Antonella Cuppari | 16-07-2003 |
In una foresta del lontano Nepal viveva un branco lupi. Oscar era un lupacchiotto di pochi mesi che viveva con papà Roberto; la sua mamma, purtroppo, era invece morta proprio mentre lo stava mettendo al mondo.
I lupi, si sa, vivono insieme, cacciano insieme e si muovono insieme; ciò consente loro di sopravvivere nella pericolosa giungla.
Papà Roberto, però, era un lupo un po’ monello; quando andava a caccia con gli altri lupi, per esempio, si teneva la preda catturata tutta per sé e spesso gli capitava di litigare con gli altri maschi per delle sciocchezze. Oscar un po’ si vergognava per questo, ma in fondo suo papà era molto tenero con lui e insieme si divertivano a giocare, anche se a volte Roberto riusciva a bisticciare pure con lui!!
Un giorno, però, questo lupo ribelle la combinò davvero grossa; infatti, ferì un lupo anziano di nome Martin e questo solo perché quest’ultimo si era rifiutato di cedergli il posto in una piccola grotta al riparo dal sole cocente.
Era davvero troppo; Roberto aveva bisogno di una bella lezione. Tutti i lupi del branco si riunirono in cerchio attorno al colpevole; Oscar assisteva preoccupato alla scena da dietro un cespuglio, perché a lui, così piccolo, non era ancora consentito partecipare a quelle riunioni.
Si discusse tutta la notte e all’alba venne presa la decisione: Roberto era troppo pericoloso per la sopravvivenza di tutto il branco e sarebbe stato espulso mentre Oscar sarebbe rimasto nel branco e sarebbe stato accudito un po’ da tutte le mamme lupe del gruppo.
Oscar non credeva alle sue orecchie; cominciò a piangere e piangere, e corse dal suo papà.
Roberto, che inizialmente non era stato in grado di dire nulla, ad un tratto tentò di ribellarsi, ma subito gli altri lupi lo fermarono. Non c’era scelta; padre e figlio si dovettero salutare. L’unica cosa che Roberto fu in grado di dire è che era dispiaciuto, poi se ne andò.
Per Oscar cominciò una nuova vita, dura e difficile. Le mamme lupo non gli mostravano molto affetto, tanto erano occupate coi loro cuccioli; inoltre lui era, in fondo il figlio di Roberto, e temevano che, crescendo, potesse diventare come suo padre. Per il cucciolo la situazione era davvero dolorosa; il dispiacere per l’allontanamento del suo papà si trasformò in rabbia per quello che lui adesso, per colpa sua, doveva subire.
Nel frattempo Roberto vagava nella giungla tutto solo e passò molto tempo a riflettere e meditare. Inizialmente era arrabbiatissimo con tutti gli altri lupi perché sentiva di essere stato trattato ingiustamente. Poi, però, pensò a suo figlio, a come potesse stare in quel momento e a cosa potesse provare per un padre, che in fondo, non era stato sempre un buon modello per lui; gli tornarono in mente gli errori commessi e quell’anziano lupo che aveva ferito per una stupidata.
Una notte si avvicinò alla zona in cui il branco soleva dormire e silenziosamente cominciò a cercare suo figlio; lo trovò su una rupe che piangeva osservando la luna. Roberto cercò di avvicinarsi a lui; Oscar, sentendo dei rumori, si girò di scatto verso il padre e, non appena lo vide, il suo viso cambiò espressione. Roberto non ebbe neanche la possibilità di parlare; Oscar, in un batter d’occhio, era già scappato via.
Roberto, in quel momento, si convinse che con suo figlio non avrebbe avuto speranze e che non sarebbe mai stato perdonato. Ma in fondo cosa avrebbe fatto lui al suo posto? Quella notte non riuscì a dormire; pensò e ripensò ai bei momenti trascorsi con suo figlio, poi, esausto, all’alba si addormentò.
La mattina seguente i lupi andarono a caccia; Roberto vagava casualmente proprio vicino alla zona che il branco aveva scelto per cercare le prede. Ad un tratto ci fu un imprevisto: una tigre osservava il branco da dietro un cespuglio proprio mentre uno dei lupi, Jonny, avanzava da solo alla ricerca di una preda proprio in quella direzione.
Roberto, che osservava la scena, capì che lui era l’unico ad essersi accorto del pericolo e che avrebbe potuto fare qualcosa. Proprio mentre la tigre stava per balzare addosso a Jonny, Roberto urlò agli altri lupi di fuggire. La tigre, che era appena uscita allo scoperto, era furiosa e cominciò a inseguirlo. Una delle specialità di Roberto era proprio la corsa; quando era nel branco, infatti, era il lupo più veloce e scattante. In un attimo, così, Roberto seminò la tigre, che, amareggiata, si ritirò con la bocca asciutta e la pancia vuota.
Jonny e i suoi compagni tornarono alla loro base e raccontarono agli altri lupi l’accaduto. Oscar non credeva alle sue orecchie: suo padre era stato un vero eroe.
Ci fu una riunione e tutti i lupi decisero che a Roberto poteva essere data un’altra possibilità; fu suo figlio Oscar a cercarlo e a dargli la splendida notizia.
Roberto era all’apice della felicità. La prima cosa che fece fu quella di scusarsi con Martin, l’anziano lupo che aveva ferito, e con l’intera comunità per non essere sempre stato corretto e leale. Ad Oscar sembrava tutto così strano, ma era felice e si sentiva orgoglioso di essere diventato il figlio del lupo più coraggioso della giungla.
Quando tutti gli altri lupi andarono a dormire, padre e figlio si ritirarono nella loro tana, e Roberto, prima di addormentarsi, raccontò al lupacchiotto la storia di un lupo eroe che aveva salvato i suoi compagni da una tigre cattiva.