Il dormiveglia delle coscienze nell'intervallo del varietà

 

Nicoletta Sasso

Ogni giorno, davanti al telegiornale, assistiamo comodamente seduti in poltrona, inerti ed estranei, con la sigaretta in bocca e le ciabatte ai piedi, a tragiche storie, a eventi delittuosi, a drammatici episodi raccontati dalle voci rammaricate dei cronisti. Ed ogni giorno, terminato il triste rituale spegniamo la sigaretta e cambiamo canale… inizia il sospirato varietà… dopo un guizzo di accorata e sincera partecipazione, dimentichiamo quegl'infausti avvenimenti, relegando la responsabilità di giudicare e punire alla GIUSTIZIA, a quell'entità tanto ricercata, quanto astratta e difficile da definire.

"E la vita va avanti…" ci si ripete ogni sera, finché una sera qualcosa ci colpisce davvero, qualcosa scuote le nostre menti; ma attenzione: dev'essere qualcosa di veramente eccezionale, di scandalosamente orrido, qualcosa di inumano per svegliarci da quel di torpore dei sentimenti che immancabilmente si avvia ogni giorno davanti al TG.

…e di fronte al delitto che, ancora una volta, ha superato l'immaginabile le argomentazioni si fanno serrate, lo sdegno impregna le nostre parole e la rabbia cresce subdola in un lento climax; le voci raddoppiano, alcune ci sostengono altre ci contrastano, ma la discussione è aperta: Vendicare o punire? Nascondere o correggere?

E un vortice di domande, dubbi e considerazioni si intrecciano alla rabbia, al dolore, al desiderio di perdonare e alla consapevolezza di non esserne capaci, alla disillusione che questa dea Giustizia non ci protegge e non ci salva nemmeno…

"Perché quel delinquente lo ha fatto? Perché procurare tanto dolore?"

Le risposte sono tante e ognuno sceglie quella che meglio si adatta alla sua reazione istintiva di vendetta o di perdono,

"in fondo quello è un animale senza un briciolo di pietà, perché averne di lui? E perché perdere tempo nel cercare delle risposte? Tanto non se le merita…bisogna solo chiuderlo in carcere il prima possibile e con il massimo della pena!"

Una voce isolata si propone di "ricucire quello squarcio che il criminale ha creato dentro se stesso e nella vita delle sue vittime… accogliere quella domanda confusa tra interlocutori che non si conoscono" e che non conoscono neanche loro stessi.
È una voce che propone di affrontare la realtà nella sua complessità:

"da un lato, fare spazio alle vittime e al loro bisogno di gridare al mondo il loro dolore; dall'altro, trovare il giusto compromesso tra punizione e rieducazione…sì, proprio rieducazione…perché è questo il vero scopo della giustizia: regolare e ristabilire, punire e non vendicare, dare e non togliere libertà…

"...ma quale libertà può essere concessa a un detenuto?"

"La libertà da se stesso, la libertà di ricostruirsi uno spazio personale, la libertà di poter nuovamente scegliere…"

"...il carcere ci appartiene, ci appartengono i suoi contenuti, è una delle stanze del nostro edificio sociale, non un cestino dove evacuare i rifiuti; troppo spesso e per troppo tempo ci siamo considerati estranei alla realtà carceraria, come se non ne facessimo parte: il male è una piccola ombra che c'è in ognuno di noi e che in taluni prende il sopravvento..."

"...le condizioni per cui ciò si verifica possono essere diverse… scelte operate dalla persona stessa oppure obbligate dalle situazioni…"

Ma, una dopo l'altra, le voci si spengono rapidamente…

"Ssstt! E' iniziato il varietà!".