L'abbraccio e la battaglia |
Walter Madau | 01-07-2004 |
Tempo fa, in cantina, trovai una vecchia tela.
Non sapevo di quel quadro. C’ero io, abbracciato a mio padre. Tornavo dopo una lunga assenza, una storia sconnessa, satura di dolore. Gettavo le braccia al collo di mio padre, infedelmente, da ipocrita.
Alla nostra destra erano raffigurate altre persone del paese, dipinte mentre mi fissavano preoccupate. Mi chiesi fra me e me: ma chi sono questi personaggi? Cosa vogliono da me? Li conosco? Non so chi siano e non voglio mischiarmi a loro.
L’abbraccio tra me e mio padre durò a lungo; cercava il mio sguardo; lo trovò e lo ricambiò con il suo che divenne lucido, angosciato, duro e profondo. Penetrante come la vita quando è difficile; una vita che, come una battaglia, si può vincere solo con il vigore di mille soldati.
Mi guarda senza parlare, senza punirmi, senza ira né pietà.
Mi guarda soffrendo in silenzio, capendo che non sono ancora tornato. Capisce che il ritratto è una buffonata, capisce e non fa uccidere nessun agnello per un incontro che non ne è degno, per un abbraccio falso. Non fa nulla, continua a guardarmi senza dare sentenze, senza muovere un passo verso di me.
Aspetterà che io torni realmente al suo fianco, insieme a lui.
Aspetterà il mio ritorno alla guerra, alla sfida tanto amata e preziosa.
Aspetterà il mio aiuto, il pezzo mancante.
Adesso guardo nuovamente quel vecchio, brutto dipinto riempirsi sempre più di vita. E osservo mio padre, il luccicare sofferto del suo sguardo, poco fiero ma molto coraggioso.
Mi allontano da lui per qualche istante, mi avvicino ai tre abitanti del paese perché voglio dire loro che sono Walter, che sono tornato, che non voglio più fare la guerra perché sento che ho tante altre cose da fare qui.
Li guardo ancora per un istante, perché vedano che non sto mentendo, che sono leale.
Alcuni di loro abbassano lo sguardo, lo specchio dei loro pensieri, ed io capisco. Vorrei chiedere scusa, ma sento che non è ancora giunto il momento, né il luogo.
Non ho paura o vergogna a rimanere ancora con loro, ma preferisco tornare da mio padre, occupare un posto al suo fianco, chiedergli tutto e niente, sentire il suo braccio contro il mio.
Fortunatamente c’è ancora tempo per combattere.