nel distribuire frustrazioni e gratificazioni in giusta misura.
Il compito della figura materna è dunque, prima, quello di illudere il bambino facendogli avere un sentimento di onnipotenza verso il mondo, dopo, di disilluderlo gradualmente aiutandolo a capire che la risposta ai suoi bisogni non è sempre scontata.
Nella fase di passaggio dalla dipendenza assoluta all'indipendenza il bambino non crede più di creare l'oggetto esterno, scompare quindi il suo stato di onnipotenza e compare la costanza dell'oggetto. In questa fase nascono gli oggetti transizionali che svolgono la funzione di proteggere il bambino dalle ansie e dalle paure dovute alla mancanza della madre, tenendolo simbolicamente in contatto con essa; questi oggetti che possono essere pupazzi, coperte che il bambino tiene sempre con sé, gli consentono di passare dalla prima relazione con la madre alla relazione oggettuale.
Se da adulti non si è in grado di addomesticare la realtà e di agire sul mondo, si regredisce al senso di onnipotenza; se non si hanno strumenti e capacità per esprimersi, il nostro urlo rimane nel silenzio, resta un grido afono e la sfida rimane sotto il segno dell'onnipotenza. Ma la sfida può avere componenti evolutive e regressive, che lavorano spesso contemporaneamente. Agli estremi abbiamo la sfida fattiva e incentrata sul lavoro e quella che fa affidamento sul senso di onnipotenza proprio e/o di un'entità esterna: