Volevo innanzitutto fare una precisazione perché mi sembrava importante sottolineare che
Con la crisi del modello positivistico della psichiatria, con l'emergere del modello psicodinamico e con il fenomeno dell'antipsichiatria, mi sembra che la definizione di patologia e quella di imputabilità si siano allontanate e che, in ambito penale, la psichiatria non è più considerata di per sé fondante, rispetto a un giudizio o meno di imputabilità.
Questo mi sembra anche che corrisponda ad un cambiamento di prospettiva nella considerazione della malattia mentale: un malato non è un malato a tutto tondo, il folle non è folle in tutti i momenti della sua esistenza e in tutto il suo essere.
Diceva un noto psichiatra che uno psicotico è psicotico ma può essere anche maleducato Non tutto quello che fa uno psicotico è attribuibile alla sua malattia; quindi anche nell'ambito penale, mi sembra, la linea di oggi non è univoca:
Vorrei aggiungere che, per alcuni fenomeni, tipo i ragazzi di Novi Ligure o i serial killer tipo Bilancia, non mi sembra abbia senso parlare di raptus.
Come dicevano la Bertolino e la Merzagora, non mi sembra che in questi casi si tratti di comportamento impulsivo, irresistibile, violento e repentino. Un serial killer ha un comportamento ripetitivo
Di questi comportamenti criminali, di questo male -come diceva il professor Stella- solo una piccola parte è riferibile al raptus. Molte volte i comportamenti che sembrerebbero corrispondere a un raptus non hanno assolutamente questa assenza di coscienza, anzi il raptus per il soggetto agente può essere vissuto come ego sintonico.
Altre volte, invece, ho constatato l'orrore per il gesto compiuto. Io sono una psichiatra territoriale, quindi non ho una esperienza peritale in questo senso, però ho visto molte volte che dopo il gesto, l'orrore di averlo compiuto era tale che il soggetto, rientrato in sé, aveva tentato il suicidio.
Quindi in questi casi, a differenza del serial killer, di Maso, o dei ragazzi di Novi Ligure, in molti di questi casi, mi sembra c'è addirittura l'orrore del gesto compiuto, non l'assenza di coscienza