Il rancore per me stesso |
Mario Comisso | 14-10-2003 |
Secondo me, è difficile sapere quanto può influire negativamente sulle persone; a volte non è neppure facile distinguerlo, spesso lo si confonde con la rabbia o con l’odio. Naturalmente parlo di quello che capitava a me; ma con gli anni credo di avere imparato a riconoscere questo nodo, che giorno dopo giorno lascia quel sapore d’amaro in bocca.
La rabbia la smaltisci subito se ne hai l’opportunità, diversamente si affievolisce perché hai la possibilità di riflettere; l’odio, trovo che sia un parente della rabbia dotato di maggiore determinazione.
Quello che uno come me si porta dietro da una vita è proprio il rancore: rancore per una persona cara che hai amato e ti ha deluso, e non riesci a fartene una ragione; rancore per le ingiustizie che sento di aver subito o per essere stato misurato attraverso carte o fascicoli.
Insomma, potrei riempire intere pagine per i vari e tanti rancori, ma il più ossessivo, il più presente, quello che più mi logora, è il rancore per me stesso per non aver dato il doveroso sostegno nei momenti di bisogno ai miei cari, per aver causato tanto dolore e dispiacere alle persone che di me si fidavano e per avere agito negando loro il diritto ad una vita normale.