Ogni giorno, davanti al telegiornale, assistiamo comodamente seduti in poltrona, inerti ed estranei, con la sigaretta in bocca e le ciabatte ai piedi, a tragiche storie, a eventi delittuosi, a drammatici episodi raccontati dalle voci rammaricate dei cronisti. Ed ogni giorno, terminato il triste rituale spegniamo la sigaretta e cambiamo canale inizia il sospirato varietà dopo un guizzo di accorata e sincera partecipazione, dimentichiamo quegl'infausti avvenimenti, relegando la responsabilità di giudicare e punire alla GIUSTIZIA, a quell'entità tanto ricercata, quanto astratta e difficile da definire.
"E la vita va avanti " ci si ripete ogni sera, finché una sera qualcosa ci colpisce davvero, qualcosa scuote le nostre menti; ma attenzione: dev'essere qualcosa di veramente eccezionale, di scandalosamente orrido, qualcosa di inumano per svegliarci da quel di torpore dei sentimenti che immancabilmente si avvia ogni giorno davanti al TG.
e di fronte al delitto che, ancora una volta, ha superato l'immaginabile le argomentazioni si fanno serrate, lo sdegno impregna le nostre parole e la rabbia cresce subdola in un lento climax; le voci raddoppiano, alcune ci sostengono altre ci contrastano, ma la discussione è aperta: Vendicare o punire? Nascondere o correggere?
E un vortice di domande, dubbi e considerazioni si intrecciano alla rabbia, al dolore, al desiderio di perdonare e alla consapevolezza di non esserne capaci, alla disillusione che questa dea Giustizia non ci protegge e non ci salva nemmeno
"Perché quel delinquente lo ha fatto? Perché procurare tanto dolore?"
Le risposte sono tante e ognuno sceglie quella che meglio si adatta alla sua reazione istintiva di vendetta o di perdono,
"in fondo quello è un animale senza un briciolo di pietà, perché averne di lui? E perché perdere tempo nel cercare delle risposte? Tanto non se le merita bisogna solo chiuderlo in carcere il prima possibile e con il massimo della pena!" |
Una voce isolata si propone di "ricucire quello squarcio che il criminale ha creato dentro se stesso e nella vita delle sue vittime
accogliere quella domanda confusa tra interlocutori che non si conoscono" e che non conoscono neanche loro stessi.
È una voce che propone di affrontare la realtà nella sua complessità:
"da un lato, fare spazio alle vittime e al loro bisogno di gridare al mondo il loro dolore; dall'altro, trovare il giusto compromesso tra punizione e rieducazione sì, proprio rieducazione perché è questo il vero scopo della giustizia: regolare e ristabilire, punire e non vendicare, dare e non togliere libertà "...ma quale libertà può essere concessa a un detenuto?" "La libertà da se stesso, la libertà di ricostruirsi uno spazio personale, la libertà di poter nuovamente scegliere " "...il carcere ci appartiene, ci appartengono i suoi contenuti, è una delle stanze del nostro edificio sociale, non un cestino dove evacuare i rifiuti; troppo spesso e per troppo tempo ci siamo considerati estranei alla realtà carceraria, come se non ne facessimo parte: il male è una piccola ombra che c'è in ognuno di noi e che in taluni prende il sopravvento..." "...le condizioni per cui ciò si verifica possono essere diverse
scelte operate dalla persona stessa oppure obbligate dalle situazioni
" |
Ma, una dopo l'altra, le voci si spengono rapidamente
"Ssstt! E' iniziato il varietà!".