Il risveglio del pendolo

Livia Nascimben

  19-03-2007
 

Avevo 8 anni e giocavo con le bambole. Ero una madre responsabile verso le mie bambine, un adulto che ama e protegge, che punisce e poi abbraccia. Ed ero le mie bambole: la bambina disubbidiente che faceva di tutto per essere amata, che rubava dal portafoglio della mamma e fingeva di essere fortunata nel trovare 1000 £ per la strada; e la bambina brava a scuola e nello sport, amabile per le sue qualità.

Avevo 13 anni e mi guardavo attorno: i corpi in trasformazione, i maschi, il mondo, i ragazzi di 18 anni che uscivano in gruppo senza genitori al seguito, che andavano a ballare, che lavoravano e il sogno ad occhi aperti di essere già là.

Avevo più o meno 16 anni e i conti non mi tornavano: i miei coetanei erano in perenne conflitto con i propri genitori mentre io a casa stavo bene, loro facevano carte false pur di uscire con gli amici mentre io ero felice di fare compagnia a mio nonno. Avevamo la stessa età ma i nostri linguaggi erano diversi, doveva esserci una sola spiegazione: ero speciale, ero già matura!

Avevo 20 anni e mi sentivo immobile, indosso un’armatura di silenzio impenetrabile, ai piedi le zavorre di aspirazioni tradite; il sogno di diventare una persona competente e con una ricca rete di amici trasformato in delusione e rabbia. Speravo nella fase successiva, quella del giovane adulto, ma sapevo che avevo poco da illudermi: anche i bambini hanno sperimentato che non c’è fiore se dal seme non è cresciuta nessuna pianta!

Di anni poi ne ho avuti 22 e poi 23 e 24, nell’abisso in cui mi sentivo l’unica parvenza di vita me la dava il senso di onnipotenza: come per il gioco con le bambole, io ero chi mangia e chi viene mangiato, chi trasgredisce e chi punisce, chi ferisce e chi tenta di riparare, un regista con il blocco della fantasia e un attore costretto a recitare un solo copione e timoroso di cambiare. Solo che non era più il gioco spensierato di un pomeriggio, era la mia vita e non prevedeva nessun altro all’infuori di me.

Oggi ho quasi 30 anni, sono vicina alla laurea, in ritardo rispetto alle previsioni ma orgogliosa di essere prossima al traguardo, ho scoperto la passione per la fotografia, e con gli amici che ho sto costruendo il futuro. I miei genitori quest’anno sono tornati tra i banchi di scuola, mia madre studia inglese ed è partita dall’alfabeto, mio padre che ha passato una vita in banca ora fa un corso sulla comunicazione sociale. Il tempo è ripartito e, anche se non ho più 16 anni, posso dire a gran voce che sto diventando grande anch’io!

 

 

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