Le mie scelte |
Alberto Marcheselli | 19-06-2008 |
Nel corso dell’incontro di giovedì scorso al Gruppo della Trasgressione si è discusso sull’argomento della verità, o meglio, su come una verità oggettiva possa essere utilizzata da un individuo per giustificare le proprie azioni. Dai racconti e dalle osservazioni di alcuni di noi veniva fuori che un avvenimento della vita di importanza rilevante, come il sentirsi trascurati da un genitore o l’abbandono da parte di uno di loro, che sono delle verità oggettive, fisiche, possano diventare nel tempo, oltre che elemento scatenante per eventuali devianze, una sorta di scudo dietro cui ripararsi, sentendosi in qualche modo meno responsabili delle proprie scelte auto o eterodistruttive.
Questa lettura, se debbo riferirmi anche alla mia storia personale, mi trova concorde solo in parte. Se è vero, infatti, che il fatto che io sia cresciuto senza padre sino a 24 anni (età in cui, incuriosito di sapere come la pensasse, ho deciso di frequentarlo) è stato probabilmente uno dei motivi per percorrere la strada che mi ha portato in carcere, è altrettanto vero che, almeno a livello conscio, non mi sono mai nascosto dietro questo accadimento identificandolo come causa prima di tutti i miei guai. Se utilizzassi questo metro per misurare le mie responsabilità, con tutti i guai ed i disastri che ho messo insieme nella vita, credo che trovarmi dove sono diventerebbe non la conseguenza indesiderata di un percorso sbagliato ma piuttosto un traguardo attivamente cercato.