Marcello Lombardi | 26-03-2005 |
Il dipinto del Masaccio illustra una mia condizione, aiutandomi così a sentirmi meno solo e confuso. Se da un lato, mi identifico con Adamo e mi sento costretto ad abbassare lo sguardo e a nascondermi; dall’altro, l’intensità del dipinto mi permette di godere almeno di qualche istante dì illuminazione. La scena del Masaccio mi risparmia senso di isolamento e mi aiuta a trasformare la sofferenza in conoscenza. L'angoscia di Adamo ed Eva che stanno per lasciare il paradiso non è un'esperienza esclusivamente loro; nei volti e nelle posizioni delle due figure trovo l'essenza stessa dell'angoscia, l’idea della nostra fallibilità e fragilità. Tutti, prima o poi, siamo cacciati dal Giardino del Paradiso. |
Attraverso la lettura di una tragedia d'amore, un corteggiatore respinto si eleva al di sopra della propria situazione, cessa così di essere un uomo che soffre in solitudine e diventa parte di un vasto consorzio di esseri umani che, nel tempo, si sono innamorati senza raggiungere la loro meta. In questo modo la pena e la sofferenza perdono quel carattere di maledizione individuale e diventano più tollerabili. |