Una compagna feconda

Antonella Cuppari

18-05-2003

Sfida e muri

Sabato sera ho avuto il saggio di danza di fine anno. Ho deciso di invitare Livia un po' per sfida alle mie paure, un po' per gioco. Ho sempre avuto difficoltà a far dialogare queste due aree della mia vita così diverse (ma forse non molto!): il Gruppo della trasgressione e la Danza. Sentivo dentro di me un muro per cui, sebbene mi riconoscessi da entrambe le parti, non riuscivo a metterle in comunicazione.

Così la sera, prima dell'inizio dello spettacolo vedo Livia, lì tra il pubblico. E' stata una sensazione stranissima, un misto di disorientamento e timore. Vado a salutarla e lei mi consegna un piccolo regalo portafortuna e una lettera che leggo prima dell'inizio dello spettacolo.
Stranamente mi sento bene, il timore è quasi scomparso.
Le luci si spengono e lo spettacolo sta per cominciare. So che Livia è là fra il pubblico; lì c'è anche mia mamma, mia sorella e qualche mio amico.

 

Dialogando col tiranno

Inizio con una coreografia di danza contemporanea. Sono veramente agitatissima. Il solito tiranno della mia mente mi dice: "Ecco che adesso sbagli, ecco che adesso non ti ricordi!". Inizio a danzare e mi accorgo di non dare più peso alla possibilità che ho di sbagliare; mi convinco che chi è lì per me, in fondo, non ha la toga, ma è lì per il piacere di vedermi.

 

Tra gioco e realtà

A questo pezzo sono seguite una serie di coreografie, nelle quali ho cercato di suscitare emozioni differenti: la gioia e la leggerezza nella danza classica, la grinta nel funky, la dolcezza nell'adagio. Mi sono divertita tantissimo sia dietro le quinte, sia negli spogliatoi, sia in scena. Ho dedicato tutto ciò che ho danzato a chi volevo bene e per la prima volta sono riuscita ad essere spontanea, serena e felice su un posto, il palcoscenico, che si presta benissimo ad essere vissuto come un’aula di tribunale. Sono state due ore in cui ho condiviso emozioni, in cui lo sguardo del pubblico arricchiva le diverse danze e viceversa.

 

La ricchezza dell'imperfezione

Per finire ci sono stati dei fuori-programma in cui alcuni allievi hanno preparato delle loro personali coreografie.

Io e una mia compagna abbiamo scelto la musica dei Carmina Burana per mettere in scena un nostro pezzo, dal titolo "Giudizio Universale".

"Sulla Terra, Male (io, vestita di nero) e Bene (la mia compagna vestita di bianco) convivono affrontando le esperienze quotidiane della vita.

Improvvisamente una luce divina annuncia l'arrivo imminente del Giudizio Universale. Così i due poli opposti, a turno, cercano di mettersi in ombra a vicenda per garantirsi il perdono divino. Male e Bene, di fatto, anche se ancora non se ne rendono conto, appaiono molto simili, sia nei movimenti che nelle motivazioni che li animano.

Comincia una lotta, la lotta finale che stabilirà chi sarà salvo e chi invece perirà. Abbiamo rappresentato la lotta con un gioco di nastri (il mio nastro è nero, quello della mia compagna è bianco) in modo tale che la battaglia non apparisse realmente distruttiva, ma quasi un gioco di reciproca conoscenza
."

Cosa accomuna e cosa differenzia il bianco dal nero, il male dal bene, la luce dall'ombra? Nella lotta-gioco i nastri, quasi senza accorgersene, si mischiano e vengono scambiati. Il bene e il male si scoprono "fratelli" e si sperimentano in un terreno comune fatto dagli stessi bisogni, dalle stesse paure e dalle stesse speranze.

Per il solo fatto di essere uomini, forse bisogna imparare ad accettare dentro di noi la presenza di parti in luce e parti in ombra. Le parti in ombra sono quelle che non accettiamo, quelle più impure, quelle che temono il giudizio. Ciò nonostante esse ci appartengono perché nate da una stessa matrice, che è il nostro bisogno di trovare uno spazio attraverso cui esprimerci e individuarci.

"Sul finire della musica, male e bene, ormai indistinguibili, si guardano negli occhi, osservano la luce divina e il giudice che dall'alto li sta valutando e capiscono che il Paradiso non è un posto cui possano ambire; decidono di rinunciarvi e di rimanere sulla Terra, con la consapevolezza però della matrice comune che li ha generati."

 

Cercare la propria storia all'interno di una piccola opera d'arte

E' stata un'emozione mettere in scena questa coreografia. Livia ieri mi ha scritto:

"Per me ieri è stato importante sapere che stavi sfidando delle tue paure; in questo modo mi hai dimostrato che è possibile superarle. Forse tu e la tua amica avete intitolato la vostra coreografia "Giudizio Universale" per dialogare con le vostre paure; forse a volte è il tiranno che abbiamo dentro che trasforma gli sguardi, i commenti e le osservazioni degli altri sul nostro operato in giudizi definitivi e inappellabili sull'intera nostra persona. I vostri nastri però, erano neri e bianchi..."

Non avevo colto che in questa coreografia, oltre alle vicende intenzionalmente rappresentate, stessi mettendo in scena anche un mio conflitto, una mia storia personale.

Temo molto il giudizio di "chi dall'alto mi osserva". Me ne difendo facendo prevalere la parte più brillante, più dedita al dovere e questo, spesso, a scapito di altre parti della mia persona altrettanto autentiche, che invece tendo a tenere in ombra.

Il giudizio divino impone una perfezione che di fatto non posso avere. Come essere umano sono imperfetta, complessa, costituita da molteplici parti. Queste parti, hanno bisogni differenti ma sono comunque mie; far prevalere una a discapito dell'altra, far vincere una parte piuttosto che l'altra, significa sacrificare qualcosa che comunque mi appartiene. Occorre ricordare che la perfezione non esiste, per riscoprire una vita che non è lassù, in un ipotetico paradiso, ma qui sulla Terra.


Un grazie a Livia e ai miei compagni neri e bianchi.