Atti del convegno

 

18. Enzo Funari


Dunque, io volevo riformulare la questione, anche per tentare di superare delle definizioni insoddisfacenti. Ogni concetto, per essere ben definito, richiede una contestualizzazione appropriata. Vi faccio un esempio partendo dalla stanza analitica; vorrei parlare del modo in cui avviene il lavoro dell'analista e che cosa c'entra con il discorso che stiamo facendo noi. Questo non implica che il discorso sia accettabile sul piano dell'imputabilità, perché questo aspetto merita ovviamente un'area intermedia nella quale si confrontino le diverse esperienze.

Ognuno ha la sua esperienza e pretende che valga per tutti gli altri contesti, è chiaro…
Però purtroppo le cose non vanno in questa maniera, è tutto un lavoro di connessione da fare. Allora, brevemente: l'attività dell'analista, come l'intendo io, consiste nel porsi in una situazione dove è prevista, in maniera più o meno complessa e difficoltosa, una trasformazione del campo psichico del paziente. Non si tratta di una psicoterapia legata alla risoluzione di questo o quel sintomo, questo è un sottoprodotto. Ora, che cosa avviene?

Qualsiasi trasformazione promossa dal lavoro analitico, poiché è basata sulla modificazione dell'assetto difensivo del paziente di fronte a fantasie, paure, fantasmi, mondo reale e via discorrendo, comporta necessariamente - se il lavoro viene effettivamente effettuato - un momento o più momenti di crisi.
Non si può parlare di lavoro analitico senza che intervenga una crisi più o meno grave.

Questo, in genere, si lascia sempre da parte e invece si tratta di una cosa gravosa e difficoltosissima. Se abbiamo uno psicotico, dobbiamo chiederci cosa può succedere entrando in relazione col paziente: esiste il rischio che lo psicotico abbia degli atti compulsivi, che si scatenano con il lavoro che si fa. Ma questo avviene anche con i pazienti non psicotici…Crisi, più o meno violente, intervengono come contrappunto al lavoro laddove c'è una progressione trasformativa.

Cosa sono, queste crisi? Sono spesso dei comportamenti compulsivi con degli elementi di delirio, di persecutorietà, che si fanno avanti perché vengono in qualche maniera smascherati dal lavoro a due che è in atto, tanto è vero che, in certi casi di gravi nevrosi ossessive, bisogna stare molto attenti ad accogliere questo sistema, invece che cercare di distruggerlo, perché è stato approntato proprio per evitare degli atti compulsivi di tipo psicotico… La crisi interviene puntualmente, segnalando in maniera problematica e perturbante che si è davanti ad un rischio di cambiamento.

Per esempio, io ho avuto un paziente che finalmente, nel momento in cui si smuoveva il suo assetto tradizionale di difesa nei confronti del mondo, dei suoi fantasmi, si alzò dal lettino e cominciò ad accusarmi che volevo sodomizzarlo…a questo punto decise di andare alla Società Italiana di Psicoanalisi a denunciarmi per questa mia intenzione… e fu un momento tragico, per me. Siccome esiste una commissione di probiviri, che prevedono il cattivo comportamento degli analisti e tengono presente se uno arriva a dire "il mio analista mi vuole sodomizzare", …passai delle settimane tremende, perché volevo tener fermo e vedere dove portava questo delirio. Ma non sono cose semplici. Poi, finalmente, la cosa rientrò e diede luogo ad un senso che andò avanti fino al completamento del nostro rapporto analitico.

Quello che volevo dire, allora…il raptus si pone come una comunicazione, come una comunicazione che può essere espressa solo in quel modo, come il delirio durante il trattamento analitico; solo in quel modo, perché il soggetto non ha a disposizione in quel momento nessun altro modo per comunicare qualcosa. Voi direte: questo è il delirio. Certamente, questo è il delirio. Però se non facciamo questo lavoro, non capiamo niente di ciò che succede nei soggetti umani.
Però a questo punto io devo dire - attenzione! - che il delirio o il raptus che avviene all'interno di un trattamento prevede, a livello che noi analisti chiamiamo controtransferale, un lavoro tale da garantire alle diverse spinte che si manifestano durante la crisi le condizioni utili per un cambiamento, mentre se ciò non accade, c'è la distruzione di tutto quanto.

Ora, detto questo, noi possiamo addirittura azzardate che l'uccisione del genitore da parte di quei famosi ragazzi è senza dubbio, da questo punto di vista - e me ne assumo tutte le responsabilità - un grande cambiamento che si è manifestato in forma luttuosa, e non assolutamente guidata, però, visto da questo punto di vista, e criticabile quanto volete, secondo me per mantenere la mia teoria valida, tutti questi elementi sono delle comunicazioni che non sono mai ascoltate e soprattutto che non hanno mai avuto ascolto precedentemente.