Incontro a Bisuschio (VA)

Livia Nascimben

  26-02-2008
 

Il gruppo oggi incontra alcune classi dell’Istituto Valceresio di Bisuschio. Il viaggio è lungo e in macchina si discute sul tema della giornata: la libertà di scelta. Secondo la prospettiva adottata dal gruppo, la scelta distruttiva finisce per ridurre la gamma delle scelte successive possibili. Chi abusa del proprio potere confida di solito di poterne trarre profitto, ma nel tempo la sua scelta riduce la gamma delle relazioni possibili, quanto meno con le persone danneggiate.

In qualunque punto del percorso si trova, in qualunque circostanza, l’uomo ha comunque la possibilità di scegliere tra qualcosa che è più o meno distruttivo e qualcosa che è più o meno costruttivo. In questo senso la libertà di scelta non si dà una volta per tutte, pur se ci sono delle scelte che allargano la piattaforma delle relazioni possibili e altre che la riducono.  

Arrivati a scuola, Aparo presenta brevemente agli alunni gli obiettivi e il tema della giornata.

L’obiettivo del progetto è stimolare a diventare proprietari delle proprie scelte e costruire insieme un’esperienza significativa per i detenuti e per gli studenti. Mano a mano che una persona compie delle scelte si producono delle conseguenze che portano ad allargare o a restringere le possibilità di scelta successiva.

Facciamo un esempio. Un rapinatore esce di casa portando con sé una pistola, non la vuole usare, la tiene in tasca –dice lui- “in caso di necessità”. Entra in banca e dice al cassiere: “dammi i soldi e tutto andrà bene”. Ma succede che il cassiere si oppone, arriva la polizia, il rapinatore prende un ostaggio, c’è una sparatoria e uccide un uomo. Un giudice lo condannerà per rapina e per omicidio. Noi possiamo chiederci quando e come ha cominciato a definirsi la piattaforma dalla quale è nato un assassino. Una possibile risposta la cerchiamo insieme.

Facciamo un gioco. E’ simile al gioco di “Piazza della Responsabilità” che già conoscete, vedo sui muri i cartelloni. Stavolta partiamo da “Piazza della Libertà”. C’è un paese con una piazza principale chiamata “Piazza della Libertà”. Come prima cosa proviamo a definire come si chiamano le altre piazze della città.

 

 

I nomi delle piazze collegate a Piazza della libertà:

  • Piazza del Rispetto (Irma)
  • Piazza della Giustizia (Mattia)
  • Piazza del Dovere
  • Piazza della Decisione
  • Piazza dell’Uguaglianza
  • Piazza della Felicità (Francesca)
  • Piazza della Cultura
  • Piazza della Parola (Erika)
  • Piazza della Scelta (Sara)
  • Piazza del Potere (Giulio)
  • Piazza dell’Ascolto
  • Piazza della Paura
  • Piazza del Rancore
  • Piazza dell’Insicurezza (Livia)
  • Piazza della Comunicazione (Enzo)
  • Piazza della Collaborazione
  • Piazza della Furbizia
  • Piazza della Conseguenza (Mattia)
  • Piazza della Saggezza (Andrea)
  • Piazza del Riconoscimento
  • Piazza della Consapevolezza
  • Piazza dell’Espressione (Vanessa)
  • Piazza della Fraternità
  • Piazza della Convivenza (Marzia)
  • Piazza dell’Amore
  • Piazza dell’Ignoranza
  • Piazza della Realizzazione
  • Piazza dell’Educazione

 

Bene, ora cerchiamo di costruire le vie (cioè dei discorsi sensati) che colleghino queste piazze alla piazza principale. Ovviamente, le piazze non sono tutte collegate direttamente a Piazza della Libertà. Ognuno cominci con l’esercitare la propria facoltà di scelta decidendo quali collegamenti fare.

Irma: Io ho parlato di Rispetto. Per me la propria libertà finisce dove inizia il rispetto per le altre persone.

Marzia: Io ho parlato di Convivenza. Secondo me si arriva a convivere con gli altri passando per la via della pazienza e del rispetto delle regole.

Enzo: Il carcere ti chiude alla Comunicazione con l’esterno, ma il detenuto ha bisogno di tenere aperta la comunicazione con la propria famiglia senza scordarsi delle vittime; altrimenti la pena non serve a nulla.

Erica: La mia piazza è quella della Parola. La parola è un modo per riuscire a comunicare ed è collegata all’ascolto.

Sara: Per me libertà significa potere scegliere e tenere conto che le scelte hanno sempre delle conseguenze.

Jennifer: Per me l’ignoranza ti fa commettere errori, i crimini si commettono spesso in modo impulsivo.

Vito: Non sono convinto che abbiamo la libertà di scelta. Ho scelto io ma in conseguenza di cosa?

Jennifer: Ho amici in carcere; non sempre vuoi finirci dentro, sono le situazioni a portarti a sbagliare.

Vito: A volte si compiono delle microscelte che negli anni ti portano a fare rapine. Io non ho creato lo spazio per riconoscere l’altro, non riconoscendolo, gli sono passato sopra. Non dico che la responsabilità è esterna, della famiglia, della società, dico che la rapina non è solo la scelta di un momento.

Caterina: Mi pare che Vito esprima una contraddizione: non siamo liberi di scegliere, ma compiamo delle microscelte. Una rapina è da vedere nella storia ma la libertà di scelta c’è sempre. Il contesto familiare, l’istruzione condizionano, ma se fossimo completamente determinati non esprimeremmo la nostra umanità.

Enzo: Il contesto conta molto: origini da un punto, da quello compi un percorso e a volte succede che scoppi senza neanche rendertene conto. Per uscire da questa condizione occorre trovare un amico diverso da te capace di stimolarti.

Studente: Gli amici li scegli uguali a te. Se vuoi bere una sera, esci con amici che bevono. Se vuoi farti una canna, stai con amici che fumano.

Davide: La scelta è legata a una conseguenza, è la causa di una conseguenza.

Irma: Entro certi limiti, siamo liberi di compiere delle scelte. E’ dal rispetto che dipendono le nostre scelte. La libertà di scelta si esaurisce dove inizia il rispetto dell’altro.

Studente: Sono d’accordo, per rispettare gli altri occorre limitarsi.

Sara: anche per me è così, dobbiamo scegliere ma dobbiamo tenere conto degli altri.

 

 

Alessandro: Il discorso di Irma è un’utopia. Se fosse come dice lei non ci sarebbero soprusi e la gente in carcere. La realtà funziona che la gente pensa alla propria libertà. Nel reato si valica la libertà degli altri.

Aparo: se con la tua condotta violi la libertà altrui, nel farlo hai affermato la tua libertà o no? Irma dice che la libertà dell’altro costituisce un limite alla mia libertà. Allora chiedo: se invadi la libertà dell’altro sei più libero?

Alessandro: La persona crede di ampliare la propria libertà, ma guardando dall’esterno diminuisce; con la pena diminuiscono le possibilità di scelta. Sulla distanza la tua libertà diminuisce perché riceverai una punizione.

Vanessa: Violare lo spazio dell’altro non è affermare la propria libertà, ma imporre i propri bisogni, le proprie necessità.

Studente: E’ un imporre. Poi entra il discorso delle leggi che limitano la tua libertà.

Studente: Non sono d’accordo con Irma. I limiti sono imposti dalla legge e dalla società. Le classi sociali più disagiate sono fregate, quelle più ricche prevaricano la libertà delle altre.

Mattia: Sono d’accordo con Vanessa. Non è cercare la propria libertà ma cercare di imporla. Cerchi di importi sull’altro.

Aparo: Imponendoti su di me hai la sensazione di essere più libero?

Mattia: Hai la sensazione, ma non sei più libero. Non ti ha dato niente di più, hai dei vantaggi relativi che sulla lunga distanza non sono più vantaggi.

Studente: Sono d’accordo con Alessandro. Le conseguenze delle nostre azioni ricadono su di noi, ma non sempre fai scelte consapevoli. Nell’atto della rapina la situazione può degenerare e non hai piena consapevolezza delle tue azioni, però prima sapevi che ci sarebbe stata la possibilità di uccidere. Allora devi pensarci di più prima.

Marzia: Nel momento in cui compi il reato non pensi né ad aumentare né a diminuire la tua libertà. Ci sono dei motivi che ti portano a trasgredire, credi che la tua vita migliorerà ma poi ti penti.

Debora: Non tutti hanno la libertà di potere pensare alle conseguenze di un’azione, dietro alla tua crescita c’è il contesto. Chi rapina non sceglie, è diventato prigioniero di un tipo di vita da cui non riesce a liberarsi.

Enzo: Chi commette un reato, come chi smette di mangiare, non è libero. Non pensi alla libertà dell’altro fino a che non ti interroghi, fino a che non hai una guida che ti aiuta a parlare con la tua coscienza. La libertà è preclusa già nel momento in cui trasgredisci. Se non hai la libertà dentro vivi a metà, non pensi all’altro.

 

 

Aparo: Molti interventi sembrano affermare che l’uomo non abbia la libertà. Insomma, la libertà ce l’abbiamo o no?

Antonietta: Io sono d’accordo con Debora. Alla sua età non studiavo e pensavo poco. In carcere ho sentito di avere perso tempo e ho cominciato a studiare.

Jennifer: La libertà non esiste. La libertà non è decidere che maglietta mettere. La libertà è imposta dalla società, io non posso fare quello che voglio. Commetto crimini per affermare il mio potere.

Giuseppe: Siamo uomini, non animali, non si può vivere senza regole. La società per andare avanti ha bisogno delle regole.

Jennifer: Siamo liberi ma non sappiamo di esserlo.

Davis: La libertà ce l’abbiamo tutti, dire di non averla è una scusa. Io ho cambiato molte compagnie perché non le vedevo giuste. Sono io che scelgo come, dove e quando. Quando fai il danno non riesci a pensare che sei tu a farlo e dici che sono le circostanze.

Studente: A volte si arriva in un punto che non puoi più uscirne. 

Sara: Abbiamo la libertà ma dobbiamo averne consapevolezza. In una situazione pensiamo di essere costretti ma se, ci pensassimo meglio, vedremmo che abbiamo la possibilità di scelta. Abbiamo più libertà di quanta non crediamo di averne.

Vito: La libertà della sopraffazione non è una vera libertà, non perché a distanza di tempo verrai punito, ma perché se fai fuori chi hai di fronte non lo riconosci; diversamente non lo faresti fuori.

Debora: Chi arriva a compiere un crimine ha un problema con se stesso o non peggiorerebbe la propria situazione con un reato. Nel reato vedi una via d’uscita, una soluzione al problema che è cresciuto in te. Non è la circostanza che agisce per me ma è qualcosa dentro di me che non va che è condizionato dalla circostanza. 

Alessandro: Vito parlava del non riconoscimento del valore dell’altro. Ma qual è il motivo per cui si fa del male a chi hai di fronte? Non è l’aumentare il tuo potere?

Aparo: Alessandro sta dicendo che l’azione dell’uomo non è legata solo al passato ma anche agli obiettivi. Un obiettivo –dice- è estendere il proprio potere. L’estensione del potere e l’estensione della libertà coincidono o presentano delle differenze?

Giulio: Per cercare la libertà ho abusato del mio potere. Sentivo di non essere parte della società e usavo il potere per dimostrare che ero capace. In quei momenti mi sentivo libero ma alla fine quel potere mi ha portato in carcere. La libertà per me, mi dispiace, non esiste.

Davis: I detenuti avevano un potenziale che hanno sprecato. A noi dico: mettiamo il nostro potenziale in una direzione positiva.

Sara: Il reato è la via più facile per risolvere un problema. Chi commette un reato non si pone il problema che con la via più lunga non va nei guai.

Irma: Quando fai un reato non ci pensi, lo capisci sempre dopo.

Vito: Se affino le capacità nel trasgredire difficilmente affino altre capacità. Per uscire dalla trasgressione ho bisogno di un evento più forte di quanto mi serva per continuare a trasgredire.

Davis: C’è molta gente che ritorna in carcere. Voi quante carcerazioni avete fatto?

Vito: Per noi è la prima.

Davis: Allora continuo il mio ragionamento. Molte volte l’andare in carcere risulta inutile tanto che quando esci commetti altri reati. Qual è la soluzione? Bisognerebbe capire perché si è finiti in carcere.

Maurizio: La legge è la legge, c’è e occorre rispettarla. Non tutte le persone sono uguali. Si potrebbe impiegare la stessa forza usata per fare un reato anche per uscire da una situazione critica, e le cose potrebbero andare meglio. Occorre cambiare l’obiettivo e superare le difficoltà e migliorare.

Simone: Un mio amico è stato adottato, ha sentito una mancanza e ha trasgredito. La libertà è difficile da mantenere, ci sono dei fattori che intervengono e che ti ostacolano.

Jennifer: Il carcere è difficile e ti segna. Fuori difficilmente trovi lavoro. E poi in carcere frequenti persone criminali. Se sei stato in isolamento, quando esci hai voglia di uccidere qualcuno.

Aparo: Questo è il tema della rieducazione. La giornata di oggi non è dedicata a questo tema pur se questo è un tema vasto che merita attenzione. In carcere, ma anche fuori, esistono delle condizioni per capire maggiormente se stessi o per dimenticarsi di se stessi; delle condizioni nelle quali la consapevolezza di sé aumenta oppure no. Chi lavora in carcere, di solito, dice che il carcere non favorisce la consapevolezza di sé. Quali sono le condizioni entro le quali la consapevolezza di sé viene arricchita e quelle dove si restringe?

Giuseppe: Scontata una pena la persona ha una volontà diversa per la sua vita, penso, spero.

Giulio: Non è così. Se non avessi trovato il sistema di riflettere, al termine della pena continuerei a trasgredire. Non è facile ritagliarsi lo spazio per riflettere, in carcere sei ostacolato dagli altri detenuti, dalla cultura carceraria. Il gruppo è uno strumento, non è imposto dalla direzione, puoi non frequentarlo, io ho scelto liberamente di riflettere insieme.

Mattia: Parto dal presupposto che la libertà non è limitabile, lo stato non può limitare la tua libertà di uccidere, tu decidi di non avere valori, lo stato può imporre solo la certezza della pena, se pensi di non poterla fare franca non delinqui.

Aparo: Bene, se non ci sono più interventi, proviamo a fare un riassunto di quanto emerso.Ci stiamo districando tra diversi pensieri:

  • Esiste o no la libertà di scelta?
  • E’ determinata soprattutto dal passato o dagli obiettivi futuri?
  • La storia passata riduce la libertà di scelta attuale, o in ogni istante siamo liberi di scegliere?

Giulio, in modo contraddittorio, ha affermato che per lui la libertà non esiste ma che lui ha scelto liberamente di partecipare al gruppo. Abbiamo parlato anche della rieducazione.

L’uomo diventa se stesso giorno dopo giorno e ogni giorno egli può coltivare o meno la propria libertà e la consapevolezza di sé. E’ illusorio credere che la consapevolezza dell’uomo sia sempre uguale in qualunque posto si nasca e si cresca. Non si vuole negare che, comunque stiano le cose, ognuno di noi può decidere cosa fare di sé, ma è evidente che alcune scelte si prendono in salita, altre in discesa. Rimane il fatto che in ogni momento puoi decidere la strada più distruttiva o più costruttiva, ma a seconda di quanto ti sei inguaiato, di quanto hai perso il riconoscimento altrui o di quanta fiducia hai guadagnato, varia la facilità di procedere in una direzione o nell’altra.

Sabato al carcere di Bollate un detenuto parlava di tradimento e diceva: “Io sono stato tradito (nel senso che nel rapporto con gli adulti di riferimento invece che sentirmi protetto e sostenuto, mi sono sentito abbandonato e non pensato); ma se mi si chiede se sia stato il tradimento patito a determinare la vita che ho fatto, non so rispondere. Voglio pensare che non sia stato il tradimento a determinare le mie scelte, ma io stesso.”Il detenuto non ha dichiarato di non essere stato influenzato, affermava di avere bisogno, per sentirsi se stesso, di dire a se stesso che è stato lui a scegliere indipendentemente dai condizionamenti.

Giulio: Io a quella riunione avevo detto che lui voleva pensare in quel modo per non sentirsi debole. Lui sa qual è la causa che lo ha portato lì, ma se dice che ha sbagliato per quello si sente male. Mi sembrava che avesse bisogno di credere di avere deciso lui stesso per non sentirsi privo di volontà.

Aparo: Giulio dice: se il male che ho fatto ad altri non sono stato io a volerlo ma il passato, allora io cosa sono? Una foglia in autunno?

Enzo: Se dico a me stesso che non sono io ad avere scelto di fare, ad esempio, rapine, è come se dicessi che la responsabilità della rapina è di mio padre e non deriva dalla mia libertà di scegliere, come se fosse stato mio padre a darmi il via. Il problema è che se non riesco a ricucire il rapporto con mio padre perdo lui e anche me stesso. Contemporaneamente è un problema dire che il passato ti condiziona, in questo caso è come tradire il padre.

Aparo: Se non ti dichiari proprietario delle tue scelte è come se accusassi chi nel passato ha determinato le condizioni in cui si sono materializzate le scelte problematiche. E allora cosa possiamo fare per non accusare chi nel passato ha segnato la nostra strada? Diciamo che siamo noi a decidere: “sono cattivo, ho ucciso perché ho voluto farlo”. Ma adesso che ho affermato che sono cattivo, mi sento più libero?

Per aumentare il nostro margine di scelta che cosa ci è più utile pensare? Che siamo sempre noi a decidere o che siamo condizionati dal passato? In altre parole, il nostro orizzonte di scelte si apre di più quando diciamo a noi stessi che abbiamo scelto di far male perché come unici e pieni piloti di noi stessi o quando ci diciamo che siamo stati indotti a farlo da qualcosa che delimitava il nostro campo di scelte senza che noi ce ne rendessimo completamente conto?

La psicologa della scuola: Questo discorso rappresenta il dilemma della persona che si mette in discussione, non riguarda solo chi trasgredisce. Mi autoassolvo o vivo un forte senso di impotenza? Occorre alimentare la consapevolezza che pur nelle difficoltà c’è la possibilità di cambiare, di fare scelte diverse.

Aparo: La libertà è bella ma sfuggente. Qualcuno dice che c’è sempre e qualcuno che non c’è mai. La libertà diventa mentre noi diventiamo. Non è data una volta per tutte, non è vero che ad una stessa età due persone hanno la stessa quota di libertà. Ognuno di noi deve rispondere delle proprie scelte, ma questo non vuol dire che abbiamo in tasca tutti la stessa quota di libertà. Giorno dopo giorno, a seconda delle condizioni che trovi e delle scelte che fai, il tuo orizzonte si allarga o si restringe, il tuo coefficiente di libertà aumenta o diminuisce. Se diminuisce, per tornare ad allargarlo, devi fare una scelta impegnativa e in salita. La nostra libertà è una condizione che cambia via via che noi stessi ogni giorno maturiamo la nostra identità; ogni giorno che viviamo è utile per coltivare oggi una maggiore quota di libertà domani.

Ieri a San Vittore, in previsione dell’incontro di oggi, abbiamo riflettuto sul concetto di libertà e sono emersi questi modi di vederla:

  • la libertà in relazione alla quantità di scelte alla nostra portata;
  • la libertà come possibilità di fare ciò che altri non possono fare;
  • la libertà come possibilità di sentire pienamente quello che si vive e ciò cui ci si sta dedicando.

L’uomo si muove all’interno di una tessitura complessa; ciascuno di noi contribuisce alla costruzione della propria libertà grazie all’impegno sulle condizioni date e con le relazioni che la favoriscono. L’albero della libertà può crescere solo in un campo di cui ci si prende cura; ci sentiamo liberi non quando siamo privi di vincoli, ma quando sentiamo che, all’interno dei vincoli che abbiamo in un dato momento, ci stiamo adoperando per ampliare la portata del nostro sguardo e delle nostre relazioni.