L’Officina di Via Belgioioso, nata dalla collaborazione fra il dott. Francesco Scopelliti, responsabile del ser.T del carcere di Bollate e il dott. Angelo Aparo, coordinatore del Gruppo della Trasgressione, giunge al suo primo appuntamento aperto al pubblico.
Il 28/29 gennaio 2011, nel teatro interno della 2° Casa di Reclusione di Milano – Bollate, in presenza di circa 200 persone fra detenuti, operatori penitenziari, insegnanti, docenti universitari e liberi cittadini, sulle bancarelle principali della Fiera sono stati presentati il Mito di Sisifo, una piece agrodolce del Gruppo della Trasgressione che intreccia il mito con le vite vissute dai detenuti e Una slot machine per chiedere chi sono, una rappresentazione della dipendenza dal gioco e dalla droga presentata dal Gruppo Giornale, una delle unità operative dell’Officina di via Belgioioso.
Lucia Castellano, direttore 2° Casa di Reclusione Milano - Bollate - Foto di Alessio Ferraro
Molte le autorità e i personaggi importanti presenti: dott.ssa Lucia Castellano, direttrice del carcere di Bollate; dott. Davide Clerici, direttore sociale ASL di Milano e dott.ssa Rossana Giove, direttore ser.T3 ASL di Milano; gli educatori del carcere di Bollate, dott. Bezzi e dott.ssa Catia Bianchi; Eliana Vamvakinos, storica dell’arte; dott. Claudio Mencacci, direttore Dip. Neuroscienze e UO Psichiatria Az. Osp. Fatebenefratelli, Milano; dott.ssa Maria Rosaria Sodano, giudice di Corte d'appello; dott.ssa Maria Gabriella Gentile, direttore SC Dietetica e Nutrizione Az. Osp. Ca’ Granda, Milano; prof.ssa Marina Mombelli, docente di Psicologia Giuridica dell’Università Cattolica, Milano; sig.ra Noevia Podestà, interessata alla prevenzione del bullismo e moglie del Presidente della Provincia di Milano; dott.ssa Antonella Sparaco, odontoiatra Ospedale Sacco di Milano; i professori d’orchestra: Matteo Fedeli, Mauro Benaglia, Andrea Carcano; la Trsg.band, braccio musicale del Gruppo della Trasgressione.
Sono presenti anche la troupe televisiva di Mimmo Spina (Rai News24), che da alcuni mesi collabora con il Gruppo della Trasgressione e che ringraziamo perché porta la televisione in un luogo che ha bisogno di attenzione, il carcere; Alessio Ferraro che ha sottolineato la ricchezza delle due giornate con un superlativo reportage fotografico.
Giovanni Crisiglione - Foto di Alessio Ferraro
Giovanni Crisiglione, detenuto a Bollate, apre la giornata, riassumendo brevemente che l’Officina di via Belgioioso nasce come progetto comune fra detenuti e operatori del ser.T3.
Introducono Francesco Scopelliti e Angelo Aparo
Nel carcere di Bollate, quando non avevamo risorse sufficienti per il trattamento, la principale attività era costituita dallo screening necessario per avviare i soggetti verso le comunità esterne. Appena avuta la possibilità di rafforzare l’organico, abbiamo aperto l’attività trattamentale “L’Officina di via Belgioioso”: una iniziativa avviata in sintonia con la direttrice dott.ssa Castellano e con gli orientamenti di questo istituto, un modo di procedere che promuove fra operatori e utenti nuove modalità di relazione e nuovi modi di puntare agli obiettivi, una metodologia che abbiamo importato dal Gruppo della Trasgressione, col quale conduciamo le due giornate.
La Fiera dell’Officina, oltre a proporre i propri prodotti e il suo metodo di lavoro, ospita iniziative quali: il giornale Salute Ingrata, la Commissione Cultura, il Gruppo di Poesia. Questo, allo scopo di alimentare fermenti e collaborazioni tra mondo interno e mondo esterno.
Con l’Officina di Via Belgioioso puntiamo a:
progetti da portare avanti in sinergia con forze e figure esterne, con scambi continui fra dentro e fuori, per rendere più graduale e responsabilizzate la relazione del detenuto con la società;
una struttura esterna, utile a supportare gli ex detenuti nel primo periodo post detentivo;
la formazione di detenuti ed ex detenuti capaci di svolgere la funzione di Peer Support;
una collaborazione scientifica con l’università, finalizzata anche a verificare i risultati del lavoro;
l’utilizzo dei risultati nel rapporto con le scuole e nell’attività di prevenzione del bullismo.
Bruno De Matteis e Giuseppe Carnovale, detenuti a Opera - Foto di Alessio Ferraro
Grazie al dott. Pagano, alla dott.ssa Castellano, alla dott.ssa Manzelli, al dott. Siciliano che si sono assunti la responsabilità di far venire qui i detenuti del Gruppo della Trasgressione di San Vittore e di Opera! E grazie alla collaborazione degli agenti di polizia penitenziaria che ci permettono di lavorare!
Anche per questo ricordiamo che è naturale che in officina le mani portino i segni del lavoro, ma è anche irrinunciabile che le persone siano responsabili le une verso le altre, in quanto l’azione del singolo coinvolge, nel bene o nel male, tutti coloro che lavorano allo stesso progetto.
Foto di Alessio Ferraro; composizioni di Adriano Avanzini
Scopelliti e Aparo si siedono. Il perimetro del campo di gioco è stato appena disegnato. I protagonisti delle due giornate fremono e visibilmente tremano, mentre ascoltano, prima di entrare in campo, i saluti istituzionali della dott.ssa Castellano e del dott. Clerici. Parlano ancora dei servizi dell'area educativa il dott. Bezzi e la dott. Bianchi e delle funzioni del ser.T il dott. Ferrario e… si parte con le rappresentazioni, le musiche, le poesie, i toccanti e articolati interventi.
Il 28 va in scena “Il mito di Sisifo”, il sabato 29 “Una slot machine per chiedere chi sono”. Dopo le rappresentazioni, si avviano le discussioni sui temi emersi secondo il modello dei gruppi che si svolgono in carcere, coinvolgendo nelle riflessioni i presenti: detenuti, operatori, cittadini comuni e autorità.
Antonio Tango, Sisifo di Opera - Foto di Alessio Ferraro
Alcuni flash dalle due giornate
Quando accade qualcosa per cui credere nel futuro diventa impossibile, ci si aggredisce.
L’autorità può usare il proprio potere per irrobustire la sedia su cui siede o per fare in modo che le persone alle quali si dedica crescano e diano il meglio di loro stesse (Aparo).
Quanto si è consapevoli di ciò che si fa? Si è consapevoli di ciò che la scelta comporta come conseguenza, ma quanto si è consapevoli del rancore che induce a procedere nelle proprie azioni distruttive? Il Gruppo della Trasgressione è un laboratorio dove ci si chiede quanto conta il rancore nella scelta e in quale terreno si è sviluppata; un laboratorio che lavora sugli stati d’animo che costituivano l’humus del reato per evitare che il reato costituisca la norma nelle periferie e per la prevenzione del bullismo (Aparo).
Oggi sono presenti insegnanti, docenti universitari, musicisti, operatori perché l’identità di chi ha fatto uso di sostanze non si cristallizzi nella tossicodipendenza. L’identità di chi ha commesso reati è suscettibile di evolversi. E’ ciò che prevede la legge. E’ ciò su cui i cittadini sono invitati a collaborare. Ma quali sono le risorse, le condizioni, gli strumenti, le relazioni che possono fare evolvere l’identità e le sue funzioni? (Aparo)
Gerry Goi, Sisifo - Foto di Alessio Ferraro
E’ importante cercare le capacità residue e le ricchezze personali dell’individuo e del gruppo di appartenenza dove è avvenuto un evento traumatico; trovare il senso di ciò che è successo e la direzione da seguire (prof.ssa Marina Mombelli, Università Cattolica).
Nel progetto del gruppo mi sono sentito stimato. Quando commetti reati, per essere stimato, menti a tutti. Anche la mia famiglia mi ha detto che è orgogliosa di me, dopo avere sentito la registrazione del mito di Sisifo fatto a San Vittore. Non so da quanto non accadeva (Fabio Ravasio, detenuto San Vittore).
La tua identità la trovi insieme agli altri, ascoltando gli altri, parlando con gli altri. L’unico sistema per trovare la propria identità è non rimanere soli (Gabriele Tricomi, detenuto Opera).
Qui ho capito che ho un valore, oltre alla capacità di fare reati. Ieri i miei compagni mi hanno detto: “Ci hai fatto emozionare”; in passato di solito mi dicevano: “Hai fatto un bel lavoro…” (Massimiliano De Andreis, detenuto Bollate).
Gianni Crisiglione e Massimiliano De Andreis, Giove e Thanatos - Foto di Alessio Ferraro
Sono stato solo e senza strumenti per cercare di costruirmi la mia identità ed è uscita quella aggressiva e prepotente. Poi qualcuno ha visto in me qualcosa di buono e oggi sto facendo il mio percorso. Non dobbiamo lasciare i ragazzi soli a cercare la propria identità (Giovanni Crisiglione, detenuto Bollate).
Con l’esperienza vissuta nel Gruppo Giornale credo di avere sperimentato un contesto accogliente (strano per il carcere) nel quale sembra che tra detenuti e operatori si possa davvero creare un’alleanza costruttiva. Quali sono state le condizioni favorevoli? Credo innanzi tutto che il Gruppo debba essere considerato come un laboratorio, un’officina, un luogo cioè dove si può lavorare per produrre relazioni significative, consapevolezza, conoscenza, movimenti evolutivi. A questo laboratorio però, diversamente da come accade solitamente nel rapporto tra operatori e utenti, i detenuti giungono all’appuntamento per loro scelta e non perché chiamati a colloquio o spinti dalla necessità di ottenere un tornaconto giudiziario (Grazia Gnocchi, operatrice Ser.T Bollate).
Parte del gruppo nel dopo Sisifo - Foto di Alessio Ferraro
Le relazioni significative possono essere trovate anche fuori dalla famiglia. Ci sono adulti che ti guardano e ti restituiscono parti di te vere. Anche in università gli studenti cercano di rafforzare la propria identità, studiano e si confrontano con la realtà, anche quella del carcere. Il confronto serve per costruire il futuro, individuale e collettivo (prof.ssa Marina Mombelli).
Il carcere è luogo di oppressione, un luogo dove le istanze vitali sono soffocate. Il senso d’oppressione e il soffocamento di istanze vitali è anche ciò che vive chi soffre di anoressia. Per questo abbiamo pensato a un progetto che utilizzi il carcere come risorsa terapeutica. Proponiamo che ragazze con disturbi alimentari possano venire in carcere per verificare le potenzialità terapeutiche del gruppo (Aparo).
Le anoressiche si costruiscono una gabbia così chiusa che la vita resta fuori; le privazioni che le anoressiche si impongono sono paragonabili al carcere duro (prof.ssa Maria Gabriella Gentile, Ospedale Niguarda).
Il vuoto riempito con la droga non si colma mai e ti senti fatto di niente (Giuseppe Colapietra, detenuto a Bollate).
Con la droga stai bene, non senti più dolore, gestisci la rabbia. E’ quando sei pulito, che non ci riesci e hai bisogno di un’alternativa altrettanto valida della droga per stare bene (De Andreis).
Gerry Goi e Vincenzo Cardillo, Sisifo e il masso parlante - Foto di Alessio Ferraro
Attraverso il gioco d’azzardo si sfida la sorte, il destino, la morte. Si sfida tutto ciò che fa paura e che si cerca di controllare. Cosa occorre per non rimanere incastrati nella sfida sterile e nel proprio malessere? Quale carburante può essere utile (Aparo)?
L’Officina è un laboratorio dove si pensa, si vive, si produce, dove ci si confronta. I confini fra operatore e detenuto sfumano mentre il prodotto dell’officina prende corpo, formato da mille idee e da mille pensieri di tante menti diverse. E’ cominciato con la lettura di un articolo di giornale, poi il gruppo se ne è impossessato, lo ha squarciato e l'ha riempito di sé. La rappresentazione teatrale ha dato voce ai pensieri, ma anche ai tanti detenuti che in modo spontaneo hanno contribuito alla sua realizzazione aiutandoci con le luci, l'audio, i microfoni e la musica. Costruire insieme in cambio di nulla, un’esperienza nuova per operatori e detenuti (Karen Papazian, operatrice Ser.T Bollate)!
Questi gruppi sono utili affinché i detenuti possano riconoscere gli operatori e viceversa. La sfiducia cresce quando gli operatori rimangono dietro la scrivania. Se realizzi progetti comuni, cadi e corri insieme. Se hai stima delle persone, diventa più difficile continuare a delinquere (Gualtiero Leoni, carcere Bollate).
Gualtiero Leoni e Massimiliano De Andreis, Ade e Thanatos - Foto di Alessio Ferraro
Nella fase iniziale il gruppo procedeva con difficoltà proprio perché mancavano i reciproci riconoscimenti, la fiducia, la scarsa conoscenza degli obiettivi, ma nonostante ciò, non è mai mancata da parte di tutti la curiosità per la conoscenza. Ed è stata proprio la conoscenza il vero motore: apprendere gli uni dagli altri. Qualcuno ha abbandonato il Gruppo, ma chi è rimasto lo ha fatto perché ha scelto di continuare a mettere in comune questo spazio in nome di un’alleanza costruttiva e progettuale, consapevoli che ciascuno, a modo proprio, era portatore delle proprie fragilità. Riconoscere le proprie debolezze, mascherate troppo spesso dietro la corazza del detenuto o dell’operatore, è stato il primo passo per condividere il progetto dell’Officina. Ciascun partecipante ha avuto la possibilità di sentirsi parte attiva e non solo destinatario di un percorso pre-costituito per lui. E’ fondamentale sottolineare che questa esperienza di Gruppo trae origine dal modello del Gruppo della Trasgressione presente da parecchi anni all’interno delle carceri milanesi e che ha profondamente orientato tutto il lavoro di questi mesi (Grazia Gnocchi).
Integrare le procedure di lavoro standard con il metodo del Gruppo della Trasgressione ha ridotto la distanza fra me e i detenuti e ha aumentato lo spazio per svolgere il mio ruolo (Karen Papazian, operatrice Ser.T Bollate).
Per coltivare il campo dove è possibile evolversi occorrono alleati disposti ad assumersi responsabilità (Aparo).
Silvia Casanova e Enzo Martino- Foto di Alessio Ferraro
Le scuole non hanno fondi. A chi chiedere un Gruppo della Trasgressione all’interno delle scuole, nel pomeriggio, per gli studenti (Patrizia Canavesi, insegnante)?
La tossicodipendenza è un luogo dove convergono disagi nati e cresciuti negli anni. Non dimentichiamo che la droga dà la sensazione di star bene. Bisogna essere concorrenziali al piacere delle sostanze. Non sappiamo come si cura la tossicodipendenza, ma sappiamo bene che, ad oggi, non è stata trovata una soluzione. L’Officina Belgioioso è una delle aree trattamentali del ser.T di Bollate che, giovandosi della metodologia del Gruppo della Trasgressione, lavora sperimentando contesti e metodi alternativi al sistema terapeutico che prevede la medesima cura per ogni paziente (Dott. Francesco Scopelliti).
Dott. Francesco Scopelliti, responsabile ser.T Bollate - Foto di Alessio Ferraro