Stefano Zuffi su Caravaggio

Redazione

28-02-2005  

Il quarto incontro del gruppo con lo storico d’arte Stefano Zuffi è dedicato a Caravaggio. Nella prima fase dell’incontro Zuffi intreccia la vita dell’artista con le sue opere; successivamente i membri del gruppo esprimono le loro sensazioni di fronte ai dipinti.

 

PREMESSA

Zuffi: Sono stato chiamato a parlare del rancore, il tema su cui il gruppo sta lavorando, ma nella storia dell’arte il rancore non è rappresentato. Il rancore ha una dimensione temporale, si usa infatti l’espressione “covare rancore”, è difficile trasmettere sulla tela il portato del tempo; è più facile rappresentare le conseguenze del rancore: i torti subiti portano, ad esempio, il rancore ad esprimere la sua forza e nelle opere d’arte ne possiamo scorgere gli effetti.

 

DALLA VITA DI CARAVAGGIO

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (dal nome di una cittadina a sud di Bergamo), nasce a Milano nel 1571. La sua storia è ricca di episodi drammatici che si riflettono nelle sue opere.

Intorno al 1590, si trasferisce a Roma, a quel tempo meta obbligata di artisti provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa. I primi tempi sono per lui difficili: i mezzi limitati, il carattere violento e l’insofferenza verso il proprio destino non favoriscono il suo inserimento nell’ambiente artistico. Inizialmente dipinge, al servizio di pittori già affermati, dettagli di fiori e frutti.

 

Fiori e frutta

 

Raggiunta faticosamente l’indipendenza, dipinge quadri a carattere profano, soggetti di strada, umili, non scene sacre o mitologiche ma personaggi intenti in occupazioni quotidiane: ne I bari è mostrata una partita a carte in cui uno dei giocatori tiene una carta dietro la schiena.

 

 

I bari

 

 

La buona ventura, invece, ritrae una zingarella che, col pretesto di leggere la mano ad un ragazzo, gli sfila l’anello dal dito.

 

La buona ventura

 

Diventa celebre presso collezionisti dell’epoca con quadri piccoli, dove sono presenti poche figure su sfondo chiaro. Questa fase della sua pittura è caratterizzata dalla luminosità e dai paesaggi neutri o chiari: il Riposo durante la fuga in Egitto mostra la capacità di Caravaggio di tradurre l’episodio sacro in chiave realistica, rappresenta una scena idilliaca dove un angelo suona il violino e San Giuseppe gli sorregge lo spartito.

 

Fuga in Egitto

 

Nel 1600 si presenta per Caravaggio un’occasione importante: gli vengono commissionati tre dipinti per la cappella in San Luigi dei Francesi dedicata a San Matteo; una novità per l’epoca: solitamente a lato dell’altare si trovavano affreschi, non tele. La prima versione di San Matteo e l’angelo, in cui l’angelo è seduto con le gambe accavallate e i piedi in primo piano, fu giudicata priva di decoro e rifiutata; nella seconda versione, attualmente sull’altare, l’angelo detta sempre il Vangelo a San Matteo, che è in una posa disinvolta in precario equilibrio su uno sgabello e il piede è visto di profilo.

 

San Matteo e l'angelo

 

Nella Vocazione di San Matteo è presente un movimento da destra a sinistra e da sinistra verso destra: Gesù, seminascosto da San Pietro, addita San Matteo al tavolo, quest’ultimo si chiede se è lui ad essere stato indicato e San Pietro gli risponde affermativamente.

 

Vocazione di San Matteo

 

Nel Martirio di San Matteo il corpo di San Matteo è per terra in un impossibile tentativo di difesa, il carnefice col corpo nudo in primo piano impugna la spada. Tra le figure che osservano la scena riconosciamo l’autoritratto del pittore e il chierichetto dagli occhi neri che tenta di scappare.

 

 

Martirio di San Matteo

 

 

Rispetto al passato, Caravaggio dipinge tele grandi destinati alle chiese, con molte figure che emergono dall’ombra mostrando il loro sofferto carico di emozioni. Viene spesso accusato di volgarità ed eccessiva brutalità.

La vita di Caravaggio è un susseguirsi di risse, ferimenti e querele. Nel 1606 uccide un rivale in amore in una rissa durante una partita di calcio ed è condannato alla decapitazione. Fugge da Roma e si reca a Napoli; qui dipinge Le sette opere di misericordia, un grande dipinto in cui la Madonna è seduta come su un palco di angeli ed assiste alla scena; le opere di misericordia sono rappresentate tutte assieme e sono da scoprire sulla scena.

 

Le sette opere di Misericordia

 

Successivamente Caravaggio si trasferisce a Malta dove viene proclamato Cavaliere. Qui dipinge un’altra opera di prestigio: la Decollazione del Battista, il più grande dipinto di Caravaggio e l’unico firmato, col rivolo di sangue che esce dal collo mozzato di San Giovanni Battista.

 

La decollazione di San Giovanni

 

Scappa anche da Malta, si rifugia in Sicilia, per tornare poi a Napoli. La grazia sembra prossima. In questo periodo il pittore viene assalito e sfregiato. Dipinge il Davide con la testa di Golia dove ritorna il tema delle teste mozzate, filo conduttore di molte sue opere dopo la sentenza di decapitazione, e sono visibili anche i segni dello sfregio sulla fronte di Golia.

 

Davide con la testa di Golia

 

 

Nel 1610 a Porto Ercole aspetta di partire per Roma e di ottenere la grazia. Scambiato per un’altra persona viene incarcerato e liberato dopo due giorni, ma la nave, con i suoi averi, è già partita.

 

Prototipo dell’artista maledetto, Caravaggio muore malamente all’età di 39 anni.

Di seguito, alcuni degli scambi nel corso dell’incontro.

Testimoni della scena

Zuffi: Caravaggio è un artista che piace, induce chi osserva l’opera a non sentirsi estraneo a ciò che avviene nel quadro, attiva un processo di immaginazione e di interazione con le figure della scena, vince l’indifferenza da parte di chi guarda e invita al confronto. Non siamo spettatori passivi ma testimoni oculari coinvolti della scena; Caravaggio rappresenta qualcosa che sta avvenendo sotto i nostri occhi e noi siamo chiamati a rispondere di ciò che vediamo, a dare un nostro contributo.

 

Nel Martirio di San Matteo, Caravaggio si autoritrae, tra i personaggi, come testimone della scena e si mette nella stessa posizione dell’osservatore che è chiamato a dire la propria.

 

Autoritratto, un particolare del "Martirio di San Matteo

 

 

Enzo: Gli occhi del bambino sono neri, lui non può e non deve vedere il martirio che si sta compiendo, ma anche gli altri personaggi sembrano non volere intervenire, appaiono come figure statiche e il carnefice sembra vincere su tutti.

Zuffi: Nel Martirio di San Matteo i personaggi si ritraggono, a differenza di come vedremo nella Decollazione del Battista dove i detenuti, seppur in una condizione di impotenza ad agire, si protendono verso la scena del crimine.

Dimitri: L’espressione del volto del Caravaggio sembra indicare il disprezzo per la cultura del tempo.

Aparo: Questa tela mi ricorda l’immagine di Dio con Adamo della Cappella Sistina; in quel caso, però, le mani giungono a toccarsi e Adamo viene elevato alla vita; nella tela di Caravaggio, l’angelo ha qualche difficoltà a raggiungere San Matteo col ramo che tiene in mano, come se, in questo caso, l’elevazione alla vita superiore risultasse più problematica.

Zuffi: Davide con la testa di Golia è uno dei quadri più inquietanti dipinti da Caravaggio.Il giovane Davide ha ucciso il gigante Golia ma non ha l’aria del trionfatore, ha utilizzato la sua astuzia per colpire l’unico punto lasciato libero dalla pesante corazza di Golia, ma appare quasi mosso a compassione verso l’avversario, come provasse lo stesso sentimento di morte e dolore di Golia. Golia sembra stupito di essere stato sconfitto.

 

Davide con la testa di Golia

 

 

Armando: Il volto scuro di Golia mi sembra rappresenti il nero del rancore.

Massimo: Mi colpisce che Caravaggio dipinga molte scene di omicidio.

Livia: Nella battaglia con me stessa quando ignoro o metto a tacere parti di me imperfette non c’è né vinto né vincitore. Non vedo più ciò che ho allontanato ma mi sento come Davide con in mano la testa di Golia, malinconica, vuota, lontana dal trionfo e dalla possibilità di cercare di arricchirmi dallo scontro e da ciò che è diverso dal mio ideale.

 

Vedere e non vedere

Zuffi: Osservando i particolari del Martirio di San Matteo si nota che Caravaggio ha gli occhi aperti, mentre il bambino ha gli occhi neri. L’occhio aperto è segno di partecipazione di tutta la persona, l’occhio è uno degli strumenti di senso più immediati e forti di cui si serve il pittore per guardare e rappresentare il mondo. Il bambino ha gli occhi neri come se non volesse, potesse e dovesse vedere.

Il rapporto tra vedere e non vedere è un molto significativo per quell’epoca, l’interrogativo su quale sia il limite tra ciò che si può vedere e ciò che si può dire di avere visto è tipico di questo periodo. Agli inizi del ‘600, Galileo usa il telescopio e compie importanti scoperte sulle stelle e sulle rotazioni degli astri, ma le sue idee contrastano gli insegnamenti della chiesa; in molti si rifiutano di vedere la fondatezza delle sue scoperte ed egli è costretto ad interrompere i suoi lavori; Shakespeare scrive l’Amleto col suo celebre monologo Essere o non essere.

Marta: Gli occhi neri del bambino mi ricordano le maschere di Venezia, senza la vita nei loro occhi. Sono angoscianti e mi rimandano ai negozietti di Venezia, “ai tanti occhi inespressivi delle maschere che mi fissano giudicanti.”

 

Vuoti da riempire

Danilo: Mi colpisce come in alcuni dipinti sia presente dello spazio vuoto, come se Caravaggio avesse lasciato in sospeso qualcosa da dire.

Zuffi: Caravaggio dipinge l’essenziale, lo spazio neutro sollecita noi a dire, a far vivere nel quadro le nostre esperienze e vissuti. La sua pittura è essenziale, sobria.

Nella Decollazione del Battista lo sfondo è scuro e gran parte della scena è vuota. San Giovanni Battista è stato decapitato; i veri motori della tragedia sono assenti, il carnefice ha agito in modo violento ma per opera di un potere imposto dall’alto, ha posato la spada a terra e sta estraendo un coltello da dietro schiena per infliggergli il colpo di grazia.

Aparo: Nella Decollazione del Battista, l’attenzione di chi osserva viene richiamata da ciò che accade sulla sinistra, dove San Giovanni viene ucciso, ma sul luogo del crimine sono ritratti anche due carcerati nella classica condizione di impotenza. La luce investe la scena principale mentre i due detenuti restano nell’ombra, in una zona scarna di particolari.

 

Particolare dalla decollazione di San Giovanni

 

Caravaggio dipinge l’opera in un tempo in cui non è ancora in carcere, ma sa bene che è stato giudicato colpevole d’omicidio e che su di lui pende la condanna dell’esecuzione capitale. Caravaggio non è solo nel personaggio che uccide (nella realtà lui è un omicida) o in colui che è prossimo alla morte (la firma vergata col sangue sgorga dal collo del martire), ma è anche nei detenuti che guardano impotenti e, con tutta probabilità, poco fiduciosi nel potere.

L’incontro si conclude con l’invito al gruppo ad interagire con i contenuti dell’incontro e con i sentimenti che i dipinti ci hanno attivato.

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Link utili:

http://www.caravaggio.rai.it/

http://www.francescodebenedetto.it/caravaggio.htm