UNIVERSITA' DEGLI STUDI MILANO BICOCCA FACOLTA' DI PSICOLOGIA
Corso di laurea specialistica Psicologia clinica e neuropsicologia
RELAZIONE FINALE DI TIROCINIO “Gruppo della Trasgressione ”
Tiziana Pozzetti
21-09-2009
Tirocinio: post-laurea specialistica Durata: 6 mesi, dal 15 Marzo 2009 al 15 Settembre 2009, totale ore: 500 Tutor: Dott. Angelo Aparo Area: Psicologia Sociale Sede: Gruppo della Trasgressione, presso la C. C. di Milano di San Vittore.
Il Gruppo della Trasgressione nasce nel 1997 all'interno della Casa Circondariale di Milano, su progetto del dott. Angelo Aparo, psicoterapeuta che dal 1979 lavora a San Vittore in qualità di psicologo ministeriale ex art. 80. Inizialmente si tratta di un gruppo di detenuti del reparto penale maschile che, nella logica della legge Gozzini e della riforma carceraria del 1975, comincia a lavorare sulle condizioni che rendono realmente possibile il recupero del condannato.
Si tratta di un'esperienza pilota che cerca di onorare le indicazioni della nuova legge, la quale, lasciata alle spalle una logica puramente afflittiva, punta alla rieducazione del detenuto e alla sua emancipazione dalle condizioni che favoriscono l'attuazione del reato. I detenuti, però, sono tendenzialmente poco inclini a mettere in gioco i propri vissuti e le proprie problematiche in un ambiente che viene percepito coercitivo e inadatto ad accogliere i loro sentimenti. Il lavoro dello psicologo in carcere manca quindi delle premesse strutturali necessarie per ottenere un reale cambiamento dell'individuo; manca la libertà e la volontà del detenuto di curarsi, anche perché un cambiamento reale e profondo viene vissuto come pericoloso, in quanto presuppone l'emancipazione dalla logica di potere che vige tra detenuti.
Il Gruppo della Trasgressione tenta di superare questa impasse attraverso la costruzione di un ambiente che permetta una riflessione sulle dinamiche che portano al reato e sulle condizioni che ne permettono il superamento. Lo scambio attivo con la società esterna viene individuato come uno dei primi obiettivi del gruppo. Fin dai primi anni di attività, ne hanno fatto parte infatti anche cittadini esterni; nel 2002 il gruppo è stato aperto a studenti provenienti inizialmente dall'università Bicocca e poi da altre università di Milano. Oggi il Gruppo della Trasgressione è stabilmente costituito da detenuti e liberi cittadini, soprattutto studenti e laureati in psicologia, giurisprudenza e filosofia.
A differenza di molte altre realtà che operano all'interno del carcere, si tratta in questo caso di una riflessione che non parte dallo studio “del” detenuto ma da un lavoro portato avanti “con” il detenuto, il quale viene trattato come un “soggetto attivo” nel promuovere il proprio cambiamento e quello degli altri membri del gruppo.
Studiare insieme con chi commette reati fa evolvere il rapporto fra società e mondo deviante più di quanto si possa ottenere con gli studi degli esperti sul deviante e con la pena che il condannato sconta in carcere. Angelo Aparo
La messa in atto di comportamenti “devianti” non viene considerata una peculiarità esclusiva dei detenuti ma uno degli esiti possibili della vita dell'uomo. Questo modo di pensare la devianza consente di non cadere nella sterile suddivisione tra “buoni” e “cattivi”, che non lascia spazio al dialogo tra le due parti contrapposte.
In questi sei mesi di tirocinio, ho avuto la possibilità di conoscere il metodo, gli obiettivi e gli strumenti del Gruppo. Il lavoro si struttura generalmente attorno ad alcuni argomenti importanti su cui tutti i membri sono invitati a riflettere. Alcuni temi costituiscono i pilastri portanti dell'identità del gruppo stesso. Tra questi abbiamo il rapporto con l'autorità, la scelta, la sfida, la trasgressione, il rapporto con i limiti, il rapporto genitori-figli, l'imperfezione umana, e così via.
La riflessione al gruppo può nascere seguendo diverse vie:
il coordinatore propone un tema, spesso deliberatamente aperto, attorno al quale i membri sono invitati a riflettere. Viene così stimolata la produzione di scritti in cui ciascuno riversa parti di sé e della propria esperienza, definendo progressivamente i confini del campo. Sono significativi, a questo riguardo, titoli come “Il tiranno, l’artista e la compagna feconda”, “Le domande abortite del bullo” o “La nicchia, la crosta e il rosmarino”. In questo modo si genera, incontro dopo incontro, una storia che è costituita dall'intreccio dei diversi contributi di ciascun membro. Il risultato finale è una specie di racconto che appartiene a tutti e che diventa nel tempo parte della storia del Gruppo.
i membri del Gruppo propongono uno scritto su una loro esperienza, attuale o passata, su cui stanno riflettendo, oppure su vicende personali da cui sono stati colpiti o che li hanno turbati o su qualsiasi altro stimolo che reputano possa portare a una riflessione costruttiva. In questo caso succede sovente che lo scritto venga ricondotto in una delle grandi tematiche sopra citate, richiamando e arricchendo riflessioni già fatte in passato.
gli esperti ospiti al gruppo propongono la lettura di alcune opere d'arte (di musica, pittura, letteratura, ecc.) in una chiave che permetta l’incrocio delle opere con le tematiche trattate al gruppo. In questo modo anche le persone con modesta scolarità vivono il piacere di riconoscere i loro sentimenti e le loro esperienze nei grandi capolavori dell’arte. Tra gli esperti che ho avuto il piacere di conoscere c'è lo storico dell'arte Stefano Zuffi, che segue il gruppo con costanza da diversi anni e con il quale nascono continuamente nuove collaborazioni e progetti.
i “protagonisti delle avventure” portano al gruppo la loro esperienza. Si tratta di persone che per la peculiarità del loro lavoro o della loro scelta di vita, si trovano a vivere delle esperienze stimolanti e “trasgressive” nel senso costruttivo del termine. A titolo esemplificativo, vorrei citare l'esperienza portata al gruppo da Cristina Freghieri, un'esperta di immersioni subacquee, e quella portata da Suor Marilena, la quale ha vissuto parecchi anni in Guinea Bissau, come suora missionaria, e ha portato nella piccola aula in cui di solito ci ritroviamo, una miriade di colori, di posti e di volti nuovi e lontani.
Oltre a queste riunioni abituali che attualmente si tengono tutti i Giovedì presso la casa di reclusione di Bollate, i Mercoledì presso quella di Opera e i Lunedì e i Sabati pomeriggio al 3° raggio di San Vittore (e dal Settembre 2006 si sono estese, una volta alla settimana, anche presso la sessione femminile), il gruppo organizza altri eventi che consentono di coinvolgere nelle riflessioni fatte in carcere, anche i membri esterni alle mura. Tra questi eventi vorrei ricordare:
i convegni: quando un tema è stato lavorato a sufficienza si passa alla organizzazione di un convegno. Tale fase è importante, preziosa e delicata e costituisce un'occasione vitale per il gruppo. In primo luogo invita i detenuti a collaborare attivamente affinché l'iniziativa vada a buon fine; ciascuno è chiamato ad impegnarsi in prima persona, ciascuno sente di giocare un ruolo chiave per la buona riuscita del progetto; i detenuti vengono investiti di un ruolo e godono della fiducia da parte dei loro compagni, dei membri esterni del gruppo e del coordinatore. In secondo luogo la condivisione con l'esterno dei temi trattati arricchisce di senso il lavoro che è stato fatto. Durante i convegni si creano le condizioni adeguate affinché i liberi cittadini che vi partecipano possano osservare da vicino il fatto che il carcere può essere anche un luogo di progettualità e che i detenuti possono essere promotori di iniziative d'utilità pubblica e persone capaci di assumersi anche importanti responsabilità (particolarmente rappresentativo di quanto sopra è stato il convegno su “Il ritorno del figliol prodigo” con riflessioni legate al dipinto di Rembrandt);
gli incontri di prevenzione con le scuole: durante tutto l'anno scolastico gli studenti delle scuole medie superiori di Milano, accompagnati dai loro prof., vengono in carcere a conoscere il Gruppo della Trasgressione. Gli incontri durano in genere una mattinata; i membri del Gruppo, dopo una breve presentazione della loro attività, introducono l'argomento della giornata avvalendosi di alcuni scritti inerenti al tema o di alcune “piccole scenette” ideate e realizzate dai detenuti. Successivamente inizia la discussione che intreccia le idee e gli spunti provenienti dagli studenti con le risposte e le riflessioni dei detenuti. L'incontro con gli studenti è un momento importante per la società, nell'ottica della prevenzione di bullismo e tossicodipendenza. I membri del gruppo, detenuti e non, a seguito degli incontri in carcere, imparano ad accogliere le domande degli studenti ospiti e a offrire loro considerazioni che non si limitano a una “messa in guardia” dalle conseguenze negative del reato, ma che diventano soprattutto uno stimolo ad utilizzare le loro energie e abilità in modo costruttivo e a sostegno di una progettualità che sia utile tanto agli altri quanto, soprattutto, alla propria crescita ed evoluzione personale. Valorizzare le risorse e le abilità delle persone e orientarne l’attenzione verso vie alternative sulle quali investirle è una peculiarità del metodo del gruppo;
i concerti: uno dei progetti portati avanti dal Gruppo riguarda la possibilità di coltivare la “fecondità dell'imperfezione”. “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” canta Fabrizio De André. Il Gruppo della Trasgressione parte dal presupposto che gli “aspetti negativi” vadano accolti e rielaborati invece che nascosti. Partendo dai personaggi imperfetti cantati da Fabrizio De André, al Gruppo si riflette sull'imperfezione come caratteristica universale e peculiare dell'essere umano. Il carcere è sicuramente un luogo dove regnano le imperfezioni, ma è anche un luogo di grande umanità dove si possono incontrare personalità eccentriche e creative.
I temi cantati da De André hanno stimolato nel tempo una fiorente quantità di scritti da parte dei detenuti. I migliori vengono letti durante i concerti della Trsg.Band, musicisti semiprofessionisti che, intrecciando testi del gruppo e canzoni di De André, costruiscono un vero e proprio spettacolo. Il coordinatore del Gruppo, introduce e commenta le canzoni facendo svariati collegamenti con le attività che si svolgono in carcere, con storie di vita e riflessioni provenienti dall'esperienza del gruppo. Alle spalle della band vengono proiettati i quadri di Adriano Avanzini, un art director che dal 2005 collabora attivamente con il gruppo, e altri video abbinati alle canzoni. Sul palco vengono chiamati a leggere studenti e detenuti che, in questi casi come in occasione dei convegni all’esterno, ottengono il permesso di partecipare. Durante i concerti, effettuati dentro e fuori dal carcere, il pubblico viene trasportato in un mondo a lui generalmente estraneo; il risultato è che rimane colpito dalla complessa e coinvolgente realtà della evoluzione di tante persone.
Protagonisti di queste iniziative, attività e progetti sono i membri “storici”, che considerano il gruppo un loro bene importante e che con il loro impegno sono d’esempio per i nuovi arrivati. Questi ultimi, di solito, giungono al gruppo con le difese e le resistenze tipiche di chi vive in carcere ma, grazie all’atmosfera di autenticità che si respira attorno al tavolo, accedono gradualmente ad una dimensione affettiva e creativa che motiva il soggetto a problematizzare anche dall'interno la corazza con cui si difende.
Altri obiettivi del gruppo sono:
dare al detenuto la possibilità di riscattarsi in modo costruttivo attraverso una maggior consapevolezza di sé, dei propri limiti e delle proprie potenzialità, attraverso attività responsabilizzanti e attraverso il contatto con la società esterna;
la promozione culturale attraverso l'apporto di esperti provenienti dall'esterno e i progetti con loro realizzati;
la prevenzione nelle scuole di bullismo, comportamenti devianti e tossicodipendenza, attraverso gli incontri con i ragazzi;
la formazione professionale e crescita personale degli studenti e dei laureati delle facoltà di psicologia, giurisprudenza e filosofia che partecipano al gruppo;
il sostegno alle famiglie dei detenuti, con particolare attenzione ai figli, affinché non trasformino in agiti devianti la sofferenza per la mancanza dei genitori.
Gli strumenti che consentono il raggiungimento di questi obiettivi possono essere così riassunti:
il confronto dialettico: al gruppo si impara in primo luogo ad ascoltare. Si impara inoltre a mettere in relazione punti di vista diversi e a volte molto lontani tra loro, cercando punti di contatto tra posizioni apparentemente inconciliabili;
assegnazione d'incarichi di responsabilità: ogni attività svolta al gruppo implica una presa di responsabilità da parte dei detenuti nella riuscita dei progetti che si stanno costruendo insieme. Ci sono poi dei ruoli di responsabilità fissi, ad esempio il compito del “moderatore” è quello di coordinare gli interventi e mantenere l'ordine nei momenti di maggior concitazione;
la “funzione di gestazione reciproca”: tutti i membri, esterni ed interni sono in una posizione paritetica. Qualsiasi membro, prima o poi, arriva spontaneamente a trovarsi nel ruolo di maieuta per un altro membro del gruppo. I membri del gruppo, infatti, si spronano a vicenda a dare il meglio di sé e sperimentano l'esperienza gratificante d'accudire e supportare la sensibilità e le competenze sopite dell'altro;
il confronto con la società esterna e con gli studenti: ciò consente la messa a punto di una progettualità più realistica. Il detenuto inizia a rapportarsi con l'esterno fin da quando è in carcere, inizia ad affrontare il confronto in modo autonomo ma in un ambiente “protetto”, grazie al coordinatore del gruppo che lo indirizza, lo incoraggia e lo “limita/contiene” nel momento del bisogno. Questo “mettersi alla prova” di fronte alla società, consente al detenuto di assimilare modelli di comportamento adeguato ad un contesto sociale serio, carico di aspettative e che lo mette sotto pressione. Questo permette al detenuto, una volta uscito, una maggior capacità di relazionarsi con gli altri in modo costruttivo, creandosi così delle opportunità. Ciò diminuisce la probabilità di una recidiva;
il gioco: attraverso il gioco, l'individuo può scoprire la ricchezza delle sue capacità e del rapporto con l’altro. I giochi che vengono proposti sono spesso giochi di logica, che chiedono al detenuto l'esercizio di diverse abilità: l'ascolto delle istruzioni, l'elaborazione di strategie adatte a superare il problema, la capacità di tollerare la frustrazione conseguente alla difficoltà della richiesta. Partendo dai ragionamenti fatti, si passa poi ad evidenziare alcune tendenze di pensiero caratteristiche dell'uomo, come quella di autoimporsi dei limiti non presenti nelle condizioni poste inizialmente. In questo modo si passa, quasi senza rendersene conto, da un'attività concreta e piacevole a una discussione impegnativa ma capace di stimolare l’introspezione;
il gergo: si tratta di parole che racchiudono “la sintesi di un concetto che rappresenta uno snodo importante nel continuum del lavoro” (Silvia Casanova, Tesi di Laurea). Una parola gergale racchiude in sé anche implicazioni e dinamiche affettive che contribuiscono all’identità del gruppo;
la creatività: tutti i membri del gruppo sono incoraggiati a dar voce alla propria creatività; i prodotti che ne risultano (testi, dipinti, fotografie, ecc.) vengono spesso utilizzati come mezzo di comunicazione dentro e fuori dal carcere. Alcune di queste opere divengono nel tempo patrimonio dell'identità del gruppo;
il sito: un’area estremamente importante, sopratutto al fine della creazione della memoria storica del gruppo, è il sito internet su cui le opere e i lavori dei membri del gruppo vengono raccolte. Il sito www.trasgressione.net è un intreccio di vite, di storie, di lavori e collaborazioni, di fatiche, di speranze, di sogni, di obiettivi e traguardi raggiunti.
La mia esperienza al Gruppo della Trasgressione mi ha permesso di conoscere tutto ciò che ho descritto nell'unica modalità possibile per chi lo frequenta: vivendolo. Mi è stata data l'opportunità di partecipare attivamente alla realizzazione di tutti i progetti portati avanti in questo periodo, mi sono state fornite innumerevoli occasioni per poter rendere il mio contributo costruttivo per me stessa e per il resto del gruppo. E' stato valorizzato il mio impegno e la mia “voglia di fare”, attivando un circolo virtuoso che ha incrementato il mio investimento e il mio guadagno personale. Durante il mio percorso al gruppo sono stata costantemente seguita e guidata dal coordinatore e dalle altre ex-studentesse che frequentano il gruppo da più tempo. Contemporaneamente mi è stato dato anche lo spazio per esprimermi in modo autonomo e per assumermi le mie responsabilità.
Al di là delle capacità tecniche che si possono apprendere seguendo e collaborando nella realizzazione dei vari progetti, ciò che più di tutto ho imparato al gruppo è l’allenamento ad assumere punti di vista differenti, trovare il tempo per prestare attenzione a quei temi su cui generalmente non si discute: l'importanza delle relazioni con gli altri, l'importanza della crescita personale, non solo fisica o intellettuale, ma anche morale e umana.
In carcere ci sono persone che hanno cercato di raggiungere “l'obiettivo” barando: sul cammino della crescita hanno scelto il percorso meno faticoso, il “giro corto”, perché più veloce, più semplice. Adesso stanno pagando con anni di reclusione i chilometri di vita che hanno rubato a se stessi. Questo è l'obiettivo: non solo evitare che il detenuto torni in carcere una volta uscito, ma anche guidarlo a riconoscere e ad assaporare gratificazioni alternative all’ebbrezza delle fantasie di onnipotenza e all'eccitazione del reato.