Aniello Frasca | 19-01-2004 |
La neve scendeva, le strade erano tutte in festa, le maschere saltavano, ballavano indifferenti al freddo, ridevano e scherzavano con noi due, perché io e il mio amico eravamo gli unici non in maschera, ci spingevano a ballare la tarantella con loro. Era un sabato di tanti anni fa, di un mese e di un anno che non si dimentica facilmente perché sono fatti e cose che portiamo ben volentieri per tutta la vita.
Nella mia giovinezza non era per niente facile avere un colloquio con una ragazza. Gli unici giorni in cui la cosa risulta più facile erano quelli di carnevale, quando si approfittava della maschera per qualche appuntamento senza dare troppo nell’occhio.
Io e il mio amico, eravamo dei bravi ballerini di liscio; nelle sale facevamo spettacolo. Proprio per la nostra bravura ci lasciavano entrare anche senza essere mascherati. I balli iniziavano sempre con la tarantella, che si prolungava anche per ore, facendo salire la temperatura dell’ambiente. Forse non tutti sanno che la tarantella napoletana e lucana è un ballo di corteggiamento, dove la donna, con tante mosse, cerca di non cadere nella rete dell’uomo. La forma di corteggiamento prosegue anche negli altri balli, per arrivare all’apice con il tango. Lo strofinarsi, l’appiattirsi, l’intrecciarsi, sentire il profumo dei corpi femminili è una esperienza troppo bella!
Quella sera, a me, successe una cosa del genere, fin dal primo ballo il suo profumo mi sedusse, mi stregò. Fu proprio lei, tirandomi nel gioco della tarantella, ad iniziare. Non riuscivo a capire chi era, il suo vestito veneziano non lasciava intravedere niente, oltre ai capelli, ben raccolti e alle labbra carnose che lasciavano sognare qualsiasi uomo.
Era molto brava e, oltre alla sua bellezza, ci sapeva veramente fare; e fu una vittoria per Lei. Le dissi: “Non sempre chi vince una battaglia ha vinto la guerra”. Senza scomporsi, mi rispose con una risata in faccia. “Attento Nello” - mi disse il mio amico - “sembra tutto preparato da qualcuno”. “Senti, balla tu con Lei il prossimo ballo e cerca di scoprire chi è”.
Non ebbi a finire la frase che un’altra maschera mi trascinò sulla pedana a ballare il valzer, mentre il mio amico ballava con la “Veneziana”. La mia damigella era leggera e saltava come una gazzella, e fu facile la mia rivincita! Cosi, ripassando davanti alla bella Veneziana notai il suo disappunto. Poi, con molto orgoglio mi disse: “Siamo pari, però stai attento”.
La musica saliva di tono e le coppie si destreggiavano perfettamente con quei movimenti centenari, con la mazurca lucana. La mia gazzella pianificava l’arrivo alla finale del gran ballo sicuramente con me, io però pensavo solamente alla Veneziana. All’improvviso vidi che Lei lasciava la piattaforma e così il mio amico.
Fu un attimo! Senza pensarci su due volte, lo tirai dentro al mio posto, per continuare il ballo con la gazzella. Questa, come se presentisse la cosa, mi lasciò senza dire una parola. Ormai dovevo giocarmi l’ultima carta con la Veneziana. Lei stava di spalle, parlava con una sua amica, l’afferrai con un braccio e la tirai nel mezzo della sala. Cercò nelle prime di liberarsi, ma non le lasciai scampo; le avevo afferrato il fianco e la strinsi al mio corpo.
I suoi occhi mi fissarono. Sentivo il suo cuore che batteva forte contro il mio, la musica si alzò, il tango, nel vivo della pedana i capelli le si sciolsero sulla schiena. In ogni nostro movimento sentivo il profumo della sua pelle e la pressione del suo seno. La sua mano vellutata si intrecciava con la mia per non perdere l’equilibrio. La sentii tremante, non era più sicura, la guardai negli occhi e le dissi: “Stai calma lasciati trasportare e vedrai che figura faremo”.
Nel sentire la mia voce sicura e decisa, mi passò con dolcezza la mano sulla schiena e il suo corpo aderì al mio senza più resistere. E si lasciò trasportare nei movimenti sensuali del tango. Furono sensazioni uniche. Leggevo il piacere nei suoi occhi, la sentivo fremere, soprattutto quando la mia mano scivolava all’altezza dei seni. Senza accorgerci eravamo rimasti da soli, vincitori di quella finale. E mentre cercavo le sue labbra, già aperte dal desiderio, un caloroso applauso ci riportò alla realtà.
La folla ci separò per farci i complimenti e nella confusione non vidi più la bella “Veneziana”. Chiesi al mio amico se l’avesse vista.
“No…! Ma era qui!. forse è là! Dai corri, tu vai di là io di qua”.
Dopo 10 minuti.
“Senti Nello è sparita… ma come ha fatto?”
“Ma hai capito chi era?”
“Se non l’hai capito tu che ti sei strofinato con lei, come potevo farlo io? Dai andiamo a dormire che è meglio, se no succede che domani non ci fa giocare l’allenatore, se verrà a sapere di questa sera”.
Nel letto non trovavo pace, il pensiero della Veneziana era troppo grande, cosi decisi di alzarmi e stare vicino al camino a guardare il panorama del paese sotto la neve. A un tratto sentii bussare al portone; pensai fosse Michele che aveva ancora dimenticato la chiave. Così, senza guardare giù, lanciai le chiavi: “chiudi bene il portone”.
Mentre saliva le scale, continuai dicendo: “Sei fortunato che non riesco a dormire per colpa di quella veneziana, sparire così proprio sul più bello”. “Fai con tutte cosi?”. Ed era là, davanti a me. Com’era sparita, così era riapparsa: “scusami ma….”. Non le lasciai finire la frase che le mie labbra si posarono sulle sue.
Furono ore stupende. I corpi ripresero a ballare il tango, si unirono. L’intreccio dei nostri corpi non lasciava scivolare via nemmeno una goccia del nostro profumo. Quelle ore stupende saranno sempre con noi. Fino a pochi anni fa, quelle rare volte che ci si incontrava al paese, i suoi occhi parlavano con i miei di quel tango di tanti anni fa.