Le due cene di Emmaus

Incontro con Stefano Zuffi

Livia Nascimben

19-01-2009  

Stefano Zuffi: Questi incontri rappresentano un momento di libertà per le opere d’arte. L’opera d’arte spesso è ingabbiata e sepolta sotto luoghi comuni, commenti ripetuti, manipolati, usati; si pensi all’uso della Gioconda nella pubblicità. L’arte vive, esiste, ha senso se c’è qualcuno che la guarda, si confronta con essa e, nei casi migliori, trova nelle opere un frammento della propria vita, della propria esperienza.

Caravaggio, l’artista di cui parleremo oggi, è uno degli autori più antichi e più noti. E’ nato a Milano, pur se ha il nome di una cittadina nel Bergamasco. Il nome è un omaggio al padre, vissuto a Caravaggio e morto di peste quando lui era ancora piccolo. A 20 anni lascia Milano e si trasferisce a Roma, città florida di artisti. Non ha ancora un proprio stile, inizia a Roma l’attività vera e propria di artista. La sua carriera dura 20 anni, dal 1590 al 1610, anno in cui muore a causa di una recidiva fatale di febbre malarica.

Caravaggio è un artista ribelle, fa della trasgressione lo stile della propria vita. All’inizio della sua carriera non guadagna molto, ma esprime tenacemente il proprio stile fino a quando alcuni committenti non lo valorizzano. Diventa in breve l’artista più noto e controverso del tempo. Ha spesso guai con la giustizia, è un sorvegliato speciale della polizia papale, molte notizie su di lui ci giungono proprio dai verbali della polizia. I suoi guai sono stati un crescendo di violenza: schiamazzi, violenze a ragazze, percosse, risse, fino all’omicidio del 1606, da lui rivendicato come legittima difesa.

Dopo l’accusa di omicidio scappa da Roma aiutato da alcuni committenti, va a Napoli e poi a Malta dove riceve gli onori ed entra a far parte dei cavalieri. Successivamente viene arrestato per una rissa, ma riesce a fuggire dalla prigione con l’aiuto di un amico. Scappa prima in Sicilia, poi torna a Napoli. Lì viene coinvolto in una rissa, viene sfregiato, scambiato per un altro, arrestato e messo in carcere. Ma è un equivoco. In un secondo momento, viene riconosciuto e scarcerato. Spera di ricevere la grazia papale, ma perde la nave per Roma per la revisione del processo per cui era accusato. Si ammala e muore.

In sintesi questa è la sua storia. Caravaggio è ribelle, rompe con la tradizione, propone, non sempre con successo, il proprio stile. Vuole esprimere la disponibilità a cambiare: si mette in discussione dipingendo spesso uno stesso soggetto ma con diverse impostazioni. Non è un artista amato e desiderato per il suo andare contro le convenzioni, ma per questa sua disponibilità a cambiare.

Ieri è stata presentata a Brera una mostra a lui dedicata. La prima iniziativa promossa per celebrare i duecento anni dalla fondazione della Pinacoteca di Brera di Milano è dedicata proprio a Caravaggio.

Il dipinto che vedete è uno dei dipinti presenti alla mostra di Brera: “La cena in Emmaus”.  Riprende un episodio del vangelo: l’apparizione misteriosa di Cristo risorto. Due fedeli stanno andando a piedi verso Emmaus e commentano la morte di Cristo in croce: “è la fine delle nostre speranze e della fede”. Lungo il cammino si unisce a loro un terzo viandante col quale continuano la discussione, poi decidono di cenare insieme. Il terzo personaggio, Cristo che inizialmente non viene riconosciuto, spezza e benedice il pane. I due discepoli lo riconoscono: “è il Signore risorto!”. E nell’istante in cui lo riconoscono, scompare.

Questo è un soggetto frequente nella pittura, insolite sono le circostanze in cui è stato dipinto: è un quadro incompiuto al momento dell’omicidio, nel 1606. Quando scappa Caravaggio lo porta con sé e lo termina nelle tenute degli aristocratici che gli danno cure e protezione. Lo completa da esule, da condannato a morte. E’ a Brera dal 1939.

Nella scena sono presenti cinque personaggi, due in più rispetto alla storia presentata dal vangelo: siamo ad una cena, è normale che ci siano anche un oste e un’ostessa che portano la cena al tavolo. Caravaggio non si limita a tradurre il vangelo, ma lo interpreta.

E’ un dipinto apparentemente semplice. Lo sfondo è scuro, come spesso nei suoi dipinti, la luce è laterale, arriva da sinistra. In realtà è un’opera molto costruita: il discepolo a sinistra è seduto al di qua del tavolo, quello a destra è sul lato corto del tavolo, Cristo è dietro, l’oste è dietro Cristo. L’ombra di Cristo sulla pancia dell’oste indica che Cristo non è un fantasma, non è incorporeo. Caravaggio vuole comunicare che la resurrezione è anche fisica, non solo spirituale. La componente dello spazio è molto importante, dà un senso di profondità. La tavola è spoglia, vi sono solo una ciotola di insalata, due pani e una brocca; è il piano attorno a cui si organizzano le figure. La donna porta la carne, il piatto forte della cena, che è semplice, non sontuosa, in una modesta osteria di paese.

Qualche anno prima, la data esatta non si conosce, probabilmente 5/6 anni prima, Caravaggio dipinge una tela con lo stesso soggetto e dimensioni simili. Quella tela, conservata alla National Gallery di Londra, è in Italia per un confronto. E’ una pittura più luminosa, con più dettagli. Lo sfondo è neutro, non scuro, ocra. Cristo è centrale. La ricerca della definizione di luce e ombra e la disposizione delle figure sono analoghe. La tavola è più ricca: ci sono un pollo, una bottiglia, tre pani, in primo piano un cesto di frutta fresca, quasi oltre il bordo del tavolo.

Questa è la disponibilità a cambiare idea e stile di cui dicevo prima. Caravaggio ha avuto la capacità di mettersi in dubbio: non ha stabilito una volta per tutte qual era il suo stile, non era accondiscendente verso i committenti e nemmeno nei propri confronti.

Un dipinto, in cui è presente un cesto simile a quello della “Cena in Emmaus” a Londra, è il “Canestro di frutta”. E’ una natura morta, l’unico quadro di Caravaggio senza figure. All’epoca era considerato un grande artista chi era in grado di dipingere nudi, ma Caravaggio dice: “ci vuole tanta manifattura nel fare un quadro buono di fiori e frutti, non meno che di figure”.

Ne il “Ragazzo con canestro di frutta”, a Roma, come anche nel “Concerto” a New York è presente lo stesso ragazzo, ma in pose differenti.

Palazzo Marino, fino a novembre 2008, ha ospitato le due versioni della “Caduta di San Paolo. San Paolo, persecutore dei cristiani, in viaggio verso Damasco, viene accecato da una luce divina e cade da cavallo. Da quel momento cambia radicalmente vita, nome e diventa cristiano. Caravaggio non la mostra la prima versione del quadro nemmeno ai committenti, a dimostrazione che è un artista che medita su di sé, sulla propria espressione. Per il momento mi fermo.

 

Aparo: Hai esordito dicendo che i dipinti propongono dei personaggi che attendono dei fruitori per dare loro vita e diventare discorso. Anche oggi faremo uso di questa tua indicazione.

 

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Link utili:

http://www.caravaggio.rai.it/

http://www.francescodebenedetto.it/caravaggio.htm