Forum

La competenza a sfidare

 

Secondo me, ognuno di noi ha dentro di sé una dose di "competenza a sfidare". Poi sono le vicissitudini della vita e le inclinazioni personali a decidere come si farà uso di tale competenza: se per continuare a illudersi di essere "i migliori" oppure per migliorare sé e il mondo in cui viviamo

 

Antonella Cuppari


Ci siamo mai chiesti che cosa è la sfida per ognuno di noi? Abbiamo fatto le interviste, abbiamo trattato di sfide in diversi campi, ma della nostra sfida personale chi ne parla? E' forse meno importante? Così eccomi qua a provare a pensare alle mie sfide; ma prima di tutto, cos'è per me la sfida? Che valore assume?

Io vivo di sfide quasi ogni giorno, ne faccio una questione esistenziale; sfidare mi aiuta a mettermi in gioco, mi fa sentire viva, è il carburante che mi permette di tirare fuori il meglio (o il peggio, non è detto) di me.

Quando si è al mondo in fondo, chiedersi chi si è e quanto si vale è secondo me una questione di vitale importanza. Si è al mondo e si è consapevoli di esserlo, ma non si sa per quale ragione; ci si rende conto che ci sono miliardi di altre persone che sono al mondo e ci si chiede che cosa ci accomuna/differenzia da quelle persone. Così ognuno porta avanti la propria sfida personale, che consiste nel diventare adulti, nel realizzare i propri sogni, i propri progetti, nel prendere un posto, il proprio posto, all'interno di un mondo sempre più complesso.

Tutta la nostra vita è per me una sfida: dal momento in cui cominciamo a muovere i primi passi, a quando scegliamo che scuola frequentare, a quando si cerca un posto di lavoro. Perché la sfida permette di dare un senso alla nostra vita, ci dice che siamo al mondo perché la nostra meta è proprio al di là di quei confini. La sfida ci può dimostrare che noi abbiamo le capacità per superare tali confini, o che dobbiamo condividere la nostra meta con altre persone se vogliamo raggiungerli.

Infatti non sempre la sfida appartiene solo al singolo; a volte la sfida coinvolge più persone, e spesso sono necessarie più teste per poterla "vincere". Così c'è la sfida dell'atleta, la sfida di un popolo, la sfida dell'umanità.

Secondo me, ognuno di noi ha dentro di sé una dose di "competenza a sfidare". Poi sono le vicissitudini della vita e le inclinazioni personali a decidere come si farà uso di tale competenza: se per continuare a illudersi di essere "i migliori" oppure per migliorare sé e il mondo in cui viviamo

La sfida è per me negli occhi di chi la osserva; se ne parliamo è perché appartiene ad un'esperienza condivisa. La vita è una sfida perché noi la vediamo così e perché in questo modo noi riusciamo a darle un senso. La sfida, se ne si fa un giusto uso, da valore al nostro sé, lo arricchisce, lo valorizza e lo fa sentire "degno" di essere al mondo.

La sfida, invece, può diventare negativa, quando viene usata come un mezzo per mascherare la propria intolleranza nei confronti dei limiti, quando l'altro viene visto come qualcosa da "annientare" perché potenzialmente pericoloso, quando ogni difficoltà viene vissuta in modo tragico.

Credo che la tendenza a sfidare sia una cosa meravigliosa perché ci spinge a migliorare, ci spinge a cercare soluzioni a dei problemi al di là dei confini imposti… ma come tutti gli strumenti che l'uomo ha a disposizione, può diventare anche un pericoloso alleato dell'onnipotenza e del narcisismo più primitivo, impedendo qualsiasi confronto costruttivo con gli altri e col mondo.

Se noi abbiamo deciso di parlare di sfida, è forse perché in questo momento ne abbiamo una dentro di noi, e stiamo cercando di portarla avanti. Chi stiamo sfidando noi? Come stiamo sfidando? Io sto vivendo la nostra esperienza come una sfida a una situazione carceraria che opprime, che non lascia spazio alla creatività, che ha alzato una barricata, dei limiti, che impediscono però di vedere al di là di questi un qualcosa per cui valga la pena di lottare, sfidare, in maniera costruttiva.

La nostra sfida non può essere combattuta con le armi, ma solo con il nostro lavoro creativo, che oltre a mettere in discussione la situazione attuale, sia in grado di proporre e quindi ricostruire dei nuovi limiti, più tollerabili e che permettano al detenuto e alla società di cui siamo parte di accettarli, e di utilizzarli per ricostruire quanto gli squilibri sociali e il suo gesto deviante hanno ferito, danneggiato, distrutto.