Vittima e carnefice |
Antonio Catena | 02-11-2010 |
Il suicidio è un argomento difficile proprio per la drammaticità dello stesso. Io associo la figura del suicida all’immagine di una persona che viene torturata. La tortura è così persistente e dolorosa che per trovare sollievo si ricorre alla morte. Nel caso del suicida io trovo però che il torturato e il torturatore siano la stessa persona; la vittima è il carnefice di se stesso, anche se il dolore che prova deriva da eventi e condizionamenti esterni.
Penso che ciò che permette di divenire un possibile suicida non siano solamente i condizionamenti e gli eventi negativi, perché nella vita, chi più chi meno, tutti soffrono o hanno sofferto per eventi dolorosi: vi sono dolori che non passano mai e bisogna conviverci, ma per farlo bisogna avere gli strumenti, quelli che mancano al suicida. Il dolore del suicida viene vissuto nella propria solitudine: è lì che cresce fino a diventare una vera e propria tortura.
Quali sono gli strumenti che possono aiutare una persona ad affrontare il proprio male? Io credo che siano gli stessi che permettono di formare la propria identità: scoprire i propri limiti, acquisire la consapevolezza delle proprie potenzialità e svilupparle, acquisire competenze interagendo con gli altri, trovare il proprio posto all’interno della società, ma non un posto forzato, un posto dove ti trovi a tuo agio, dove ti senti appagato e gratificato prima da te stesso per quello che fai, e poi dagli altri.
Tutto questo non ti viene dato alla nascita, bisogna faticare per ottenerlo. Quanti sopravvivono ma non vivono? Quante persone passano il loro tempo a drogarsi? Non è forse questa una lenta forma di suicidio? Quanti giovani si provocano autolesioni? Non sono queste forme di richiesta d’aiuto? Tutto questo accade sempre più frequentemente, perché da soli in questo mondo non è facile trovare la propria identità. Non siamo molto diversi da un bambino che deve imparare a camminare: se non vi è qualcuno che lo aiuta a fare i primi passi, o un sostegno che lo aiuti a rialzarsi quando cade, quel bambino continuerà a gattonare.