La lampada di Aladino

 

Angelo Aparo

Aladino e Jasmine sono innamorati. Aladino ha bisogno di crescere, di elevare il proprio status per raggiungere la principessa; è vero che lei lo ama così come egli è, ma è anche vero che lui è un povero disgraziato e ai papà delle principesse, spesso, i poveri disgraziati piacciono meno dei principi.

E inizia l'avventura per poter chiedere al re la mano di Jasmine.

Dopo un po', Aladino giunge alla famosa lampada e si trova davanti al genio onnipotente; ne accetta l'aiuto e gli chiede degli strumenti per evolversi, degli strumenti con cui lavorare, per fare un salto qualitativo e diventare un ricco e potente signore.

L'amore della principessa ce l'aveva già, ma grazie al Genio (che, per la sua onnipotenza al servizio di chi non può da solo, ci ricorda la mamma devota di Winnicott) migliora il suo status fino a essere riconoscibile come figura paritetica alla principessa.

 

Andando avanti con la storia, Aladino perde la lampada, che finisce nelle mani di Jafar, un personaggio importante di corte, il gran visir, secondo solo al Re. Jafar, a sua volta, chiede al Genio di esaudire i suoi desideri, ma il suo obiettivo è l'onnipotenza.

Forse dobbiamo pensare che Jafar non è cresciuto in una situazione tale da fargli prendere serenamente congedo dall'onnipotenza infantile? Sta di fatto che Aladino è innamorato e non ambisce all'onnipotenza; chiede degli strumenti per raggiungere la sua innamorata; Jafar non è innamorato, vuole anche lui Jasmine, ma essenzialmente ha bramosia di potere, il più grande potere possibile, quello del re; non chiede gli strumenti per crescere, ma un intervento che lo faccia diventare onnipotente.

Risultato: Aladino raggiunge la sua innamorata, essendo cresciuto. Jafar raggiunge la propria onnipotenza, apparentemente essendo cresciuto tantissimo, ma in realtà, rimanendo prigioniero della sua bramosia.

Come raggiunge la sua onnipotenza? Perché grazie a delle coincidenze (che, se esaminiamo la cosa in chiave strutturalista, sono previste fin dall'inizio della favola), egli acquisisce l'onnipotenza del genio, ma eredita anche il suo compito, con il risultato che Jafar viene incapsulato nella lampada a fare da servitore agli altri che nei secoli si troveranno a sfregarla.

La lampada del genio, per definizione, contiene un genio: onnipotente per potersi mettere al servizio di chi possa sfruttare questa forza, ma prigioniero della lampada; tanto prigioniero e tanto onnipotente, da far pensare che prigionia ed onnipotenza coincidano.

In tutto questo c'è qualcosa che ci ricorda Winnicott: illusione e disillusione.


La forza del genio è fondamentale, ma può essere utilizzata da una persona che, grazie a questa forza, impara a fare i conti con la realtà, oppure da chi si invaghisce di una forza e di una fantasia di indipendenza fini a se stesse.

Perché questa favola? Siamo forse all'ora della buonanotte? No, siamo nell'ora dell'eroina; stiamo parlando della tossicodipendenza e della distruttività, la distruttività in cui si cade per paura di mettersi in gioco, per timore di non avere strumenti sufficienti per affrontare il gioco di crescere. Si fa riferimento ad una sostanza, a un tiro di dadi, a qualcosa che possa illudere di liberarsi per magia da una condizione di malessere, di disagio, di incapacità a riconoscersi, liberarsi da una situazione nella quale non si è capaci, magari perché è oggettivamente difficile, di confrontarsi con gli ostacoli della realtà.

La persona che si buca può vivere per anni in questa situazione, avendo sempre più bisogno della sostanza che lo illude di poter vincere lo smarrimento e la sua impotenza; ci può stare per anni, ricorrendo ad uno strumento che, come la lampada di Aladino, sembra in grado di garantire l'indipendenza assoluta da tutto. Con l'eroina si ottiene l'indipendenza dal freddo, dalla fame, dalla solitudine, ma si rimane completamente schiacciati dalla propria incapacità di confrontarsi con il lavoro e con la frustrazione.

Con la Lampada di Aladino, abbiamo parlato dell'eroina senza citarne la composizione chimica e senza dare dati statistici che io non conosco, anche se ho conosciuto migliaia di persone che si bucano, molte delle quali, già morte di A.I.D.S.

Con la Lampada di Aladino, abbiamo anche parlato di due diversi modi di portare avanti la sfida personale.

Il genio è una mamma? Sì, il genio è una mamma duttile, che può interagire in modo propulsivo con un bambino che sta crescendo, ma che può anche appagare il desiderio regressivo della fantasia onnipotente; è una mamma suscettibile di diventare una mamma devota o una "mamma eroina"!

Abbiamo due persone, Aladino e Jafar: l'uno è un bambino che addestra la mamma a dargli quello che gli occorre per crescere, l'altro fa diventare il genio una mamma sterile, perché gli chiede di appagare e di sostenere soltanto il suo senso d'onnipotenza.

Dipende anche dal bambino il buon funzionamento della cellula duale e, più in generale, della cellula familiare e dell'organismo sociale. Se altrove abbiamo detto che l'ambiente familiare influenza lo stile con cui il soggetto impara a interpretare se stesso, Aladino e Jafar esemplificano come la mamma e tutte le risorse esterne virtualmente disponibili sono influenzate dal modo in cui il soggetto si dispone ad utilizzarle.

La cosa stimolante è che, nella favola, tutti e due i personaggi ottengono quello che vogliono: l'uno cerca l'onnipotenza, l'altro la crescita, ed entrambi vengono accontentati!