Una compagna feconda | |
Antonella Cuppari | 18-05-2003 |
Sfida e muri
Dialogando col tiranno Inizio con una coreografia di danza contemporanea. Sono veramente agitatissima. Il solito tiranno della mia mente mi dice: "Ecco che adesso sbagli, ecco che adesso non ti ricordi!". Inizio a danzare e mi accorgo di non dare più peso alla possibilità che ho di sbagliare; mi convinco che chi è lì per me, in fondo, non ha la toga, ma è lì per il piacere di vedermi.
Tra gioco e realtà A questo pezzo sono seguite una serie di coreografie, nelle quali ho cercato di suscitare emozioni differenti: la gioia e la leggerezza nella danza classica, la grinta nel funky, la dolcezza nell'adagio. Mi sono divertita tantissimo sia dietro le quinte, sia negli spogliatoi, sia in scena. Ho dedicato tutto ciò che ho danzato a chi volevo bene e per la prima volta sono riuscita ad essere spontanea, serena e felice su un posto, il palcoscenico, che si presta benissimo ad essere vissuto come un’aula di tribunale. Sono state due ore in cui ho condiviso emozioni, in cui lo sguardo del pubblico arricchiva le diverse danze e viceversa. |
La ricchezza dell'imperfezione Cosa accomuna e cosa differenzia il bianco dal nero, il male dal bene, la luce dall'ombra? Nella lotta-gioco i nastri, quasi senza accorgersene, si mischiano e vengono scambiati. Il bene e il male si scoprono "fratelli" e si sperimentano in un terreno comune fatto dagli stessi bisogni, dalle stesse paure e dalle stesse speranze.
Cercare la propria storia all'interno di una piccola opera d'arte Temo molto il giudizio di "chi dall'alto mi osserva". Me ne difendo facendo prevalere la parte più brillante, più dedita al dovere e questo, spesso, a scapito di altre parti della mia persona altrettanto autentiche, che invece tendo a tenere in ombra. Il giudizio divino impone una perfezione che di fatto non posso avere. Come essere umano sono imperfetta, complessa, costituita da molteplici parti. Queste parti, hanno bisogni differenti ma sono comunque mie; far prevalere una a discapito dell'altra, far vincere una parte piuttosto che l'altra, significa sacrificare qualcosa che comunque mi appartiene. Occorre ricordare che la perfezione non esiste, per riscoprire una vita che non è lassù, in un ipotetico paradiso, ma qui sulla Terra. |