Maurizio Tremolada | | 28/01/2003 |
Non necessariamente le maschere devono avere nella nostra vita ed in genere nella società una valenza negativa.
La storia del teatro ci è d'esempio.
Nel teatro greco le maschere portate dagli attori, tutti uomini, corrispondevano a dei prototipi di personaggi, cioè a dei modelli originari che avevano valore esemplare; per arrivare al Teatro dell'Arte dove le maschere, oltre a rappresentare un determinato soggetto, simboleggiavano uno stato sociale ed un modo di essere di una fascia della popolazione, fino ad essere con Pulcinella l’incarnazione di tutto un popolo.
Se poi pensiamo all'immaginario collettivo, ci sono le maschere usate nella storia del banditismo, ma ci sono pure quelle simboleggianti le rivalse dei popoli contro le ingiustizie ed i soprusi.
Certo che, tornando a noi, molto spesso il significato è quello di nascondere o mistificare o mediare i nostri modi di essere, i sentimenti o un pensiero spesso contrastante con delle linee sociali, magari altrettanto false, perbenistiche, paradossali e mascherate, che la società ci impone e ci propone come guida.
La vita di ognuno di noi è comunque una rappresentazione di determinate scene che sono parte del grande teatro che è la vita di questa società, e come su un palcoscenico, noi intercambiamo svariate volte le "gelatine colorate" alle luci di scena, o mettiamo occhiali di vario colore e gradazione, per mascherare sia l'essere, sia l'apparire, sia la personale percezione della realtà.
O per attacco o per difesa, molto spesso semplicemente per abitudine a non voler guardare dentro a noi stessi, usiamo maschere di svariate fogge.
Se sia giusto o no, è una domanda che probabilmente non può avere una risposta limpida, anche perché viviamo in una società completamente mascherata nei suoi valori più veri e più puri.