I miei obiettivi col gruppo |
Dino Duchini | 28-01-2004 |
Credo che l'obiettivo generale dell'attività sia senz'altro la ricerca di una comunicazione stabile tra parti diverse della società, così che individui con storie diverse possano conoscersi e avvantaggiarsi delle rispettive esperienze.
Credo, tuttavia, che un obiettivo altrettanto importante consista nella continua messa a punto del metodo con cui portiamo avanti le nostre riflessioni: a) gli scritti individuali che ogni volta commentiamo in gruppo; b) uno specifico orientamento, che consiste nel fare attenzione al divenire delle condizioni nelle quali si sviluppano scelte e comportamenti.
Di solito, tentiamo di recuperare i sentimenti che ci hanno accompagnato e che viviamo, così da permettere ai nostri interlocutori di riconoscerci e riconoscersi in emozioni, fatti, situazioni, desideri, frustrazioni che tutti vivono o hanno vissuto.
Desidero specificare che la ricerca del “riconoscimento” reciproco non è da intendere nel senso di una richiesta di giustificazione o di una sottovalutazione della differenza di scelte cui ogni individuo giunge, ma nel senso della ricerca di quel denominatore comune dal quale si è partiti e di quegli intrecci e di quelle elaborazioni soggettive che hanno concorso alla diversità delle reazioni. E' infatti nostro desiderio far sì che, tanto da parte nostra quanto da parte del comune cittadino, possa essere trovata la motivazione a superare il pregiudizio di una diversità ontologica tra chi è in carcere e chi è invece cittadino libero.
Ma quali sono i tratti umani che concorrono a tale divenire? Ovviamente, non provo neppure a dare una risposta organica, ma è per noi pratica quotidiana soffermarci su argomenti di ogni genere, raccogliendo ogni volta esempi di come i sentimenti più disparati si combinino nelle diverse esperienze. In questo modo, scopriamo che anche tratti problematici dell'individuo (ad esempio, il narcisismo o l'esibizionismo), se ben dosati, possono diventare propellente utile per l'individuo e la collettività.
Il nostro studio spazia in lungo e in largo, dal tema della sfida a quello del ruolo, dalla imperfezione al rapporto con il limite. In tutta la nostra esperienza non c'è mai stato alcun argomento non trattabile. Il tema, nei diversi periodi, viene fuori da spunti che ricaviamo da uno di noi o da eventi di interesse comune.
L'atmosfera che si crea nelle nostre riunioni, quando entrano nel vivo, è particolarmente coinvolgente e segnata dal piacere di approfondire il tema e di confrontarsi. Questo ho notato specialmente nei momenti di conflitto o di forte emozione. In quei momenti si apre un mondo che di solito rimane nascosto e l'aria che si respira è quella della “verità”. Certo, la verità ha molte sfaccettature, ma l'autenticità di quelle emozioni e di quei conflitti si lascia riconoscere senza bisogno di teorie.
Per dovere e per scelta di chiarezza, specifico che non parlo di sincerità in relazione a dichiarazioni di nostri propositi futuri, ma di quella autenticità di espressione che in altri tempi io e altri come me abbiamo ritenuto di dover tenere ben celata, in quanto sinonimo di debolezza.
Ecco! Qui scatta la condivisione, l'entusiasmo, le emozioni che sono per noi propellente e al medesimo tempo retribuzione, quei conflitti che sono sistema di misura delle nostre idee, delle nostre ambizioni, delle nostre capacità.
E' qui che noi viaggiamo, ipotizziamo, compariamo. Quasi mai arriviamo a conclusioni pratiche; non perché non vi siano conclusioni da trarre, ma per l'ovvio motivo che il nostro studio è un gioco senza fine. Questa è la nostra sensazione di “libertà” vera, palpabile, riscontrabile; qui apprezziamo ciò che non abbiamo, ciò che abbiamo gettato via: parole una volta prive di significato!
Credo che tutto questo possa avvenire per il solo fatto che non sono solo gli obbiettivi esterni il nostro scopo! Forse questo avviene perché il principale obiettivo, ormai, è stato raggiunto, cioè la comunicazione stabile tra società interna ed esterna. Credo che quell'obiettivo sia stato acquisito e superato e sia ormai parte integrante della nostra identità. Con gli studenti, non abbiamo solo ottenuto una mera comunicazione: loro pure, infatti, sono il Gruppo!
Il consolidamento della comunicazione con la società civile è testimoniato anche dalla frequente presenza al gruppo di cittadini comuni e dalla relazione sempre più attiva con Istituzioni, come la scuola di Carate e la sezione dell'ASL operante nel carcere. E speriamo che possa aprirsi fruttuosamente una comunicazione che, senza negarli o tradirli, possa rinnovare i ruoli di esaminatori ed esaminati con la Magistratura di sorveglianza e di vigilanti e vigilati con la Polizia penitenziaria. Tutto questo è anche una conferma dei principi a cui il gruppo si è ispirato in questi sei anni di esistenza.
Verso e con queste parti sociali noi non ci poniamo in un rapporto di subalternità, nel senso che sentiamo di valere, in quanto esseri umani, e di poter concorrere alla costruzione di un pensiero e di un bene comune. Intendiamoci, non ci candidiamo come detentori di chissà quale tipo di verità, ma in questo modo, la nostra quota di esperienza, per quanto problematica, prende voce ed esiste e con essa esistiamo anche noi come esseri umani.
In fin dei conti, ognuno diventa se stesso nella storia: niente storia, niente identità! E senza identità, può esserci un divenire? Per questi motivi ritengo che il nostro primo obiettivo sia il nostro stesso modo di procedere, cioè il metodo di lavoro, con il suo evolversi nel tempo e nella varietà delle situazioni che incontriamo. Nel viaggio, ognuno di noi e il gruppo nel suo complesso, matura la sua lettura del proprio divenire nella storia.