I miei obiettivi nel lavoro con Carate

Ivano Longo

02-02-2004  

Il progetto “Dalla sfida privata all’agorà” nasce in relazione agli obiettivi generali di:


Questo è un pezzetto di quello che ho ricopiato dal testo sul sito, ma voglio dirvi quello che secondo me sono gli obbiettivi di questo progetto.

Innanzitutto è mio desiderio che gli studenti (in questo caso quelli della scuola di Carate Brianza), ma non solo, non debbano passare le stesse situazioni che mi hanno condotto in carcere. Vorrei dar loro la mia esperienza affinché abbiano chiaro quello a cui potrebbero andare incontro se facessero come ho fatto io, scegliendo la parte più trasgressiva, credendo di avere il diritto di vivere la vita facendo tutto quello che mi passava per la testa.

Solo oggi che ho iniziato a studiare attraverso e con il gruppo della trasgressione, mi rendo conto che, oltre alla vita che ho condotto, ce n’è un’altra più stimolante e vera, quella fatta di sentimenti, gli stessi che mi hanno fatto fuggire, cercando rifugio nella droga.

Il rapporto con i miei famigliari prima e con le istituzioni poi, mi ha portato a credere che allora, avevo ragione io, che ero diverso e che tutto e tutti erano contro di me; questo per moltissimi anni mi fece credere di avere il diritto di pensare ed agire di conseguenza, tralasciando valori che pensavo non esistessero nemmeno.

Nell’ultimo incontro fatto al reparto Penale, abbiamo letto i primi sei temi fatti dai ragazzi della scuola di Carate Brianza. Mi sono stupito nel sentirli come me, nel sentire che quello che pensano loro sono quasi le stesse cose che penso io. A questo punto mi sono sentito ancora di più responsabile di questo progetto, perché è un motivo di orgoglio che gli studenti della scuola abbiano preso spunto dal primo incontro avvenuto in carcere e da alcuni nostri scritti per scrivere i loro primi temi. Questa è una realtà, la nostra realtà attuale.

Ora non posso far finta di niente, perché anche se non faranno la mia stessa fine, ho il dovere di dare la mia esperienza affinché non ci sia nemmeno una porta lasciata aperta, perché se oggi mi tiro indietro da questa che sento come un’enorme responsabilità, forse un domani qualcuno soffrirà, e non parlo soltanto di chi è coinvolto in prima persona, parlo anche dei famigliari che non stanno lì a guardare, ma che soffrono come hanno sofferto i miei senza che io neanche me ne accorgessi.

Per questo, e non solo per questo, credo che il lavoro che stiamo facendo con le scuole sia molto importante, sia per loro sia per me, perché mi sta dando lo stimolo per andare avanti e credere di più in me, sentendomi utile; per la prima volta posso usare la mia esperienza al servizio di altri ed in maniera giusta.